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8 Marzo
dalla parte delle lavoratrici in lotta
dalla parte delle donne palestinesi
Le lavoratrici in maniera indomita - con tutti gli attacchi al lavoro, i ricatti di essere licenziate per prime, con contratti che vengono resi ultra precari, subendo discriminazioni su salari, personali, attacchi alla salute, discriminazioni mosse anche da razzismo verso le lavoratrici immigrate, insieme a comportamenti inqualificabili di capi fino alle molestie sessuali - lottano, non si fermano.
Nessuno può schiacciarci, nessuno può attaccare la nostra dignità! Per questo, dopo la grande manifestazione di mezzo milione di persone del 25 novembre, l’8 marzo SCIOPERIAMO!
Le operaie, le lavoratrici in tanti paesi del mondo (vedi le operaie tessili del Bangladesh) che subiscono non un attacco ma tutti gli attacchi da padroni, governi, e sulla cui vita ricade non un'oppressione ma tutte le oppressioni, violenze sessuali, femminicidi - prendano nelle loro mani la lotta perchè tutta la vita deve cambiare, perchè l'unica "soluzione" è rovesciare questa società. Siamo tante e non siamo sole!
Il governo Meloni concede tutto ai padroni e chiacchiere, elemosine alle donne lavoratrici; Meloni risponde ai femminicidi/stupri che stanno aumentando con decreti securitari, più polizia nei quartieri, mentre i suoi squallidi, odiosi ministri offendono le donne; questo governo vuole toglierci ogni diritto, prima di tutto il diritto d’aborto, perché noi dobbiamo servire solo a fare più figli, per dare carne fresca da sfruttare ai padroni e per la patria, le guerre, addossandoci tutto il lavoro di cura in famiglia, mentre peggiora la sanità; un governo razzista che da sofferenze e morte alle nostre sorelle immigrate; un governo che vuole “educare” nelle scuole, perfino i bambini, a fare le guerre, inculcando un humus nazionalista, da “rambo”, di sopraffazione. Il fascismo del governo Meloni alimenta un moderno patriarcalismo di maschi odiosi che reagiscono uccidendo, quando le donne non vogliono essere sottomesse, vogliono rompere legami.
Le lavoratrici che stando insieme comprendono l'arma della lotta, dell'unità, che non ci sono condizioni individuali, private, ma sociali, di classe, frutto di questa società capitalista, devono prendere in mano una lotta collettiva non solo per difendersi dagli attacchi di padroni e governo ma per cambiare tutta la vita loro e della maggioranza della donne, per cambiare questo mondo . Questo è il nostro significato dell’8 marzo.
Diciamo alle lavoratrici: siate audaci, orgogliose, più determinate su tutto. Se noi donne lo facciamo, se diventiamo “pericolose”, la forza di governo, padroni, Stato può essere incrinata, e poi, poi... rovesciati con la rivoluzione proletaria di tutti gli sfruttati e oppressi, in cui le donne portano una marcia in più.
In questo 8 marzo tutta la nostra solidarietà va alle donne palestinesi, massacrate, affamate in decine di migliaia, che vedono i loro bambini uccisi dalle bombe e da fame, sete, mancanza di medicinali, che non possono partorire negli ospedali bombardati, che abortiscono per strada… Ma donne che trasformano il loro immenso dolore in resistenza. Esse sono un esempio per tutte noi.
Chiamiamo voi lavoratrici, che conoscete bene le sofferenze, a dare un sostegno incondizionato alle donne palestinesi, alla resistenza del popolo palestinese, contro l'azione criminale di Israele; contro le guerre che gli Stati imperialisti, compreso il nostro, stanno portando in ogni parte del mondo.
C’è un legame tra noi e le donne palestinesi che deve diventare sempre più concreto e forte: sono anche il governo Meloni, i padroni che in questo paese che costruiscono le armi, complici e responsabili del genocidio in Palestina; questi mostri come usano le nostre vite per i loro profitti, i loro piani reazionari, razzisti, repressivi per impedire la libertà delle donne; sono gli stessi che vogliono schiacciare il popolo palestinese. La lotta delle donne palestinesi è la nostra lotta, ci aiuta contro questo sistema putrefatto, e la lotta di noi donne lavoratrici è la lotta delle palestinesi perché indebolisce i mostri imperialisti.
VIVA L’ 8 MARZO PROLETARIO E INTERNAZIONALISTA!
Movimento femminista proletario rivoluzionario - Lavoratrici Slai cobas sc
mfpr.naz@gmail.com – WA 3408429376 – blog: https://femminismorivoluzionario.blogspot.com/
fb: https://www.facebook.com/movimentofemminista.proletariorivoluzionario?locale=it_IT
We hereby share a translation to Russian that we have seen on Communist International of the call by the ICL “COMRADE LENIN, LEADING LIGHT OF THE INTERNATIONAL PROLETARIAT AND GREAT TEACHER OF MARXISM-LENINISM-MAOISM, ILLUMINATES THE PATH OF UNITY FOR THE INTERNATIONAL COMMUNIST MOVEMENT”
PDF Source:
Vi har modtaget dokumentation for at dazibaos er blevet sat op i proletariske nabolag i København med parolerne »Ud på gaden 8. marts!«, »Imod imperialisme og patriarkat!« og »For en rød klasselinje i kvindebevægelsen!«.
Vi deler dokumentationen her:
Ha estado recluido en la cárcel central de Nagpur desde que un tribunal de sesiones lo condenó el 7 de marzo de 2017.
El Tribunal Superior de Bombay absolvió el martes al ex profesor de la Universidad de Delhi GN Saibaba y a otras cinco personas acusadas de tener vínculos con maoístas, informó Bar and Bench.
Saibaba fue arrestado por primera vez en el caso en mayo de 2014, pero se le concedió la libertad bajo fianza dos veces. Ha estado recluido en la cárcel central de Nagpur desde que un tribunal de sesiones lo condenó el 7 de marzo de 2017.
Un tribunal de jueces Vinay Joshi y Valmiki SA Menezes anuló la sentencia de un tribunal de sesiones que había condenado a los acusados en 2017. Además de Saibaba, el Tribunal Superior absolvió a Mahesh Tirki, Pandu Pora Narote, Hem Keshwdatta Mishra, Prashant Rahi, Vijay. Nan Tirki. Narote murió en prisión el 26 de agosto de 2022 a causa de la gripe porcina.
Horas más tarde, el tribunal desestimó la solicitud del gobierno de Maharashtra que solicitaba una suspensión de seis semanas de la absolución de Saibaba y los otros cinco, informó Live Law . La solicitud del gobierno estatal afirma que se ha dirigido al Tribunal Supremo contra el veredicto y que la aplicación de la sentencia entretanto creará graves repercusiones.
El 14 de octubre de 2022, el Tribunal Superior absolvió a Saibaba , sosteniendo que un tribunal de sesiones de Gadchiroli acusó a Saibaba en virtud de las disposiciones de la Ley (de prevención) de actividades ilícitas sin la sanción del Centro. Sin embargo, la orden fue suspendida por el Tribunal Supremo un día después a raíz de una petición presentada por el gobierno de Maharashtra .
El 19 de abril de 2023, una sala del tribunal superior integrada por los jueces MR Shah y CT Ravikumar anuló la orden de absolución y devolvió el asunto al Tribunal Superior para una nueva consideración.
Saibaba, que está en silla de ruedas y tiene una discapacidad del 90%, fue condenado por un tribunal de primera instancia en 2017 por supuestamente tener vínculos con el proscrito Partido Comunista de la India (maoísta) y una organización frontal, el Frente Democrático Revolucionario. Había sido condenado a cadena perpetua.
En su sentencia de 2022, el Tribunal Superior dijo que la orden de sanción emitida para procesar a los acusados en el caso con arreglo a las disposiciones de la Ley (de prevención) de actividades ilícitas era “mala desde el punto de vista jurídico e inválida”.
El tribunal había dicho que si bien el Estado debe luchar contra el terrorismo con “resolución inquebrantable”, una sociedad civil democrática no puede sacrificar el debido proceso legal por la percepción de un peligro para la seguridad nacional.
El año pasado, la Relatora Especial de las Naciones Unidas, Mary Lawlor, había dicho que la persistente detención de Saibaba por parte de la India era un “acto inhumano y sin sentido” que debía terminar.
Lawlor, que ha estado en contacto con el gobierno indio en relación con el caso, dijo que los expertos en derechos humanos de la ONU han planteado en repetidas ocasiones graves preocupaciones sobre su procesamiento. Su detención fue declarada arbitraria por el Grupo de Trabajo de la ONU sobre Detención Arbitraria en una opinión emitida en 2021, dijo.
"El señor Saibaba ha sido detenido en un cuartel de alta seguridad en condiciones incompatibles con su condición de usuario de silla de ruedas", afirmó el experto de la ONU. “Su celda de 8×10 pies no tiene ventanas y una pared hecha de barras de hierro, lo que lo expone a condiciones climáticas extremas, especialmente al calor abrasador del verano”.
Assalto alla volante della polizia di Torino, la rivendicazione degli anarchici: «Abbiamo inceppato il meccanismo»
Domenica è in programma un presidio a Milano: «Lui è un nostro compagno, un nostro amico. Ha fatto questa strada con noi e non potevamo che tentare il possibile»
«Lui è un nostro compagno, un nostro amico. Ha fatto questa strada con noi e non potevamo che tentare il possibile: inceppare il suo trasferimento in un Cpr , dove per 18 mesi può essere sottoposto a detenzione e violenza, può essere torturato, per poi, un giorno, arrivare alla deportazione. Mentre sotto i nostri occhi si muovevano gli ingranaggi del razzismo di Stato , non potevamo permetterci di rimanere inermi». È stato spiegato così, in un documento diffuso sui blog di area anarchica , l'assalto alla volante della polizia avvenuto a Torino lo scorso 28 febbraio durante la presa in consegna, da parte delle forze dell'ordine, di un migrante di origini marocchine .
L'uomo doveva essere
portato al Cpr di Milano
e poi rimpatriato. Su di lui, secondo gli attivisti, «è caduta più
potente la brutalità della repressione perché ha scelto di lottare, ha
scelto di organizzarsi».
Con il documento
è stato annunciato un presidio di solidarietà
al marocchino il 10 marzo davanti al Cpr di Milano in via Corelli.
TORINO – A partire da dopodomani, giovedì 7 marzo, nelle aree più sensibili di Torino , saranno operativi ulteriori servizi interforze da parte della Polizia di Stato, dell’Arma dei Carabinieri e dei militari dell’Esercito dell’Operazione Strade Sicure.
Le nuove misure, che usufruiscono degli altri 54 militari assegnati alla città di Torino, sono state condivise in Prefettura in seno al Comitato Provinciale per l’Ordine e la Sicurezza Pubblica. Gli interventi saranno rafforzati nella zona nord della città , in particolare nei pressi dei Ponti Mosca e Carpanini , nel mercato di Porta Palazzo e nell’ area di San Salvario , nello specifico nel quadrilatero
che interessa l’area adiacente alla stazione ferroviaria di Porta Nuova. Sulle aree interessate, la Polizia Municipale svilupperà in parallelo servizi e verifiche amministrative.
Il sindaco porterà questa richiesta al Tavolo sulla Sicurezza in Prefettura
TORINO – Il sindaco di Torino, Stefano Lo Russo , è intenzionato a mettere in Barriera di Milano un presidio di forze dell’ordine anche durante la notte .
Come riportato da TorinOggi , ieri il sindaco si è recato al mercato di piazza Foroni per un sopralluogo . Nella zona, ormai da più di un mese, sono presenti i militari dell’esercito, dalle 7 alle 19 , per garantire la sicurezza dei cittadini, come voluto dal governo Meloni. Tuttavia, a quanto pare la sicurezza non copre a dovere le esigenze dei cittadini, che lamentano problematiche soprattutto nelle ore notturne , quando i militari non sono più presenti sul luogo.
Il nuovo obiettivo, a seguito del sopralluogo di ieri, è dunque quello di mettere in campo la possibilità di organizzare un presidio notturno . Come annunciato durante l’intervento a To-Radio, presto il primo cittadino porterà questa richiesta al Tavolo sulla Sicurezza in Prefettura .
Leggi su ORE 12 Controinformazione rossoperaia la nostra valutazione sul decreto sicurezza sul lavoro del governo Meloni/Calderone
Morti sul lavoro: dallo stillicidio quotidiano alle stragi periodiche. Il “che fare” è già nelle leggi (1)
Tre giorni prima della strage nel cantiere della Esselunga a Firenze la Corte europea dei diritti dell’uomo ha condannato la Svizzera per non aver «ottemperato al suo obbligo di garantire la celerità della procedura davanti al Tribunale Federale» sulle gravi lesioni subìte da un lavoratore prescritte dalla lentezza del processo. In Italia la nostra Cassazione ha riconosciuto nel 2019 il diritto all’oblio anche nei reati più gravi, e la Procura nazionale sulla sicurezza del lavoro resta confinata nel libro dei sogni quando potrebbe rendere più incisivo l’esercizio dell’azione penale. Sui lavori in appalto e subappalto gli obblighi di sicurezza sono già previsti e penalmente sanzionati a carico sia dei committenti, sia degli appaltatori o subappaltatori, sia dei lavoratori autonomi. Mancano organici adeguati e preparazione professionale dei controlli per esercitare una vigilanza sistematica e incisiva sull’applicazione delle norme. E mezzi effettivi ai rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza.
Dunque, gli appelli verbali (o canori) non bastano. È ormai chiaro anche alla luce della più recente casistica giurisprudenziale che, tra i molteplici problemi che ultimamente affliggono il mondo della sicurezza sul lavoro, drammatico si sta rivelando quello riguardante la tutela dei lavoratori delle imprese appaltatrici e subappaltatrici distaccati presso piccole e grandi aziende committenti. A maggior ragione appaiono, dunque, inaccettabili i fraintendimenti interpretativi e applicativi esplosi in materia. Non si pensi, anzitutto, che manchino le leggi. Il Testo unico della sicurezza su lavoro è quanto mai
rigoroso con riguardo ai lavori affidati dal committente a imprese appaltatrici o subappaltatrici o a lavoratori autonomi, vuoi all’interno della propria azienda, vuoi nei cantieri temporanei o mobili. E si badi che gli obblighi di sicurezza sono previsti e penalmente sanzionati a carico sia dei committenti, sia degli appaltatori o subappaltatori, sia dei lavoratori autonomi.
E allora perché? Perché gli obblighi ci sono, ma non vengono fatti rispettare sistematicamente. Certo, ci sono gli organi di vigilanza. Ma pesano le carenze sofferte dagli organici e dalla professionalità di questi organi. Né si obietti che i controlli non avrebbero una capacità preventiva diretta, nel senso che non è pensabile una vigilanza che arrivi il giorno prima dell’infortunio e lo scongiuri. Evidente è che occorre, non già una inimmaginabile vigilanza del giorno prima, bensì la vigilanza sistematica e incisiva in grado di spingere le imprese all’effettiva osservanza delle norme scritte sulla carta. Un obbiettivo, questo, che, peraltro, appare irraggiungibile in assenza di un efficace intervento dell’autorità giudiziaria. Troppo spesso i procedimenti penali non vengono condotti con l’indispensabile approfondimento o nei tempi necessari per scongiurare la prescrizione dei reati. Con il dirompente risultato che si diffonde tra le imprese, e tra gli stessi lavoratori, l’idea che le leggi ci sono, ma possono essere violate impunemente.
Né possono porre rimedio le tante procure della repubblica istituite nel nostro Paese, ciascuna con una ristretta area di operatività, e per giunta raramente provviste di specializzazione in materia. Né assume rilievo l’obiezione mossa da taluno secondo cui l’azione del pubblico ministero sarebbe meramente repressiva, e mai preventiva. Un’obiezione palesemente contrastante con le molteplici esperienze giudiziarie che in passato si sono sviluppate sotto il segno di uno stretto connubio tra prevenzione e repressione congiuntamente volte a garantire l’osservanza delle norme antinfortunistiche penalmente sanzionate a prescindere dalla sussistenza di un delitto di omicidio o di lesione personale consistente in un infortunio o in una malattia professionale.
Purtroppo, continua a rimanere scritta nel libro dei sogni la proposta di creare una procura nazionale sulla sicurezza del lavoro. Una proposta che nessuno dei governi che si sono succeduti in questi anni ha saputo realizzare. E aggiungo che quanto mai preziosa si è rivelata l’esperienza che ha condotto in alcuni Tribunali ad affidare i procedimenti in materia di sicurezza sul lavoro a Sezioni specializzate.
E ancora. Non dimentichiamo di accompagnare lo stesso Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza (Rls) nel mondo degli appalti e dei cantieri, a maggior ragione dopo la sua prima condanna per un infortunio mortale pronunciata dalla Cassazione il 25 settembre 2023.
Certo, si tratta di una dimensione imbarazzante, e – temo – usualmente trascurata, dell’impegno affidato all’Rls. Eppure, tra le sue attribuzione, il Tusl (Testo unico della sicurezza sul lavoro), all’art. 50, comma 1, lettera a), indica quella di visitare i luoghi di lavoro, e per luoghi di lavoro s’intendono non solo i locali aziendali, ma – insegna pacificamente la Cassazione – «ogni luogo nel quale il lavoratore deve o può recarsi per provvedere ad incombenze di qualsiasi natura in relazione alla propria attività», e, dunque, anche ogni luogo in cui si svolga un appalto o un subappalto o un cantiere. Sicché più che mai chiedo alle organizzazioni sindacali (ma anche al legislatore): su quali risorse di tempo, di mezzi, di autonomia, può concretamente contare l’Rls chiamato a svolgere compiti tanto impegnativi?
È tutto dire, a questo punto, che abbiamo dovuto salutare con parole di speranza la pronuncia emessa il 13 febbraio 2024 dalla Corte europea dei diritti dell’uomo nell’affaire Jann-Zwicker et Jann contro Suisse su un caso avvenuto in Svizzera di morte per mesotelioma pleurico caduto in prescrizione. Né il procedimento penale avviato nel 2006 dallo stesso interessato per lesione personale grave (ma non coltivato dai tribunali svizzeri), né il procedimento civile avviato dai prossimi congiunti nel 2009 dopo il decesso, hanno consentito agli istanti di ottenere un risultato favorevole. Conclusione unanime della Corte europea dei diritti dell’uomo: «la prescrizione dell’azione promossa dalla vittima ha comportato una violazione della Convenzione europea dei diritti dell’uomo»: dell’art. 6 § 1 (diritto a un processo equo) e dell’art. 6 § 1 (quanto alla durata della procedura davanti alle giurisdizioni nazionali). Dunque, una violazione dovuta al fatto che «lo Stato non ha ottemperato al suo obbligo di garantire la celerità della procedura davanti al Tribunale Federale». Con la conseguenza che la Svizzera deve versare agli istanti 20.800 euro per danno morale e 14.000 per costi e spese. Altro che quel “diritto all’oblio” esaltato dalla Cassazione in una sentenza del 28 marzo 2019 n. 13582: «trascorso un certo lasso di tempo dalla commissione del fatto, stante l’attenuarsi delle esigenze di punizione, matura un diritto all’oblio in capo all’autore del reato» (1)
Raffaele Guariniello
dalla parte delle lavoratrici in lotta
dalla parte delle donne palestinesi
Le lavoratrici in maniera indomita - con tutti gli attacchi al lavoro, i ricatti di essere licenziate per prime, con contratti che vengono resi ultra precari, subendo discriminazioni su salari, personali, attacchi alla salute, discriminazioni mosse anche da razzismo verso le lavoratrici immigrate, insieme a comportamenti inqualificabili di capi fino alle molestie sessuali - lottano, non si fermano.
Nessuno può schiacciarci, nessuno può attaccare la nostra dignità! Per questo, dopo la grande manifestazione di mezzo milione di persone del 25 novembre, l’8 marzo SCIOPERIAMO!
Le operaie, le lavoratrici in tanti paesi del mondo (vedi le operaie tessili del Bangladesh) che subiscono non un attacco ma tutti gli attacchi da padroni, governi, e sulla cui vita ricade non un'oppressione ma tutte le oppressioni, violenze sessuali, femminicidi - prendano nelle loro mani la lotta perchè tutta la vita deve cambiare, perchè l'unica "soluzione" è rovesciare questa società. Siamo tante e non siamo sole!
Il governo Meloni concede tutto ai padroni e chiacchiere, elemosine alle donne lavoratrici; Meloni risponde ai femminicidi/stupri che stanno aumentando con decreti securitari, più polizia nei quartieri, mentre i suoi squallidi, odiosi ministri offendono le donne; questo governo vuole toglierci ogni diritto, prima di tutto il diritto d’aborto, perché noi dobbiamo servire solo a fare più figli, per dare carne fresca da sfruttare ai padroni e per la patria, le guerre, addossandoci tutto il lavoro di cura in famiglia, mentre peggiora la sanità; un governo razzista che da sofferenze e morte alle nostre sorelle immigrate; un governo che vuole “educare” nelle scuole, perfino i bambini, a fare le guerre, inculcando un humus nazionalista, da “rambo”, di sopraffazione. Il fascismo del governo Meloni alimenta un moderno patriarcalismo di maschi odiosi che reagiscono uccidendo, quando le donne non vogliono essere sottomesse, vogliono rompere legami.
Le lavoratrici che stando insieme comprendono l'arma della lotta, dell'unità, che non ci sono condizioni individuali, private, ma sociali, di classe, frutto di questa società capitalista, devono prendere in mano una lotta collettiva non solo per difendersi dagli attacchi di padroni e governo ma per cambiare tutta la vita loro e della maggioranza della donne, per cambiare questo mondo . Questo è il nostro significato dell’8 marzo.
Diciamo alle lavoratrici: siate audaci, orgogliose, più determinate su tutto. Se noi donne lo facciamo, se diventiamo “pericolose”, la forza di governo, padroni, Stato può essere incrinata, e poi, poi... rovesciati con la rivoluzione proletaria di tutti gli sfruttati e oppressi, in cui le donne portano una marcia in più.
In questo 8 marzo tutta la nostra solidarietà va alle donne palestinesi, massacrate, affamate in decine di migliaia, che vedono i loro bambini uccisi dalle bombe e da fame, sete, mancanza di medicinali, che non possono partorire negli ospedali bombardati, che abortiscono per strada… Ma donne che trasformano il loro immenso dolore in resistenza. Esse sono un esempio per tutte noi.
Chiamiamo voi lavoratrici, che conoscete bene le sofferenze, a dare un sostegno incondizionato alle donne palestinesi, alla resistenza del popolo palestinese, contro l'azione criminale di Israele; contro le guerre che gli Stati imperialisti, compreso il nostro, stanno portando in ogni parte del mondo.
C’è un legame tra noi e le donne palestinesi che deve diventare sempre più concreto e forte: sono anche il governo Meloni, i padroni che in questo paese che costruiscono le armi, complici e responsabili del genocidio in Palestina; questi mostri come usano le nostre vite per i loro profitti, i loro piani reazionari, razzisti, repressivi per impedire la libertà delle donne; sono gli stessi che vogliono schiacciare il popolo palestinese. La lotta delle donne palestinesi è la nostra lotta, ci aiuta contro questo sistema putrefatto, e la lotta di noi donne lavoratrici è la lotta delle palestinesi perché indebolisce i mostri imperialisti.
VIVA L’ 8 MARZO PROLETARIO E INTERNAZIONALISTA!
Movimento femminista proletario rivoluzionario - Lavoratrici Slai cobas sc
mfpr.naz@gmail.com – WA 3408429376 – blog: https://femminismorivoluzionario.blogspot.com/
fb: https://www.facebook.com/movimentofemminista.proletariorivoluzionario?locale=it_IT
un articolo in via di traduzione
Av en kommentator for Tjen Folket Media.
Tjen Folket Media har fått bilder og en rapport om at revolusjonære aktivister har malt slagord på Økern i Oslo, nær Kuben videregående skole. Dette er Oslos største videregående skole, med over 1600 elever.
Slagordene «Fritt Palestina!» og «Støtt den palestinske motstandskampen!» er malt flankert av hammer og sigd. Området ligger øst i Oslo.
Av en kommentator for Tjen Folket Media.
Tyrkia: Uttalelse for 8. mars
De tyrkiske kameratene i kvinneorganisasjonen Lilla-Rødt Kollektiv har publisert en uttalelse for 8. mars, publisert i Avrupa Haber. Uttalelsen har tittelen «8. mars tilhører de som kjemper for sine rettigheter, og ikke de som venter på å få sine rettigheter!»
Uttalelsen skildrer viktigheten av 8. mars og kamp mot imperialisme og kvinneundertrykking. Kameratene skriver at representantene for det imperialistiske systemet, med sin patriarkalske kultur, snakker i det vide og brede om hvor store fremskritt det er blitt gjort for «kvinnerettigheter», om at kvinner har det bedre og bedre. Det kommer til å bli ropt ut på gater og torg, i parlamenter og TV-sendinger om hvor viktig kvinners rettigheter er. Imperialistene vil bruke 8. mars som en mulighet til å smykke seg selv med at kvinners rettigheter har forbedret seg, og samtidig til å dehumanisere massene i den tredje verden.
Men historien om 8. mars startet i New York 8. mars 1857 med en blodig streik hvor 40 000 arbeidende kvinner krevde å redusere 16-timersdagen til 10 timer. De krevde også lik lønn for likt arbeid. Støttet av sjefene stengte politiet arbeidere inne i en fabrikk før de tente på. 129 arbeidere døde i brannen. Senere, på Den internasjonale sosialistiske kvinnekonferansen (International Socialist Women’s Conference) i 1910, foreslo kommunisten Clara Zetkin å gjøre 8. mars til den internasjonale arbeiderkvinnedagen.
Uttalelsen fra de tyrkiske kameratene snakker videre om de forferdelige forholdene kvinnelige masser i den tredje verden lever under. Femicid (drap av kvinner), voldtekt og seksuell trakassering, vold i hjemmet, menneskehandel, prostitusjon – alle slags grusomme voldshandlinger blir utført mot kvinner. Dette skjer særlig i halvføydale land slik som Tyrkia, India, Pakistan, Filippinene, osv. Kvinnen blir objekt for å tjene det patriarkalske samfunnet. Videre er kvinner særlig hardt rammet av kriger og konflikter. Særlig i Palestina ser vi dette, hvor Israel ikke gjør forskjell på kvinner, barn og eldre, og gjør så mye skade de kan.
Selv i vestlige land, skriver kameratene, er kvinner tvunget ut i ufrivillig deltidsarbeid med lave lønninger. Kvinnelige arbeidere har harde arbeidsforhold, for eksempel i helsevesenet. Kvinner utsettes for stress og press som gir store utslag i mental helse, og deres rettigheter blir dermed stadig innskrenket når de utsettes for harde arbeidsforhold, trakassering og lave lønninger.
Uttalelsen tar til orde for å kjempe mot symbolske handlinger og liberale holdninger rundt kvinnekamp, og at frigjøringen av kvinner aldri kan skje under imperialismen, et system som bygger på vold, utbytting, fattigdom, aggresjon og urettferdig krig. En revolusjonær ånd er nødvendig for å kunne knuse imperialismen og patriarkatet.
Referanse:
Turkey: Call for the 8th of March
(Red Herald)
O Ministério Público Federal considerou “duvidosas e contraditórias” as provas contra os quatro jovens camponeses de Rondônia. Os ativistas participaram da tomada da Fazenda Santa Elina, palco da Batalha de Corumbiara, e haviam sido presos pela PM de Rondônia em 14 de maio de 2021, acusados de porte ilegal de arma e também de radio transmissores durante uma operação ilegal contra o acampamento. Na época, a Liga dos Camponeses Pobres caracterizou a prisão como perseguição política, denunciando que a única fonte para o processo jurídico eram depoimentos de policiais militares.
Na época, a PM de Rondônia era dirigida pelo José Hélio Cysneiros Pachá (conhecido como “o carniceiro de Santa Elina”) escolhido pelo governador bolsonarista o Coronel Marcos Rocha. Movimentos populares e advogados denunciaram que as intenções do governo de Rondônia era reprimir e se vingar da luta camponesa e daqueles ativistas que participaram do histórico Acampamento Manoel Ribeiro.
A Associação Brasileira dos Advogados do Povo Gabriel Pimenta (Abrapo) afirmou que o Ministério Público Federal corroborou as teses da defesa, considerando duvidosas e contraditórias as provas contra os jovens, e decidiu pela absolvição dos quatro ativistas (três camponeses e uma estudante da UNIR).
A Abrapo explica, ainda, que na análise da prova, o MPF e o Juízo Criminal Federal ridicularizaram a prova do flagrante (porte de arma e porte de rádios comunicadores). A defesa denunciou que a arma encontrada com os quatro foi um flagrante forjado pelos policiais no objetivo de criminalizar a luta pela terra, porém não havia tido qualquer análise pelo judiciário. Além de ignorar a ilegalidade de que a única testemunha ouvida foram os próprios policiais, a arma que supostamente estava em posse de um dos ativistas foi utilizada para a condenação dos ativistas na Justiça Estadual.
Com o novo entendimento do MPF, será possível questionar a condenação, solicitando uma revisão criminal que a Abrapo considera “bastante promissora”.
A nota finaliza afirmando que “essa é uma importante vitória da luta coletiva, dos advogados do povo, da Abrapo, do Cebraspo, do jornal AND, e de todos os apoiadores da luta pela terra para quem nela vive e trabalha”.
No dia 8 de março, as 12 horas, no auditório principal do IFPE, em Recife, o Movimento Ventania fará um cine-debate do filme Destacamento Vermelho de Mulheres para celebrar o Dia Internacional da Mulher Proletária.
O filme, épico da luta das mulheres proletárias e camponesas, foi feito em 1961 na China Socialista, e é baseado na história real do Destacamento Vermelho de Mulheres, que lutou pela libertação do povo da China na década de 30 e 40. A história retratada neste filme também foi adaptada em balé e, logo depois, em ópera, ambos produzidos por Chiang Ching, atriz, revolucionária chinesa e uma das principais lideranças da Grande Revolução Cultural Proletária.
1. Las Organizaciones no gubernamentales (ONG).
Los organismos no gubernamentales, desenvuelven trabajo en el campo y entre las masas más deprimidas de la ciudad desde comienzos de los 60 del siglo anterior. Una de estas ONG es DESCO con vínculos con IDL, IEP, y una infinidad de otras. Ellas siembran las ideas que le ha inculcado el imperialismo. Por ejemplo, en Bolivia las ONG trabajaron durante los a ñ os 90 para sembrar la idea de la corriente “posmodernista” del imperialismo de la identidad cultural y etnica, para dividir al campesinado y aislarlo de las otras masas, de ahí nace eso del “Estado plurinacional”, similar en el Ecuador, en el Peru lo destacaremos a continuacion, documentandolo con relato de los representantes de las ONG.
Estos organismos crecieron en América Latina desde los años 60, esto no es casualidad, es la época de la ola revolucionaria, de los movimientos populares como el campesino que llegó hasta acción armada, por tanto, no puede ser casualidad. Analizar, establecer la relación, detrás hay que ver, quién podía estar, tanto al imperialismo como a la reacción peruana les interesa contener la revolución, de ahí que surgen este tipo de organizaciones.
Una de esta
ONG es DESCO, con vínculos con a IDL, IEP,
etc. Por eso, nos detendremos en ésta por quién está detrás y su papel
contrarrevolucionario es claro.
Uno de sus miembros ex-presidente de
DESCO, dice:
“(…) Desco nace como una emanación del Concilio Vaticano II . Porque lo forma un grupo de cristianos, de católicos, para hacer labor social desde las ciencias sociales, en la idea de que los laicos tienen una tarea que hacer para continuar con Dios Padre la creación del mundo y perfeccionarla (…) “( de Una entrevista a Marcial Rubio por Abelardo Sánchez León, en ESPECIAL QUEHACER 35 AÑOS).
Lo anterior, que tiene el valor de confesión de parte, más adelante, precisa para no dejar duda de su origen reaccionario internacional , cuando dice:
“(…) A Desco lo funda un cura socialcristiano chileno . Así comienza. Era un sacerdote chileno que funda una cadena de centros de apoyo social en diversos países de América Latina . Entonces, toma contacto con unos católicos pro Vaticano II” ( Rubio, entrevista citada).
Tener presente que la iglesia
católica para ponerse a tono con los cambios que se dan a nivel mundial, sobre
todo para tratar de disputarle al marxismo su creciente influencia y arraigo en
las masas del mundo, en el Concilio Vaticano II (iniciado en 1962) se define
como “la iglesia de los tiempos”, tratando de renovar su imagen ligada al
medioevo, al oscurantismo a la inquisición, y se pone más a tono con su misión
en la edad media, cuando se da la descomposición del sistema feudal, asumiendo
tareas de “socorro” a los pobres, porque el sistema feudal caduco ya no puede
alimentar a sus propios siervos. En los 60. acentúa más su papel de “socorro” o
asistencia a los miserables de la tierra, cuando el imperialismo avanza más en
su descomposición (Presidente Mao), y el sistema caduco, mediante las limosnas
repartidas por la iglesia y las “ayudas” de las instituciones internacionales
(Caritas) y los estados, su economía, se muestra incapaz de alimentar a sus
propios esclavos. De esos años data también eso de la “opción preferencial de
la iglesia por los pobre” y gestándose en su seno la llamada “teología de la
liberación”.
La directora de DESCO, Molvina
Zeballos Manzur, a la fecha de la publicación del último número de su revista
QUEHACER, sin dejar duda dice quién estuvo detrás de esta revista y de las ONG
como DESCO, cuando dice:
“ Quehacer responde, además, a la historia de una institución y a l a historia de esta en su relación con el sistema de cooperación internacional . Como ocurre con todo, esa parte también ha experimentado cambios muy profundos. Los recursos que antes se podían dedicar a este tipo de esfuerzos no existen más hace muchos años y Desco , pese a ello, persistió en la apuesta por preservar su vocero institucional , manteniendo su voluntad política, aunada al esfuerzo de sus integrantes y de quienes hacen directamente la revista . Aun así, la voluntad tiene sus límites y ha llegado el momento doloroso pero inevitable de replantearla con un sentido de futuro” ( ESPECIAL QUEHACER 35 AÑOS ,“Unos fructíferos 35 años” la directora de DESCO, Molvina Zeballos Manzur)
Cuando habla de la financiación y quién está detrás de DESCO y QUEHACER, evita su individualización tras el genérico de “ el sistema de cooperación internacional ”, para tratar de esconder quién está detrás -en el terreno de la propaganda y opinión pública- del combate al PCP y la guerra popular ,que dirige. Propaganda contrarrevolucionaria de guerra antisuversiva a través de “ su vocero institucional ”, “ la revista Desco ”. Así, que tendremos que ocuparnos de este “sistema de cooperación internacional”, más adelante.
Por eso, el Presidente Gonzalo, enseña, que siempre debemos acostumbrarnos a hacer un análisis de los hechos a la luz de la lucha de clases, de la contradicción; si uno no analiza los hechos ligándolos a otros fenómenos, si no establecemos correlaciones, si no ubicamos en el período histórico, en la coyuntura política, entonces, se cae en una descripción neopositivista, en idealismo.
Dice,
debemos desenmascararlos
bien y diferenciar su carácter de clase
, al servicio de quién están, quién
les paga, qué objetivos persiguen, qué clase de servicios prestan, servicios
que no son tales porque son acciones socavadoras de la revolución.
El Presidente en 1992, apunta, que en los 60 los intelectuales se decían marxistas y se sentían orgullosos de serlo, ahora hay un gran cambio, rechazan el marxismo, estos intelectuales hacen labor local y ocultan la idea del poder estatal, ya sea del lugar donde están o del país que les paga, quieren borrar quién está detrás de la ONG. Lo real es que son planes del imperialismo, que ayer aparecían directamente a través de organismos internacionales y hoy están encubiertos con organizaciones pantallas. Pretenden que la masa resuelva sus problemas al margen de la opresión que viven de los Estados opresores y del imperialismo.
El “boom” de los intelectuales se va a impulsar con la demanda de científicos sociales durante el régimen de Velasco; por eso es que vimos tantos intelectuales velasquistas , por esa demanda del fascismo y la corporativización ; ellos, los intelectuales se dejaron utilizar o sirvieron conscientemente a esos planes, prestaron sus servicios y el régimen los amamantó por eso lo defendieron a capa y espada; las críticas que le hacían, no eran sino aplicación de ese “apoyo crítico” , que tanto difunden para envenenar al pueblo ; pero nosotros, no debemos consentir nunca que se trafique, que se engañe, no porque son intelectuales vamos a tenerles reverencia alguna, siempre hay que analizar qué objetivos siguen , a qué clases representan. Se presentan como la buena intención incomprendida .
Lo anteriormente
señalado por el Presidente, son hechos históricos, por lo tanto, innegables,
como sale de la propia boca de los representantes mas destacados de los
intelectuales de las ONG;
los cuales, en sus celebraciones se confiesan, como lo sucedió con ocasión del ultimo numero impreso de la revista de DESCO, QUEHACER, ocasión en que relatan su recorrido vital de las ONG del “trabajo campesino” al gobierno fascista de Velasco, después al servicio de la guerra contra revolucionaria y de los demás planes de intervención del imperialismo en el país., leamos los que dicen en el último número citado de QUEHACER:
“ 1979, nace Quehacer (…) Hoy que se publica el número 195 de Quehacer, pensé que sería interesante recordar cuáles fueron las razones por las que surgió una revista como esta , de análisis social profundo, que mira los procesos de mediano y largo plazo, pero que está inscrita claramente en la coyuntura política nacional (…) La etapa de transición a la democracia que se abrió a fines de los 70 tuvo un corto período de duración. Dos años después de la elección democrática del presidente Belaunde , este declararía la necesidad de que el Ejército , fuerza entrenada para enfrentar a un enemigo externo, tomara el control en las zonas del país donde desarrollaba su acción el grupo terrorista PCP – Sendero Luminoso , particularmente Ayacucho. Entre el 82 y el 92, Quehacer sería no solo una revista académica sino polémica , presente en el debate público, leída a nivel nacional, con posiciones cuestionadoras del manejo del conflicto armado . El análisis producido por Quehacer durante este tiempo de violencia sirve hoy como memoria crítica de una época oscura de nuestra historia republicana “(Ciclos, Marisa Glave, QUACER, edición citada1).
De la lectura de la cita de lo
escrito por esta intelectual “crítica”, que está ligada estrechamente con las
citas siguientes, se desprende que la revista nació para defender el orden
existente tratando de engañar al pueblo con ese veneno de “revista polémica”,
de “cuestionar” “el manejo del conflicto armado”, “memoria crítica”, cuando
desde el comienzo se pusieron al servicio del orden defendiendo la dictadura
terrateniente-burocrática, al servicio del imperialismo, principalmente yanqui,
que es el viejo Estado peruano, confiriéndole legitimidad democrática al
gobierno genocida de Belaunde, poniéndose de lado de la guerra contrasubversiva
contra la guerra popular y el PCP, condenándolos como terrorismo. Se pone de
lado de la contrarrevolución armada y condenan la revolución armada.
Para encubrir su papel socavador de la revolución, dice “cuestionadora” del “manejo del conflicto armado”. Tener en cuenta la cita y este comentario para ver que este manejo “crítico” de la revista, es la aplicación de la experiencia de DESCO y de uno de sus connotados representante H. Pease, fundador de la revista, en el manejo de la propaganda del gobierno militar fascista-corporativo de Velazco a través de los diarios “ex-propiados” por el gobierno militar, manejo con “mano de hierro” la propaganda abiertamente velazquista y la propaganda pro-velazquista “crítica”, para que se mantenga firmemente en la línea del servicio al régimen fascista. Experiencia que se va a aplicar no solo a la revista sino en la uniformización de la información de los grandes medios a nivel nacional e internacional contra el PCP y la guerra popular. Tarea ésta que por encargo del imperialismo yanqui cumplirían Vargas Llosa y Gustavo Gorriti, dos agentes de la CIA.
Otra confesión, no olvidar que son
“hijos de cura”:
“ Yo llegué a Desco el 9 de marzo de 1970 a las cuatro de la tarde.(…) Desco nace como una emanación del Concilio Vaticano II . Porque lo forma un grupo de cristianos, de católicos, para hacer labor social desde las ciencias sociales, en la idea de que los laicos tienen una tarea que hacer para continuar con Dios Padre la creación del mundo y perfeccionarla (…) Así nace Desco. Entonces, Desco estaba, desde su origen, a contracorriente de esa sociedad elitista, aristocrática y segregacionista porque se ubica del lado de los pobres . Y, entonces, Velasco hace un gobierno de
declaración socializante (…) La tercera vía , no te olvides. Era la época de la tercera vía. Desco tiene una posición inicial de apoyo al velasquismo . Incluso, l os dos máximos jefes de Desco se van a trabajar al Sinamos . Queda un segundo grupo con una conciencia un poco más crítica frente al gobierno de Velasco (es decir, los velazquistas y los de apoyo “crítico” al velazquismo, nota nuestra) (…) Desco hacía en los periódicos de la época. Desde el 72 hasta el 76 hay una extensa
participación de miembros de Desco en los diarios y hay una discrepancia abierta . Todo esto lo maneja Henry Pease, que fue el director de Desco desde el año 73 hasta el año 82, creo. La mano de hierro de Henry que todos conocemos permite que las cosas circulen más allá de las discrepancias por un camino cierto. Todo esto se termina cuando acaba el gobierno de Velasco. (…) Con el de Morales Bermúdez, Desco no está en el gobierno porque se lo toma como el regreso .
(…) A Desco lo funda un cura
socialcristiano chileno. Así comienza. Era un sacerdote chileno que funda una
cadena de centros de apoyo social en diversos países de América Latina.
Entonces, toma contacto con unos católicos pro Vaticano II. Fico Velarde había
estado en Chile —se había
casado con una chilena— y conocía a
este padre. Creo que por ahí viene el contacto. Entonces, un grupo de católicos
funda Desco.
(…) Sendero atenta contra las ONG . Es un enemigo más. Sendero considera enemigo a Desco y a Quehacer. Como yo era presidente de Desco, era director de la revista. En febrero del 92 hay unas amenazas muy fuertes contra Desco y Quehacer . Muy fuertes. Nos anuncian que nos van a matar. No las difundo porque no quería crear pánico en la institución, pero sí me fui a hablar con Sinesio, que había sido de inteligencia . “Estás en la mira”, me dijo. “Te va a caer”. “¿Qué hago?”, le pregunto. Me dijo que si yo ponía cien gentes armadas en la esquina de Desco, Sendero podía poner doscientos armados. Tiene que ser con inteligencia. Entonces, cámbiate de ropa, cambia de carro, de ruta, de horario, cambia todo. Averigua cuándo te pueden matar. Haz una revisión pormenorizada, inteligente, de dónde te pueden encontrar siempre. Me impresionó porque me di
cuenta (…) Tuve que cambiar. Creí que venía algún atentado contra nosotros o contra Desco, porque los ataques a Quehacer eran muy fuertes. Quehacer era muy importante en esa época; era una de las alternativas de pensamiento ilustrado. Y sobre Sendero era una especialista. Pero, de repente, viene el golpe de Estado... En esa época matan a la Madre Coraje, a María Elena Moyano. Eso sucede en febrero del 92 si no me equivoco. Entonces, muchos dicen que lo siguiente va a ser un atentado cercano a Desco o en Desco. Ahí se intensificó el ataque contra Quehacer. Y el 5 de abril de 1992 viene el golpe de Estado y Sendero gira contra los militares y contra el Estado, y se olvida de nosotros. La gente creía que nosotros éramos simpatizantes de Sendero, pero Sendero nos amenazó de muerte (de Trayectoria de un pensamiento, Una entrevista a Marcial Rubio por Abelardo Sánchez L eón, en ESPECIAL QUEHACER 35 AÑOS)
No comentaremos mucho sobre la cita anterior
porque ya el Presidente Gonzalo se ha referido en pasajes anteriores, que datan
de 1992, a la historia que trata de contarnos Rubio Correa, que fue también
Ministro de Educación en el Gobierno de Transición del
presidente Valentín Paniagua entre noviembre de 2000 y julio de 2001 (gobierno
de transición oriducto de la intervención del imperialismo yanqui a través de
la Mesa de Negociación de la OEA)
. Rubio es
un conocido docente de la Universidad Católica y muy ligado a un destacado
intelectual velazquista de la misma institución, Luis Pásara, abogado de DESCO
en esos años.
Luis Pásara, después, ha estado como
asesor en todas las comisiones de reforma del Poder Judicial, no olvidar su
nombre, porque detrás de su imagen de “humanista” y “gran intelectual” esta la
mano del imperialismo yanqui. Profesor de la Universidad Católica (Lima) entre
1967 y 1976, fundador del Centro de Estudios Derecho y Sociedad (CEDYS). En su
curriculum está escrito, que como sociólogo del derecho ha investigado sobre el
sistema de justicia a lo largo de tres décadas ( en el Perú, Argentina, Costa
Rica, Chile, Guatemala y México).
Pásara ha sido consultor del Instituto Interamericano de Derechos Humanos y de la Comisión Andina de Juristas, y ha realizado numerosas consultorías para el Banco Mundial, USAID, EuroSocial y el Instituto de Defensa Legal (Perú). Entre 1996 y 2000 estuvo a cargo de los temas judiciales en la Misión de Verificación de las Naciones Unidas en Guatemala (MINUGUA). Fue miembro del Centro Internacional para Académicos Woodrow Wilson en Washington, D.C. en 1980 y 2011-2012 y de la Universidad de Notre Dame en 1985 y 2000-2002. De 2002 a 2004 fue profesor investigador visitante en el Centro de Investigación y Docencia Económica (CIDE) en la Ciudad de México, México. De 2004 a 2011 fue investigador del Instituto Interuniversitario de Estudios Iberoamericanos de la Universidad de Salamanca, España. Es miembro titular de FLACSO (Facultad Latinoamericana de Ciencias Sociales) de España.
El caso de Pásara es importante para estudiar y esclarecer el tema de la judicialización de la política como parte del plan hegemonista global del imperialismo yanqui -en su génesis a través de la labor de este sociólogo del derecho. Como han destacado los estudiosos de este tema sobre la influencia de la circulación internacional de juristas como mecanismo de exportación-importación de prácticas y modelos jurídicos y de generar innovaciones en sus lugares de origen, luego de haber hecho recorridos académicos y de calificación individual en instituciones universitarias y
judiciales de los EEUU.
El Poder Judicial y la Fiscalía, desde comienzos del segundo gobierno de Belaunde, forman el llamado sistema judicial, junto con la policía especializada, son sujetos de los planes del imperialismo yanqui para controlarlo y usarlo para una mayor intervención en el país, junto con la manipulación de la opinión pública mediante los grandes medios, las ONG, el periodismo de investigación, en operaciones conjuntas con las llamadas redes sociales. Esta forma de la manipulación de la opinión pública en operaciones conjuntas cobra cada día más importancia en la colusión y pugna reaccionaria entre las facciones, grupos y personajes en el Perú y los alineamientos internos con la colusión y pugna entre las propias facciones del imperialismo yanqui. Esto solo como un adelanto.
Bien, ahora le damos nuevamente el testigo a Rubio para que nos cuente sobre sus socios:
“Y después, en el 72, hubo un área
de abogados que trabajaba tanto en comunidad laboral como en propiedad social.
Estaba conformada por
Lucho Pásara
, Jorge Santisteban, Diego García
Sayán,
Alberto Bustamante, Guido Lombardi y
yo. Guido es abogado. Aunque no parezca.
No parece, pero es. Éramos seis
abogados. Era un área grande.
Los Wisconsin Boys
. Lucho Pásara fue mi
profesor en primero de Derecho, en 1967. Llevé un curso de Introducción al
Derecho con él y nos hicimos amigos. Lucho es un personaje muy particular, pero
por alguna razón me tenía consideración.
Él me llevó a Desco como su
asistente
.
Él ya estaba allí entonces. Sí, pero
tenía cierto problema en las tardes y me llevó para que estuviera en ese
horario y fuera su asistente. Después, el año 72, cuando egresé y me gradué, él
me dejó el curso de Introducción a la Ciencia Jurídica en Derecho. A Lucho
Pásara le debo, en parte, mi estancia en Desco y mi calidad de profesor en la
Católica. Eso siempre se lo he reconocido” (Rubio, Entrevista citada).
Otra cosa importante, es que el socialcristiano Henry Pease y DESCO manejaban los diarios tomados por el velazquismo, con dos manos los de apoyo abierto a Velazco y los de “apoyo crítico”, “con mano de hierro” para que sirva a engañar al pueblo, repetimos la parte de la cita de lo que dice Rubio, al respecto:
„Desco hacía en los
periódicos de la época.
Desde el 72 hasta el 76 hay una extensa
participación de miembros de Desco en los diarios y hay una discrepancia
abierta
.
Todo esto lo maneja Henry Pease, que
fue el director de Desco
desde el año 73 hasta el año 82, creo. La mano de
hierro de Henry que todos conocemos permite que las cosas circulen más allá de
las discrepancias por un camino cierto“.
Entonces, para la nueva etapa que se abría en el Perú a partir de 1979 y del 80 en adelante, Pease y DESCO usan esa experiencia para desarrollar su propaganda contrarrevolucionaria y envenenar a las masas con esa doble mano, manejada con mano de hierro contra la revolución. Así, relacionando las diferentes partes del puzzle traducimos lo que realmente está detrás de las palabras de intelectuales “bien intencionados” pero “incomprendidos. Bueno, Pease está muerto pero la labor de DESCO y otros intelectuales de su calaña continua para engañar a las masas con su “memoria crítica contra la violencia”, es decir contra la violencia revolucionaria, en servicio de los planes del imperialismo y la reacción de combatir la reorganización general del PCP en y para la guerra popular.
Rubio dice “Sendero me quería matar”, este miserable se lleno de pánico por su papel contrarrevolucionario con DESCO y QUEACER, y. se trata, de la campaña de desenmascaramiento del PCP de ppapel contrarrevolucionario de él, de esta ONG, de su revista y de sus intelectuales, que sembraban veneno entre las masas, como el mismo lo reconoce al final de la cita, cuando dice:
“ La gente creía que nosotros éramos simpatizantes de Sendero ...”
Y dice, “Sendero me querían matar”, pero lo importante es que pone en evidencia sin querer queriendo a su compinche “ Sinecio” (sí, Sinecio López) , otro “intelectual velazquista”, que escriba los discursos de Velazco, en ese momento miembro activo del servicio de inteligencia del Ejército Peruano , es decir del ejército genocida del viejo Estado, quién en su condición de oficial del servicio de inteligencia tenía a cargo una dirección en Sinamos, el organismo corporativo de manejo de las llamadas organizaciones sociales para la corporativización de la sociedad.
“ Sinecio”, siempre como oficial de inteligencia , con la desativación de Sinamos con el gobierno de Morales Bermudez , del reajuste general corporativo, pasó al Instituto Nacional de Cultura en compañía de su oficial de enlace y un par de suboficiales de inteligencia. Bueno, esa es parte de la historia de este “sociólogo”.
Lo importante es que por propias palabras de Rubio Correa confirmamos el “secreto” de los vínculos de DESCO y QUEHACER y otros intelectuales con los servicios de inteligencia de la reacción.
Para continuar con la narrativa de estos intelectuales de “conciencia crítica” o “memoria crítica”, en “Quehacer era una fiesta”, Abelardo Sánchez León, vomita todo el odio contrarrevolucionario de esa “izquierda” anticomunista al servicio de la reacción y el imperialismo que se presenta como de “intelectuales críticos”, además cuenta quienes los financiaban y otras muchas veleidades y relaciones:
“ Estábamos a finales de la década de los años 70, cuando a Henry Pease se le ocurrió la idea de fundar una revista de actualidad política, social y cultural, que acompañase al movimiento social peruano . Desde los años 60 había en el Perú una izquierda en actividad que llegó a ser considerada, en los años 80, como la más sólida, influyente y extendida de América Latina . En la
concepción de Henry Pease, la revista debía dar fe de ese movimiento y, en alguna medida, comprometerse con él, guiarlo y llegar al poder. Henry Pease no era un revolucionario . Él era un político. No creía en los medios subversivos para alcanzar el poder. Venía de las filas de la Democracia Cristiana y su filiación con el cristianismo fue más fuerte que las posteriores ideas marxistas que leyó más con vocación académica , con las que no llegó a identificarse plenamente. La revista sería la voz de la izquierda . Y lo fue.
(…) trabajaban en ella Juan “Cancho” Larco, su editor, y los periodistas José María Salcedo y Raúl González. Juan Larco venía de Cuba , donde estuvo vinculado al campo de la cultura, la literatura y el teatro, y, eventualmente, como trabajador en la caña de azúcar. A Juan Larco lo localizaron Marcial Rubio y Luis Peirano . Lo buscaron en las oficinas del Ministerio de Educación, donde cayó después de haber estado por más de diez años en Cuba (…) Si bien Cancho funcionaba a veces como un comisario respecto a la línea política y a los temas a escoger , a Chema Salcedo le fascinaban los reportajes, salir a la calle, traer el aliento de la vida al cubículo de la revista. Raúl González, más bien, se encontró con un tema inusitado y que le dio un prestigio inesperado a la revista: me refiero a la aparición de Sendero Luminoso en 1980, la guerra interna , la estremecedora tempestad en los Andes, primero, y luego en las ciudades de la costa, e hizo de Quehacer una revista especializada en la materia.
El triángulo, de cierta manera, terminó por configurarse: Juan Larco enhebraba la línea política , Chema Salcedo era la sangre de la calle y Raúl González se
afirmaba como el periodista en asuntos subversivos .
De 1980 al 2000, Quehacer se consolidó como la publicación que daba línea a una izquierda legal, enfrentada, a su manera, a la izquierda subversiva de Sendero y el MRTA , donde Chema Salcedo era el responsable de que respirara por sus poros el trajín de una vida remecida por las bombas y la hiperinflación.
* * *
Pero Desco poseía en aquellos años
un generoso arsenal intelectual. Entre otros, estaban Nelson Manrique, Alberto
Adrianzén, Marcial Rubio, Luis Peirano, Eduardo Ballón, Carmen Rosa Balbi,
Laura de Madalengoitia, Gustavo Riofrío, Mario Zolezzi, Humberto Campodónico, a
los que se sumaban
profesores de la PUCP
, nuestros primos hermanos, como
Javier Iguiñiz y Orlando Plaza.
Plumas había, sin duda. Además,
podíamos recurrir a valiosas plumas de instituciones amigas, como la de Carlos
Iván Degregori del
Instituto de Estudios Peruano
s o de Ernesto de la
Jara del
Instituto de Defensa Legal
. También estaban las plumas de los
amigos del
Cedep
, sobre todo las de Carlos Franco y Héctor Béjar y de
economistas como Óscar Ugarteche. Todos estaban a mano y
dispuestos a escribir en Quehacer.
Quehacer estaba en todas y todos (vinculados a una izquierda amplia) estaban
con Quehacer. Cancho no tenía que trabajar” .
Bueno, estimados lectores, las
pruebas al canto, “papelitos hablan”, allí está la mano del revisionismo cubano
al servicio de la guerra contrasubversiva del Estado peruano y del imperialismo
yanqui contra el PCP y la guerra popular, junto a toda una gama de
intelectuales de diferentes corrientes, por eso hay que diferenciarlos, pero
unidos por su servicio a la guerra contrarrevolucionaria. Están los vínculos de
DESCO, con IDL, el Instituto Defensa Legal hijos de “Transparecia
Internacional” del imperialismo yanqui y el IEP financiado por AIDUSA, el
Cedep. El Chema Salcedo del revisionismo de “Unidad”, del carcamán Del Prado,
promoscovita, los senderologos como Gonzáles, etc.
En el número ESPECIAL QUEHACER 35
AÑOS ,“Unos fructíferos 35 años” la directora de DESCO, Molvina Zeballos
Manzur, dice:
“ Quehacer responde, además, a la historia de una institución y a la historia de esta en su relación con el sistema de cooperación internacional . Como ocurrecon todo, esa parte también ha experimentado cambios muy profundos. Los recursos que antes se podían dedicar a este tipo de esfuerzos no existen más hace muchos años y Desco, pese a ello, persistió en la apuesta por preservar su vocero institucional, manteniendo su voluntad política, aunada al esfuerzo de sus integrantes y de quienes hacen directamente la revista. Aun así, la voluntad tiene sus límites y ha llegado el momento doloroso pero inevitable de replantearla con un sentido de futuro”.
Los hemos dejado que
ellos mismos se expresen, ellos mismos confirman, que con Morales fueron
despedidos de los organismos estatales creados por Velasco y, entonces, muchos
regresaron y otros pasaron a trabajar en las Organizaciones No Gubernamentales
(ONG). Del velasquismo a las ONG, ese es su origen y proceso, detrás está el
imperialismo y la reacción peruana y mundial (el Vaticano) esto lo prueba,
también sirve para diferenciarlos porque no todos los que allí trabajan son
imperialistas; además, es útil para ver cómo actúan en el campo.
Esta claro que un plan
concebido para todo América Latina, desde comienzos de los 60 como parte de la
Alianza para el Progreso de Kenedy, por tanto, está la mano del imperialismo;
que esos intelectuales que cumplían funciones dentro del SINAMOS aplicaban lo
que ese organismo planificaba, de ahí sus vínculos con las masas; pero como
fueron botados por Morales y les faltaba dinero fueron a parar a los organismos
internacionales y éstos los fortificaron. Así, pues, vendieron su capital
intelectual primero al fascismo y luego lo ofertaron al imperialismo, igual
hicieron con el trabajo de masas o influencia que tenían. Lo que no dicen muy
claro es quién específicamente los financia, solamente se refiere a la Iglesia
Católica y la Cooperación Internacional, pero todo el mundo sabe que El
Vaticano está en quiebra; en el caso de IDL, IDL-Defensa Legal, IDL-Reporteros,
como veremos oportunamente, solamente anota que los financian empresas y su
vinculación con Transparencia Internacional y el especulador financiero Soros.
En su artículo León señala que Cancho pasó de la financiación cubana a la
financiación holandesa y alemana, leamos:
“ Juan Larco fue el eterno editor de la revista Quehacer. Era químico de formación aunque, nos imaginábamos todos, nunca ejerció como tal. La revista Quehacer salió a luz en un momento crucial: los años finales del gobierno militar en su segunda fase, los instantes previos a la instalación de la Asamblea Constituyente y la aparición de Sendero Luminoso en mayo de 198 0. Lo hizo dos años después del gran paro general de 1977. Era la época del Sutep, de un movimiento sindical potente, de una izquierda que se forjaba en la lucha contra Morales Bermúdez. Juan Larco, Cancho, llegó en ese preciso momentoy yo lo fastidiaría, tiempo después, diciéndole que tuvo la gran suerte de pasar del “financiamiento” de los cubanos al financiamiento real de los holandeses .
Las agencias holandesas y alemanas contribuyeron de manera decisiva en la posibilidad de que Quehacer saliera a las calles . Sin su confianza hubiese sido imposible. Pero años después, al desaparecer el financiamiento institucional o el de la revista, Quehacer se convirtió en un producto políticamente válido y que los programas podían apoyar dentro de los márgenes permitidos .
(…) Quehacer ha vivido (...) 35 años. Los directores de Desco fueron los directores de la revista , hasta que Eduardo Ballón decidió, durante su mandato, que yo asumiera la conducción. Todos la quisieron. Henry Pease la fundó con la convicción que lo caracterizaba; Federico Velarde la llevó al
campo que más le gustaba, el de la
política práctica; Marcial Rubio y Luis Peirano (…) Y Molvina Zeballos, la
actual presidenta de Desco, la mantuvo contra viento y marea” (León, en
Quehacer era una fiesta...)
En cuanto a la ”teología
de la Liberación”. Para nosotros, dice el Presidente Gonzalo, no es una
posición avanzada, es expresión de una contradicción interna en el seno de la
Iglesia Católica; está contra la lucha de clases, contra la violencia, contra
la guerra popular, las posiciones de Gustavo Gutiérrez y del brasileño Boff son
parte de esto, además el peruano nunca ha sido capaz de enfrentar sus
posiciones al papado, ni cuando su jefe vino, además, hace poco acaba de
enmendar sus puntos de vista. Que es una contradicción de acuerdo, que puede
ser utilizada para dividir al enemigo, de acuerdo, pero debe quedar bien claro
que nosotros estamos por la revolución y ellos por reformas dentro del mismo
viejo orden, centran en cretinismo parlamentario y abiertamente están contra
el Partido, la Guerra Popular y el Nuevo Poder; hacen concesiones a la masa y
al pueblo para contener la explosividad y apoyan posiciones demoliberales,
demoburgueses, están dentro de lo que hizo Nicaragua, más allá no van. Nosotros
cómo podríamos convergir con un Pease o con un Ames que están encabezando esas
posiciones católicas; aquí en el Perú esa posición de la “Teología de la
Liberación” está apoyando a Fujimori, lo prueba la participación de miembros de
la IU, específicamente del MAS, en el gobierno, ejemplo la ministra Gloria
Helfer. Para nosotros
el asunto es hacer
trabajar a todos lo que estén por la revolución y si hay entre las iglesias quienes
quieran y puedan combatir que lo hagan; en los procesos revolucionarios se ha
visto esto, hay sacerdotes que han actuado como guerrilleros, por ejemplo en el
Perú y México; ellos pueden rezar si quieren, pero no les consentimos que
difundan sus ideas y envenenen a las masas; pensemos, hoy día ¿habrá monjas y
curas que se atrevan a marchar siquiera con sus banderas contra la represión
que sufre el pueblo peruano? no, la Iglesia Católica Peruana se ha
reaccionarizado más con los nuevos jerarcas que la encabezan y esto también es
parte de los planes contrarrevolucionarios (...)
Nos últimos dias, o mandatário brasileiro Luiz Inácio anunciou o novo projeto de lei (PL) que busca institucionalizar o trabalho precarizado . O PL ignora direitos básicos que outras categorias possuem, como o vale-refeição e já é criticado por lideranças dos motoristas de aplicativo. O correspondente local de AND de Belo Horizonte conversou com o professor Fábio Tozi, coordenador da pesquisa “Dirigindo para Uber”, da Universidade Federal de Minas Gerais (UFMG), para entender melhor sobre o nível de precarização sofrido pelos motoristas de aplicativo.
A pesquisa de Tozi investigou a realidade dos motoristas dessa plataforma em Belo Horizonte e região metropolitana. A pesquisa foi realizada pelo Observatório das Plataformas Digitais (OPD) da UFMG em parceria com o Ministério Público do Trabalho (MPT) e o Departamento Intersindical de Estatística e Estudos (DIEESE) e coordenada pelo grupo de pesquisa “Continente” do Departamento de Geografia do Instituto de Geociências da UFMG. O trabalho utilizou como metodologia a entrevista com 400 motoristas selecionados por meio do próprio aplicativo da Uber em 80 pontos da região metropolitana entre Belo Horizonte, Betim, Contagem, Lagoa Santa, Nova Lima, Pedro Leopoldo, Ribeirão das Neves e Vespasiano. O resultado completo pode ser lido aqui .
Motorista da Uber: trabalhador ou empreendedor?
Segundo o professor Fábio Tozi, o perfil dos motoristas de aplicativo é predominantemente masculino, com 97% sendo homens. Há uma distinção relevante entre dois grupos: os jovens negros e os homens brancos com mais de 40 anos. Os jovens negros representam uma primeira entrada no mercado de trabalho, enquanto os mais velhos buscam reinserção, seja como complemento de renda ou após a aposentadoria. A plataformização uniu essas duas gerações de trabalhadores precarizados, com a maioria dos que buscam reinserção sendo não negros (68%). O recorte de idade é um fator crucial nesse contexto. Quanto às suas condições de trabalho, o professor destaca suas condições de trabalhador super-explorado à margem da legislação trabalhista.
“É um trabalhador que dirige 51 horas por semana, em média, uma jornada altíssima, 6 dias por semana. Trabalham especialmente de manhã e tarde, mas comum tarde e noite, com uma folga de semanal em geral, praticando jornadas diárias longas, a partir de 12 horas, que é bem acima do limite da CLT (44 horas de semana) que é o limite jurídico, que é a forma jurídica de uma convenção social que diz que as pessoas têm que trabalhar até certo ponto e depois descansar. Por isso que é importante, pois há quem possa alegar que eles não são contratados pela CLT que não há porque comparar, mas a CLT é resultado da redução da jornada de trabalho para ter, portanto, o direito ao repouso, inclusive, como diria Karl Marx, para recompor o cérebro e as forças musculares para trabalhar de novo. Além disso, fazem poucas pausas: 60% deles dizem que só realizam pausas quando há necessidade de parar (ir ao banheiro, comer, beber água). Ou seja, estendem sua jornada de trabalho até o limite do corpo e tem uma renda média em torno de 2500 reais”.
Leia, abaixo, a entrevista completa com Fábio Tozi .
Poderia nos apresentar um panorama global do processo de “uberização”?
Fábio Tozi – Existe um movimento da história que é a criação de uma base técnica, este novo meio técnico-científico-informacional que vem se constituindo desde o final da Segunda Guerra Mundial. A guerra sempre é um momento de criação de tecnologias e elas se derivam em tecnologias civis. Então as guerras criaram várias tecnologias de comunicação que geraram os computadores, GPS … tudo o que temos no smartphone é tecnologia de guerra: a miniaturização da memória, de geolocalizador, de GPS, de processador, de RAM, essa tela que veio dos aviões… tudo tecnologia de guerra. Então a gente tem um movimento da história que vai se consolidando nas últimas décadas.
Isso convergiu em um momento com a mudança no regime de acumulação, que é a tese do capitalismo de plataforma de um autor chamado Nick Srnicek. Ele trabalha com a perspectiva que este processo começa em 2008 porque sua viável analítica é o regime de acumulação quer muda. Para a gente na Geografia, isso vem este processo seria mais longo, pois necessitaria de uma base técnica que antes se consolidou para que em algum momento o regime de acumulação pudesse ser direcionado para essas empresas “ponto.com” que vem a partir de 2008 na crise dos subprimes, dos EUA (dos empréstimos, hipotecas e tudo mais) que levou os excedentes de capitais serem investidos nas empresas ponto.com, nas empresas de tecnologia. Isso foi um movimento que cresceu a partir de 2008 e depois seguiu.
Então tem várias coisas: uma base técnica que é planetária, que vem de uma consolidação desde os anos 50, que já cria um capitalismo informacional, digamos assim. Que é uma progressiva informacionalização no capitalismo e depois uma mudança no regime de acumulação mais recente, que complementa essa fase global. São empresas globais que já tem uma tendência a serem grandes corporações, que são tendencialmente monopólicas. É o caso da Google, da Apple, da Facebook/Meta, Microsoft. São empresas que lideram a primeira fase de transição. Depois tem outras: a Netflix, Airbnb, a Uber, a Tesla: a segunda geração, mais recente. A Uber começa em 2009, que é o grande modelo de plataformização, que se generaliza pela Uber que banaliza o a plataformização do trabalho e economia. Isso é um processo coletivo. Depois vem as chinesas, em um processo mais recente. A 99 é chinesa, a Tik Tok, a Kwai, Shopee, Shein. Tem um modelo asiático, principalmente chinês.
Como a tendência internacional da uberização se expressa nas particularidades da sociedade brasileira?
Fábio Tozi – Tudo isso cria uma questão internacional, típica do capitalismo, num processo de mudança. O capitalismo tem variáveis gerais que se globalizam que são abstratas, globais são abstratas, que vão se concretizar geograficamente e historicamente em relações socioespaciais. Então elas chegam no Brasil e se instalam numa sociedade que é desigual. Desigual na renda, desigual nas regiões, nos lugares, temos regiões riquíssimas super-conectadas com a economia mundial, algumas partes de São Paulo e do Rio, um pouco aqui em Belo Horizonte e em Recife, mas que em geral convive com uma estrutura bastante marcada pela desigualdade: concentração de renda altíssima, heranças do modo de produção escravista, marcada, portanto, pelo racismo. Não é à toa que os jovens tendem a ser motoristas e entregadores num setor que se plataformizou muito rápido, que é clássico numa estrutura de trabalhos mais mal pagos, mais inseguros, com grande invisibilidade, sem reconhecimento jurídico e da sociedade são assumidos pelas pessoas negras, neste caso pelos homens negros. Basta pensar o que foi o trabalho doméstico até hoje, neste caso feminino. Há um casamento histórico novo: uma estrutura bastante desigual e a chegada de uma economia de plataformização da sociedade como um todo, e da economia. Então a plataformização não é apenas da economia, mas é da sociedade.
Em sua recente entrevista à “Rede Minas” você chamou atenção para a questão “custo social” das condições exaustivas de trabalho e as “consequências a curto, médio e longo prazo” da generalização das relações de trabalho via plataforma. Neste caso, foi uma provocação para o público, mas voltando a provocação para você, qual o prognóstico nós temos neste sentido, por exemplo, com relação à questão previdenciária?
Fábio Tozi – É a questão que vai aparecer mais, talvez vá demorar, mas é visível para a sociedade toda. Aproveito para citar a pesquisa, a primeira pesquisa nacional que tivemos sobre trabalho e plataforma, que foi feita pelo IBGE graças a um convenio com o Ministério Público do Trabalho, coordenado pelo Ricardo Antunes. Inclusive gostaria que em sua matéria deixassem meu agradecimento ao MPT e o Dieese que financiaram essa pesquisa toda que fizemos. São pesquisas bem consolidadas a partir da metodologia científica e com financiamento público.
Os índices aqui são de 24% dos motoristas contribuem para previdência. Então isso tem a ver com aquilo que chamava de “custo social”. Uma expressão bem neoliberal, mas é boa para criticar porque as pessoas entendem. Pois o que significa manter pessoas trabalhando 11 horas por dia, 6 dias por semana: elas pessoas vão adoecer, este é o fato. O custo social são pessoas adoecendo, pessoas sem seguro, sem amparo do estado. A quem elas vão recorrer? Ao sistema de saúde público, evidentemente. Então elas vão depender do Estado. Então vamos ter um custo, que a sociedade vai ter que arcar, por conta de uma relação de trabalho não regulada.
Então vamos começar a ver isso, o aumento progressivo dos acidentes de motociclistas por conta da expansão do moto-taxi, UberMoto, 99Moto. E isso é um custo social, porque este trabalhador vai para o hospital público, é evidente, sem qualquer descriminação. Mas a Uber a empresa que o contratou, para qual ele trabalha, que diz que não contrata, que diz que ele é um empreendedor autônomo, não contribui para o sistema de seguridade social brasileiro, que é aquele que restituiria, pela contribuição de todos, o atendimento de todos. É um sistema mutualista, todos contribuem, todos se beneficiam. E o motorista não tem por conta própria um outro sistema, porque o custo dele já é muito alto, se ele incorporar qualquer custo a mais ele vai ter que trabalhar muito mais, ele não sobrevive, porque ele já está no mínimo da subsistência natural dele.
O motorista de ônibus, por exemplo, é uma categoria sobre a qual já há muitos estudos. Passam o dia inteiro dirigindo, no stress do ônibus, no calor, barulho do motor, a vibração, a troca de marcha, é uma categoria que trabalha sentado, bebe pouca água para não ir ao banheiro, então tem problemas de pressão alta e LER. Motorista de caminhão também. Então a gente sabe os problemas que a gente vai ter a médio prazo: passar o dia inteiro sentado, na mesma posição, dirigindo, exposto ao trânsito, onde tem stress de todos os tipos. Poucas pausas, se alimentam mal, bebendo pouca água e indo pouco ao banheiro. Isso cria uma condição de stress no qual o corpo tende a não aguentar depois de algum tempo. Acho que essa é uma questão.
A outra é a questão previdenciária, porque em algum momento esses trabalhadores vão parar de dirigir e vão exigir do Estado sua aposentadoria e não contribuem. Então vão ser beneficiários ou da previdência diretamente, a qual não contribuíram, onde talvez eles não possam se beneficiar, ou de todo o sistema de seguridade social que também é de contribuição ao longo da vida produtiva do trabalhador. Então isso tira esses trabalhadores, lembrando que já é uma condição estrutural do Brasil, onde boa parte da população não se aposenta ou morre logo depois de se aposentar, dado a expectativa de vida média do brasileiro e a idade de aposentadoria, que dá poucos anos para que o trabalhador possa usufruir o que ele teria direito. Novamente, não é um fato novo, mas ele atualiza e vai no sentido contrário de trazer pessoas para os direitos sociais que foram debatidos como sendo aquilo que é a dignidade mínima que a gente espera das condições de trabalho, que é o repouso semanal para estar com a família, para descansar, para realizar uma atividade de lazer, cultural, de estudo. Tenho vários alunos que são motoristas da Uber ou entregadores e esses alunos não estão lendo os textos, porque ele está fazendo uma entrega, ele não está descansando para assistir a aula em melhores condições cognitivas de aprendizagem porque ele passou a noite dirigindo.
Então há uma questão social que transborda para além da relação de trabalho e há um outro que eu acho que é muito grave que é o dos acidentes que deveria ser melhor estudado. A gente sabe, esses dados dos acidentes de moto e bicicleta, tem aumentando e envolvendo passageiros no Uber Moto, mas também o que é a situação do motorista que está dirigindo em jornadas longas ele perde a capacidade de resposta, de atenção ao trânsito, que cria condições para multiplicação dos acidentes que vai envolver também terceiros, outros carros.
06-04-2024
Artículo enviado por un colaborador
Se acerca el 8 de marzo y el gobierno “progresista” debe aparentar que lucha contra los abusos y vejaciones de la vieja sociedad contra las mujeres proletarias. Todos los años sucede que, en los días previos, las Policía Nacional y Guardia Civil realiza redadas contra burdeles para liberar esclavas sexuales que eran forzadas a prostituirse. Así, “el gobierno más progresista de la historia”, que gestiona los intereses del Estado burgués imperialista como cualquier otro gobierno, limpia su imagen unos días antes del 8M para sacar pecho en las ruedas y notas de prensa.
El PSOE tiene incluso el valor -cinismo, más bien- de adueñarse de la lucha por la abolición de la prostitución . Así lo dijo Ana Redondo este 2024, Ministra de Igualdad. Quiere “ una sociedad donde las mujeres y las niñas sean prostituidas ”. Verdaderamente cínico. ¿Qué trabajo efectivo hace el PSOE por la liberación de las esclavas sexuales? ¿Qué hace por evitar las redes de trata de blancas? El gobierno permite que existan los burdeles. Primero, porque es un negocio poderoso del que sacan tajada directa e indirectamente a través de sobornos y redes clientelares. No son pocos los casos de corrupción de políticos burgueses relacionados con proxenetas y casas de prostitución. Segundo, porque le da absolutamente igual la liberación de la mujer proletaria, más aún si son extranjeras.
Los burdeles que reciben redadas no son secretos. Los vecinos de las ciudades y barrios donde se encuentran saben donde está, y saben perfectamente lo que ocurre ahí dentro. La policía, lógicamente, es consciente también. Su argumento para no liberar antes a las mujeres forzosamente prostituidas: entorpecería la investigación policial contra la trata de blancas. La realidad es bien distinta, ya que simplemente esperan a la ejecución del operativo -por orden del gobierno burgués de turno- a que sea una fecha donde haya buena publicidad. El PSOE tiene la cara más grande que un moai de la Isla de Pascua. Veamos una sucesión de noticias:
En el cuartel militar de El Bruc (Barcelona), el Ministerio de Defensa sancionó a un sargento y a un cabo del Ejército -reaccionario y antipopular- por sortear una prostituta en una rifa . En otras palabras: el premio de la rifa es violar a una mujer. La noticia es del 15 de febrero.
En Ciudad Real se liberó a una mujer violada por su jefe y sus amigos en un club de alterne: “ La víctima que ejercía la prostitución en ese club de alterne de Ciudad Real, informó a los agentes que debido a que tenía una deuda con el propietario, este le quitó la llave de su habitación impidiendo que pudiese sacar sus pertenencias del lugar. El propietario la obligaba a mantener relaciones sexuales con él y con los amigos del vigilante de seguridad. Además, el dueño del club por alojamiento y manutención le cobraba 60 euros cada día y además por consumo de cocaína otros 60 más se produjera este o no, por lo que acumulaba una deuda que ya no podía pagar, según relata la víctima a la Guardia Civil. El Equipo de Mujer-Menor (Emume), sección especializada en investigar delitos sobre mujeres y menores, descubrió también que esta mujer sufría la intimidación, maltratos físicos y vejatorios por parte de los clientes y era obligada a trabajar todos los días pudiendo descansar tan solo un día al mes. ”. La noticia es del 20 de febrero.
En San Vicent del Raspeig (Alicante) fueron liberadas 11 mujeres, dos de ellas menores . Todas ellas vivían en dos chalés donde eran violadas diariamente. ¡La policía tardó casi un año entero en realizar las pesquisas! Un año entero siendo violadas diariamente para coincidir con las mejores fechas a nivel publicitario. Los detenidos captaban a las mujeres en el extranjero, principalmente en Colombia, las “ayudaban” a venir a España a cambio de la promesa de trabajar. Cuando llegaban a España se las obligaba a prostituirse para saldar la deuda del viaje, una deuda que nunca se saldará. La noticia es del 4 marzo.
Exactamente el mismo modus operandi sucede con otras 2 mujeres, también colombianas , en Badajoz. Las autoridades señalaron que “ l as víctimas, en su mayoría mujeres de nacionalidad colombiana, eran explotadas sexualmente en un club de alterne y en una casa de citas de Badajoz ”. La noticia es del 5 de marzo.
En Murcia, 2 menores tuteladas fueron forzadas a prostituirse y violadas. La noticia es del 6 de marzo.
El lector podrá comprobar que son muchas noticias de operativos policiales antiprostitución cerca del 8 de marzo. Basta una búsqueda rápida en los buscadores de los principales periódico (El País, ABC, La razón, el Mundo…) para verificar que las noticias sobre operativos antiprostitución son mayores en estas fechas que durante el resto del año. ¡Menudo gobierno abolicionista que solo lo es un mes al año!
Huelga decir que las mujeres liberadas en los burdeles no son todas las prostitutas que viven o son violadas ahí. El gobierno libera solo a las mujeres consideradas esclavas sexuales según la legislación burguesa. Según la justicia burguesa, existe la prostitución forzada (esclavas sexuales) y la prostitución libre. No son esos términos, pero el lector permitirá que simplifiquemos. Si una mujer prostituida realiza su actividad bajo su supuesta libertad individual, no sucede nada. Obviamente sabemos que toda prostitución es forzada, y la libertad individual no existe cuando hay hambre y penurias económicas. Pero eso al gobierno abolicionista y más progresista de la historia le da igual.
Por tanto, sabemos que por cada operativo contra la trata de blancas en un burdel, hay muchas más prostitutas en burdeles de facto legales. Hay ocasiones que incluso en el mismo local donde se realiza una redada contra la trata de blancas sigue funcionando. Detienen a unos y dejan libre a otros, que siguen siendo proxenetas de las “prostitutas libres”. La prostitución no es oficialmente legal en España, pero estos locales son registrados como bares, pubs o discotecas donde las mujeres prostituidas son violadas “libremente”. Por tanto, de facto, llamamos burdeles legales a estos sitios.
Debemos dar gracias al PSOE por darnos una lección tan buena de cinismo.
06-03-2024
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Indígenas de três etnias diferentes, quilombolas e camponeses ribeirinhos se uniram em um protesto no dia 4 de fevereiro em frente ao porto da empresa Cargill, monopólio do ramo da exportação de grãos, em Santarém (PA). Estiveram presentes indígenas dos povos Munduruku, Kayapó e Panará. Os manifestantes exigiram o fim do empreendimento pró-latifúndio e pró-imperialismo e denunciaram os efeitos que a ferrovia terá sobre os camponeses e indígenas que vivem na região.
Faixas e consignas foram erguidas pelos manifestantes durante um protesto. “Trilho que vai ter sangue indígenas: vão negociar as nossas vidas”, dizia uma das faixas erguidas. Segundo Edilberto Francisco, presente no protesto e entrevistado por AND , cerca de 60 pessoas participaram da manifestação.
A Ferrogrão é um projeto de ferrovia apresentado há dez anos por empresas imperialistas do agronegócio, como ADM, Amaggi, Bunge, Dreyfus e a Cargill, alvo dos recentes protestos. A ideia é atravessar o território brasileiro do Mato Grosso, a partir da cidade de Sinop, até o Pará, na cidade de Itaiuba. Serão 933 km de trilhos, por onde passarão os carregamentos de grãos plantados nos latifúndios com destino ao mercado exterior, como a China, Europa e o Oriente Médio.
Os maiores beneficiários serão, assim, o latifúndio brasileiro, setor atrasado do País responsável por manter a economia atrasada, estagnada e submissa às vontades das potẽncias imperialistas dominantes. A ferrovia promete baratear de forma significativa os custos do frete nas terras brasileiras. Junto com as isenções dadas pelo Estado que quase anulam por completo as taxas de exportação, os grandes fazendeiros terão um novo aumento brutal nos lucros.
Formulado em 2014, o projeto foi inicialmente encampado por Dilma Rousseff (PT). Depois, foi alimentada por Michel Temer (MDB), Bolsonaro e, finalmente, voltou para as mãos do PT no terceiro governo de Luiz Inácio. Nela, foi integrado ao Projeto de Aceleração e Crescimento, como forma de garantir a construção da ferrovia.
“Por que o governo está interessado em atender os interesses do agronegócio?”, questiona Edilberto. “Porque o nosso governo é um governo de coalizão submisso, preso, aos interesses dos capangas do agronegócio e das empresas de exportação de produtos agrícolas”, explica, antes de acrescentar que: “No Congresso Nacional, o governo fica fazendo aquele jogo de ‘perde dois para ganhar um’, ‘perde três para ganhar dois’, e nisso os prejuízos virão todos para nós”.
Para culminar sua construção, a Ferrogrão terá de atravessar mais de 40 TIs. Seis delas ficam no PA e concentram 2,6 mil pessoas. Três povos indígenas isolados também vivem na rota da área, segundo levantamentos da Infoamazônica e do Joio e o Trigo. Além disso, há diversos vilarejos de camponeses ribeirinhos que vivem na beira do Rio Tapajós e serão afetados pela construção e pelos empreendimentos decorrentes dela.
O projeto promete também aumentar os conflitos pela terra, uma vez que aumentará a disputa por terra por parte do latifúndio na Amazônia. Com o frete mais barato, mais latifundiários buscarão implementar os latifúndios para plantação de grãos na região. Além disso, uma vez que o frete do MT para o PA também ficará mais barato, latifundiários que buscavam migrar as plantações de soja e milho do MT para a Amazônia não necessariamente o farão, podendo nesse caso priorizar a criação de gado na região amazônica.
De qualquer forma, a Ferrogrão promete aumentar a disputa de terras dos latifundiários na região que já é o maior palco dos conflitos pela terra no Brasil. Em 2022, quatro dos dos cinco estados com maiores índices de conflitos pela terra estavam na Amazônia Legal. São milhares de famílias posseiras que vivem na região e enfrentam, dia após dia, os latifundiários e seus bandos armados na luta pela conquista de terra para viver e trabalhar.
No “Arco do Desmatamento da Amazônia”, um dos trajetos que a Ferrogrão passará, existem ao menos 102 assentamentos da reforma agrária, além de 16 terras indígenas. Certamente, todos eles serão afetados pelo projeto, tanto nos aspectos mais diretos do empreendimento em si, quanto pelos conflitos pela terra derivados da ferrovia e suas alterações na região.
Mesmo assim, o governo segue com o planejamento. Para completar, nenhum dos camponeses ou indígenas que ali vivem foram sequer consultados pelo governo acerca do projeto.
In mehreren Teilen Hamburgs sind Plakate der Roten Frauenkomitees BRD aufgetaucht. Wir dokumentieren an dieser Stelle einige Bilder, die uns zugeschickt wurden. Wir erinnern in diesem Zusammenhang auch noch einmal an die kommende Veranstaltung in Hamburg:
Donnerstag, 07. März
18:30 Uhr
Internationales Zentrum B5
Brigittenstr. 5 (St. Pauli)
(die Veranstaltung findet im Rahmen des Tayad-Café, zusammen mit anderen Gruppen statt)
Αν τα παραπάνω είναι τα βασικά στοιχεία της περιόδου, τα οποία θα έπρεπε να αποτελέσουν το επίκεντρο του προβληματισμού και της αντιπαράθεσης στα πλαίσια της μαζικής κατά τα άλλα εκλογικής διαδικασίας του σωματείου, στη πράξη καθόλου έτσι δεν κινήθηκαν τα πράγματα. Για άλλη μια φορά κυριάρχησε η μικροπολιτική αντιπαράθεση στα όρια των οργανωτικών δυνατοτήτων της κάθε πολιτικής δύναμης που συμμετέχει στο σωματείο.
Η αύξηση της συμμετοχής κατά 200 περίπου ψήφους και η εγγραφή αρκετών νέων μελών, είναι καταρχάς ένα αρκετά θετικό στοιχείο το οποίο δεν μπορεί να μένει σε επίπεδο εκλογικής καταγραφής αλλά πρέπει να αξιοποιηθεί στην κατεύθυνση της συμμετοχής στην καθημερινή ζωή του σωματείου και την αντιπαράθεση με την εργοδοσία στους εργασιακούς χώρους. Θα λέγαμε ότι η παραπάνω διαπίστωση είναι από τα καθοριστικότερα ζητήματα του σωματείου για όλο το επόμενο διάστημα. Είναι το ζήτημα που η νέα διοίκηση αλλά και το σύνολο των πολιτικών δυνάμεων κρίνονται μπροστά στις εξελίξεις. Το κατά πόσο δηλαδή είναι εφικτή η συγκρότηση μικρών ή μεγάλων αγώνων κόντρα στην εργοδοσία του κλάδου και την αντεργατική επίθεσης με πραγματικούς όρους και μαζική συμμετοχή και όχι με στοιχεία εικονικής αγωνιστικότητας και απογειώσεις.
Για άλλη μια φορά το στοιχείο της εφαρμογής της νομιμότητας αποτέλεσε το βασικό σημείο αντιπαράθεσης κατά τη διάρκεια της εκλογικής διαδικασίας και καθόρισε καταστάσεις. Για άλλη μια φορά η παράταξη της ΕΣΑΚ -ΠΑΜΕ πιστή στην εφαρμογή του καλπονοθευτικού νόμου 1264, έχοντας την πλειοψηφία στην εφορευτική επιτροπή, με βασικό επιχείρημα την «εφαρμογή της νομιμότητας», αρνήθηκε την εφαρμογή του καταστατικού του σωματείου και επέβαλε την αφαίρεση της πέμπτης έδρας από την «Ταξική Πορεία» στο ΔΣ του Ηρακλείου, την αφαίρεση της έβδομης έδρας από την «Συνάρτηση» στο ΔΣ της Αθήνας και την αφαίρεση της πέμπτης έδρας από την «Ταξική Πρωτοβουλία» στο ΔΣ της Πάτρας.
Ο ν1264 αποτέλεσε για δεκαετίες βασικό όχημα του κράτους και των κυβερνήσεων, σύμφωνα με το οποίο επέβαλαν την εμπλοκή τους στα εσωτερικά των σωματείων, πάντα με την απειλή της «νομιμότητας» και των όποιων κυρώσεων ακολουθήσε η μη εφαρμογή του. Ταυτόχρονα ο νόμος δίνει αυξημένες δυνατότητες στις μεγάλες δυνάμεις αποκλείοντας τις μικρότερες από τις δεύτερες και τρίτες κατανομές. Στην πράξη αποτελεί χτύπημα της δημοκρατίας στο εσωτερικό των σωματείων και στένεμα της αντιπροσώπευσης μόνο από τις κυρίαρχες παρατάξεις.
Στη σημερινή περίοδο η αντιπαράθεση γύρω από την «εφαρμογή της νομιμότητας» παίρνει νέες διαστάσεις μπροστά στην επιδίωξη του κράτους να εφαρμόσει τις αντεργατικές πτυχές του νέου νόμου Χατζηδάκη με τις οποίες κάθε δύναμη, αλλά και το ίδιο το σωματείο σαν σύνολο αναμετράται ήδη. Τα επιχειρήματα που χρησιμοποιήθηκαν και αναφέρουν ότι: « δίνεται πάτημα στην εργοδοσία να μην αναγνωρίσει τον «νόμιμο» αντιπρόσωπο των εργαζόμενων του κλάδου και μπλοκάρεται ο αγώνα για ΣΣΕ », ανακηρύσσει ως βασικό στοιχείο νικηφόρας έκβασης του αγώνα για ΣΣΕ την εφαρμογή της νομιμότητας και ταυτόχρονα αποπροσανατολίζει πάνω στους βασικούς όρους συγκρότησης του εργατικού κινήματος σε αντιπαράθεση με το κεφάλαιο, το κράτος και τους μηχανισμούς του.
Η Ταξική Πορεία μέσα σε ένα δύσκολο και πολωμένο κλίμα κατάφερε μικρή αύξηση του αριθμού των ψήφων της το οποίο καταρχάς αποτελεί ένα θετικό στοιχείο. Την ίδια στιγμή είναι γεγονός το οποίο πρέπει να αναγνωριστεί και να απαντηθεί ότι το αποτέλεσμα υπολείπεται τόσο σε σχέση με το πολιτικό κενό που είναι εμφανές στα πλαίσια του σωματείου, όσο και των δυνατοτήτων που έχει η πολιτική άποψη που παλεύει η Ταξική Πορεία. Σημαντικό και ιδιαίτερα θετικό ζήτημα που πρέπει να αξιοποιηθεί το επόμενο διάστημα αποτελεί η πανελλαδική παρουσία στο ΣΜΤ με ψηφοδέλτια σε Αθήνα, Χανιά, Ηράκλειο, Λάρισα και Θεσσαλονίκη.
ΤΑΞΙΚΗ ΠΟΡΕΙΑ στο ΣΜΤ
04/03/2024
https://taxikiporeia.blogspot.com/
Nos últimos dias, teve início o julgamento no Supremo Tribunal Militar do caso dos militares do Exército que assassinaram com 82 tiros o músico Evaldo Rosa e o catador de latinhas Luciano Macedo. Antes de ser interrompido por pedido de vista, o militar-ministro relator apresentou sua tese em que reduz de 30 para três anos de punição, ao que foi seguido pelo primeiro ministro a votar. Tudo indica que se preservará o corporativismo da caserna e o espírito de casta que mantém os militares, sobretudo os altos oficiais, na mais escancarada impunidade de criminosos.
Para o tenente-brigadeiro Carlos Augusto Amaral, relator do caso, trata-se de “um erro plenamente justificado pelas situações”, isto é, os militares reacionários agiram em “legítima defesa” ao promover o fuzilamento sumário de um carro em que estava uma família negra indo à um batizado. Além disso, afirmou que o motorista do carro, o músico Luciano, “representava uma ameaça imaginária”. Embora tenha afirmado que os “militares não buscavam a morte”, faltou ao ministro-militar explicar (presume-se que seja conhecedor da prática militar) que atirar 257 vezes contra um carro equivale a ter a intenção de cometer um assassinato de todos que ali estavam.
O tenente-brigadeiro-do-ar Carlos Augusto Amaral Oliveira, segundo ministro-militar a votar, concordou com a tese.
O advogado que defende os militares assassinos é Rodrigo Rocca, ex-advogado de Flávio Bolsonaro. Especialista em direito militar, Rocca já defendeu oficiais processados pelo MPF por crimes cometidos durante o regime militar.
Embora não haja previsão para o julgamento ser retomado, é difícil imaginar uma reviravolta. A redução de 30 anos de prisão para três significará mais uma carta-branca para matar.
O acobertamento jurídico na mais alta corte militar do país está escancarado. O que significa, na prática, a impunidade aos assassinos fardados nos casos em que os militares aplicam sua conhecida doutrina de guerra contra o povo, que se resume em realizar policiamento ostensivo no único objetivo de sitiar e impor terror contra o povo preto e pobre, promover o julgamento a priori dos supostos crimes praticados e executar a pena de morte. Tudo no momento em que os agentes militares escolherem.
Partidos do “centrão” e da “oposição” ao governo, como o União, PP e o bolsonarista PL, dominaram as comissões da Câmara no pré-acordo que tomou conta dos últimos dias no Congresso Nacional. Enquanto partidos mais próximos ao governo vão presidir comissões de fachada, como fiscalização e controle, o PL está na liderança da Comissão de Constituição, Justiça e Cidadania (CCJ) e da Educação.
O PL chegou a nomear o deputado bolsonarista Nikolas Ferreira (PL-MG) para presidir a Educação, mas a indicação não foi consolidada após a tarde de discussões no dia 6 de março. Notório falastrão, Ferreira esteve presente na agitação bolsonarista do final de fevereiro na Avenida Paulista.
A CCJ, por sua vez, deve ser entregue à parlamentar Carolina de Toni (PL-SC). Bolsonarista desde 2018, de Toni também sofreu resistência dos governistas para a nomeação, mas o PL não abriu mão da indicação. Na Câmara, a CCJ delibera sobre questões importantes, como emendas constitucionais e projetos de lei. No passado, foi a CCJ que aprovou o avanço de textos como o da Reforma da Previdência.
O PL ficou ainda com a Comissão dos Esportes e a Comissão de Relações Exteriores e Defesa Nacional.
O “centrão” não ficou atrás na disputa pelas comissões vitais. O PP, partido do presidente de facto Arthur Lira, arvorou-se das comissões da Agricultura, das Finanças e Tributação e da Comissão Mista do Orçamento.
Assim, o partido fica com ainda mais liberdade para beneficiar o latifúndio e controlar o orçamento. Antes do acordo, os parlamentares, e particularmente o PP, já estavam com mais controle expressivo sobre o orçamento, sobretudo após a aprovação do calendário obrigatório do pagamento de emendas parlamentares.
No mesmo rol, o Podemos terminou o dia com o possível controle da Comissão de Ciência e Tecnologia. Se o acordo for consolidado dessa forma, não haverá tempo livre para a luta estudantil neste ano: de um lado, os estudantes terão de enfrentar o discurso demagógico do governo, como tem feito desde o ano passado; de outro, estão os inimigos declarados nas comissões da Educação e Ciência e Tecnologia.
Nesse quadro, o governo e os “aliados” mais próximos saíram na pior na disputa e ficaram com comissões que, por mais que supostamente legislem sobre temas importantes, existem mais por fachada no velho Estado brasileiro do que por funcionalidade e êxito em ações práticas.
É o caso das comissões da Cultura e dos Direitos Humanos, divididas entre a “federação” governista dos partidos PT-PV e PCdoB.
A mesma “federação” também ficou com a Saúde, o que não significa boa notícia aos profissionais do ramo. Dada a relutância do governo federal em aprovar, no ano passado, questões tão básicas quanto o Piso Mínimo da Enfermagem, não é possível esperar que em 2024 as exigências da categoria sejam atendidas sem novas jornadas de dura luta.
Governo fraco e mais comprometido
Ao fim e ao cabo, o quadro indica para um governo ainda mais enfraquecido e comprometido com o “centrão” e os reacionários assumidos.
No ano passado, o comprometimento do governo com esses setores ficou claro pela aprovação de medidas como o “arcabouço fiscal” e a entrega de ministérios e órgãos como a pasta dos Esportes e as presidência e vice-presidências da Caixa Econômica Federal.
Esse ano começou com novos acenos, como o aumento das emendas parlamentares de R$ 35 bilhões em 2023 para R$ 41 bilhões em 2024 e o aceite de um calendário obrigatório de pagamento dessas mesmas emendas.
A questão é: sem mais ministérios e órgãos secundários para entregar, e sem o controle do dinheiro, como Luiz Inácio vai negociar com o “centrão” para dar cabo ao seu “pragmatismo político” reacionário e cumprir as promessas mais básicas de campanha, ao mesmo tempo que entrega tudo que é exigido pelas classes dominantes? A negociação será ainda mais exigida neste ano, se for levado em conta o quadro das comissões.
Pelos indicativos, será um ano de um cenário desesperador para o mandatário Luiz Inácio. Por outro lado, é terreno fortuito para o rompimento das ilusões do povo com o atual governo, e o crescimento da luta popular pelos direitos e liberdades democráticas.
Ieri si è votata in Parlamento la missione militare nel Mar Rosso a cui l'Italia partecipa: la missione ASPIDES che avrebbe, secondo le dichiarazioni del governo, lo scopo di proteggere le vie commerciali e di proteggere le navi italiane che operano nell'area.
Proteggerle da chi? dall'attacco che viene addebitato ai “ribelli Houthi”, ovvero alle forze armate dello Yemen del Sud, che hanno avviato effettivamente un'azione militare di ostacolo delle navi commerciali, militari, che transitano nel Mar Rosso, da cui, secondo quando viene dichiarato, circola il 15% del commercio globale.
Perché lo ha fatto? Per solidarietà al popolo palestinese aggredito, massacrato e vittima di un piano genocida da parte dello Stato sionista di tipo nazista d'Israele. Un piano genocida che ha provocato finora oltre 30.000 morti, di cui circa la metà donne e bambini; che ha distrutto case, ospedali, strutture di ogni genere, della vita civile in Palestina.
Che ha costretto e costringe il popolo palestinese ad abbandonare la Striscia di Gaza, spinto verso un esodo e una deportazione che ricorda quella dei nazisti ai danni degli ebrei durante la Seconda guerra mondiale.
Che non ha avuto esitazioni a sparare - e a uccidere - contro le masse ridotte alla fame che cercavano il pane e dovevano averlo degli aiuti umanitari delle missioni Onu, ecc ecc. Israele ha sparato su donne e bambini. Questo crimine contro l'umanità è il genocidio in corso verso il popolo di Palestina, che ha
bisogno della solidarietà politico-militare di tutte le forze delle masse arabe in quell'area e quindi ciò che hanno avviato e fatto i cosiddetti “ribelli Houthi” è quello che dovrebbero fare tutte le masse arabe e tutti gli Stati arabi della zona che si dicono contro il genocidio in atto dello Stato di Israele e a fianco del popolo palestinese.
Quindi l'attacco dei “ribelli Houthi” (“ribelli Houthi” è una definizione semplificata) è giusto e necessario, appoggiamo incondizionatamente ogni azione contro le navi commerciali e militari dei paesi imperialisti che solidarizzano con lo Stato sionista di tipo nazista d'Israele che deve essere attaccato, ostacolato, perché questo aiuta a fermare l'aggressione genocida, aiuta a ristabilire la pace in quell'area, pace garantita solo dalla giustizia per il popolo palestinese.
Se noi avessimo le possibilità faremmo un contingente militare/sociale a sostegno di chi combatte lo Stato di Israele e l'imperialismo che lo sostiene.
Per questo siamo radicalmente contro la missione militare, imperialista, complice del genocidio, dell'Italia, nel quadro dell'accordo europeo, con la missione ASPIDES che è parte di un crimine di guerra, è una marcia verso la guerra contro i popoli all'interno della marcia generale dei paesi imperialisti verso una terza guerra mondiale.
Tutti coloro che si dicono amanti della pace, della democrazia, che si dichiarano solidali con il popolo palestinese, tutti coloro che vogliono il cessate il fuoco in quell'area, tutti coloro che dicono di essere contro le guerre, contro l'imperialismo, dovrebbero opporsi a questa missione, in Parlamento come nelle piazze, cosa che peraltro già si fa o si è cominciata a fare, in particolare nella grande manifestazione di Milano del 24 Marzo. E invece questo governo ci trascina in questa guerra infame, questo governo schiera i soldati italiani per uccidere e per fermare chi solidarizza col popolo palestinese e contribuire al massacro del popolo palestinese.
È giusto non solo opporsi a questa missione ma che questa missione venga colpita da coloro che solidarizzano col popolo palestinese.
Il nostro NO è incondizionato e in Parlamento, invece si consuma un misfatto, un crimine: le forze della sedicente opposizione, il Pd in testa della Schlein, che si dice contro il governo Meloni che si vuol porre come contraltare, che sfrutta anche l'infamia dell'esistenza di questo governo per portare a casa voti, come è avvenuto in Sardegna, invece vota a favore, o in qualche maniera è con il governo in questa criminale missione. E quindi in Parlamento si celebra una farsa, una farsa guerrafondaia, un'orgia di parole per nascondere i veri interessi che in questa missione vi sono, che non sono soltanto bellici, ma sono economici, dietro tutta questa missione ci sono i profitti delle multinazionali, i profitti delle industrie belliche, una lurida missione per i profitti, una lurida missione per la guerra. Per questo è necessario, comunque voti il Parlamento, che fuori dal Parlamento si senta la voce forte e chiara.
Quando l'imperialismo e i suoi governi parlano di pace, lo fanno per fare le guerre, perché sono loro, è il loro sistema, i loro interessi economici che vi sono dietro le guerre.
Che ci stanno a fare le truppe italiane nel Mar Rosso? Il Mar Rosso è italiano?
Questo è colonialismo, questo è imperialismo. I popoli della zona non possono decidere se fermare o no navi commerciali, militari in un contesto di una guerra genocida contro il popolo della Palestina, definiti come terroristi. Terrorismo sono le bombe dell'imperialismo. Le azioni militari, da Hamas ai ribelli Houthi, sono lotta di liberazione nazionale. Su questo nessun equivoco vi può essere.
E questa posizione è l'unica posizione che rispetta gli interessi dei proletari, delle masse popolari, di tutti coloro che non vogliono in questo paese un mondo fatto di guerre genocide, di tutti coloro che comprendono che è lo stesso governo che nel nostro paese taglia il reddito di cittadinanza, impoverisce i poveri, non fa nulla per salvare lavoro, salute, sanità, scuola e invece importa tutti questi soldi nel calderone delle spese militari e delle missioni militari.
“Alzare i salari, abbassare le armi” - si dice - ma questo passa dalla cacciata di questo governo, di questo governo della guerra a cui bisogna opporre l'opposizione proletaria e popolare, l'altra guerra, la guerra di popolo perché solo la guerra di popolo ferma le guerre. Lo dovrebbero sapere tutti leggendo banalmente i libri di storia.
Questa missione, peraltro, avviene in un quadro in cui l’Italia ha il comando, si tratta del solito “comando di pennacchi”, perché l'Italia ha il comando di una missione che rispecchia gli interessi dell'imperialismo in generale, è a fianco dell'imperialismo americano che ha veri interessi e dentro una missione con Francia e Germania che sono paesi che hanno interessi ancora maggiori di quelli dell'Italia nell'area. Quindi una missione per i padroni e le multinazionali italiani in un quadro di servi dei servi dell'imperialismo americano e delle potenze imperialiste maggiori. La logica dei servi è sempre stata la natura interna, la natura effettiva di tutti coloro che si rifanno - peraltro più o meno esplicitamente - a Mussolini, al fascismo, seguono le orme neocoloniali e imperialiste e portano, oggi come allora, il nostro paese dalla parte delle barbarie, dalla parte dell'oppressione dei proletari e dei popoli.
Il NO a questa missione deve essere realmente sostenuto ed è combinato con l'appoggio all'indebolimento politico-militare, culturale, ideologico e perfino morale di questa missione.
Si è dalla parte dei popoli e della pace, se si ha il coraggio, la coscienza, di dire questo.
Le pagine della stampa sono piene della questione dei dossier dell'inchiesta di Perugia. C'è una indagine, a quanto pare, della procura di Perugia che utilizza indagini della Guardia di Finanza nel quadro ancora non si capisce bene di che.
Ma “dossier segreti”, uso della magistratura per colpire le parti avverse all'interno del sistema economico, politico e sociale di questo paese, sono connaturate al sistema capitalista che, dietro la veste di libertà e democrazia, copre una guerra tra bande, una guerra tra banditi per occupare le posizioni economiche principali, per fare profitti, per controllare economia, Stato, magistratura.
E quindi niente di nuovo sotto il sole. La natura di queste operazioni ce l'ha insegnata la P2. Operazioni che avevano lo scopo di fornire gli strumenti per una riforma istituzionale, per un vero cambio di regime nel nostro paese, per cancellare la Repubblica nata dalla Resistenza e instaurare una dittatura fascista di tipo moderno.
Il piano Gelli di rinascita nazionale: gli eredi di questo piano Gelli sono al governo e non da ora però, ma dal lungo ciclo che ha portato da Berlusconi alla Meloni.
Ora urlano al complotto.
Aveva cominciato il ministro della Difesa Crosetto, a dire: "ci sono delle inchieste, ci vogliono colpire con la magistratura".
Volesse il cielo fosse vero! Perché, effettivamente, dietro la foglia bianca della “vergine dal candido manto” della Meloni, si nasconde un verminaio di ministri corrotti, legati agli affari, legati al parassitismo, sociale e politico di questo paese. Crosetto, che è sul libro paga dell'industria bellica e ogni sua azione si basa sugli interessi dell'industria bellica, come un commesso dell'industria bellica, dovrebbe essere effettivamente indagato e colpito per
questa sua figura.
E che dire della Santanché? Che dire dei luridi schiavetti del governo, Del Mastro, il Sottosegretario che spara al poliziotto….. una merda. Questa merda dovrebbe essere portata alla luce, dovrebbe uscire sui giornali, dovrebbe essere colpita dalla magistratura. Se fosse questo lo scopo di questa inchiesta noi siamo favorevoli a questa inchiesta. Ma temiamo che non sia così, che sia ancora dentro la guerra tra bande che usano i mezzi ufficiali e non ufficiali nella contesa politica economica e così via.
Però pensiamo che tutti coloro che siano soggetti di questa inchiesta, appartenenti, sia all'area governativa, sia alle opposizioni, siano dei criminali. E che proprio per questo le loro strilla sono a difesa del crimine perché, a parte dossier e controdossier, l'unica attenzione che dovrebbe avere la stampa e, di conseguenza, i cittadini e la magistratura, è quella che le cose scritte in merito a questi personaggi siano vere o no! E state tranquilli: sono vere nella maggior parte dei casi.
Questo mostra il marcio di un sistema politico sociale, del modo di formazione dei governi, dei ministri della sua classe dirigente. Sono il marcio, prodotto naturale del sistema capitalistico-imperialista nella sua fase putrescente di cui l'Italia è parte.
Questo sistema deve essere abbattuto, questo è il punto. Questo sistema non si riforma, si abbatte e non si cambia, se non si vuole che il verminaio di quello che viene scritto dai giornali resti impunito e resti solo un fattore della lotta politica tra partiti e cosche, tra bande, tra affaristi, tra padroni e padroni, ecc ecc, bisogna lavorare per un futuro diverso che abbatta questo sistema.
L'abbattimento di questo sistema non può avvenire all'interno di chi questo sistema lo tiene in piedi, non può avvenire all'interno delle sue istituzioni, non perché nelle istituzioni non ci siano anche brave persone ma perché le istituzioni e la logica che le forma, le guida, le plasma è qualcosa che serve a conservare questo sistema. A conservare anche quando lo si critica per cercare di salvarlo.
Per questo è necessaria una Rivoluzione! Una rivoluzione sociale, politica, morale, culturale che possa portare a ristabilire nel nostro paese una parvenza di civiltà, di democrazia, di uguaglianza, di libertà. Tutto questo, nell'attuale fase storica, si chiama lotta politica contro un moderno fascismo, stato di polizia, regime dei governi come comitati d'affari, Stati al servizio dei poteri forti, ovvero il grande Capitale industriale, bancario, ecc ecc.
La lotta a questo sistema deve essere condotta da chi non ha alcun interesse e non ricava alcun privilegio da questo sistema: e questi sono gli operai e i lavoratori che, tanto per dire, sono gli unici che “pagano integralmente le tasse”, come si dice normalmente, mentre dal piccolo al grande commerciante, dai padroni alle banche, loro le tasse non le pagano o le pagano una misura ridicola.
E quindi siamo sempre lì. Sono gli sfruttati, gli oppressi, le masse di questo paese, e tra loro tanta brava gente che pure non fa parte esattamente del proletariato delle masse popolari, che devono ribellarsi.
Ma la ribellione non passa per i voti. Non passa attraverso il sistema, lo abbiamo visto. Quando riponi fiducia in partiti che si dicono contro la casta, contro il sistema ecc ecc - vedi l'ultima esperienza del Movimento 5 Stelle, dei grillini - si vede poi la fine che fanno, si vede poi come questa demagogia populista li porta al Parlamento, in cui poi loro si trasformano in governanti più o meno sistematici di questo sistema, e anzi, quando non servono, lasciano il passo a persone peggiori di loro come sono attualmente quelle al governo.
Quindi non la via parlamentare e non il voto cambiano le cose e né la via parlamentare né voto sono un fattore di partecipazione influente nella vita pubblica, nella costruzione dei governi, nel funzionamento dello Stato, in quello che è assolutamente indispensabile e necessario in ogni società.
E qui che nasce la necessità della Rivoluzione.
La Rivoluzione non è una parola d'ordine di estremisti antichi fissati per il comunismo, già falliti in Russia e in Cina. Tutta questa è una versione caricaturale. La Rivoluzione è un popolo che si ribella, guidato dalla classe che produce la ricchezza in questo paese e che quindi può trasformare questa ricchezza da fonte di profitto in fonte di benessere. Questa classe è la classe operaia, assieme a tutti coloro che in questo Paese percepiscono redditi, stipendi, necessari per vivere a diverso grado, queste sono masse. Ma le masse che votano, le masse che sfogano la loro opposizione nell'astensionismo elettorale o nei mass media, nei social, come si dice, sono masse impotenti, compagni che accompagnano il funzionamento ordinario di questo sistema che non merita di funzionare.
E quindi c'è bisogno di un cambio necessario, di un cambio iniziale, costruire gli strumenti per lottare contro questo sistema per una vera Rivoluzione e per un cambiamento in corso, perché lottando si cambia.
Την Τρίτη 5 Μαρτίου, με μια απόφαση 293 σελίδων το τμήμα της Ναγκμπούρ του Ανώτατου Δικαστηρίου του Μουμπάι, αθώωσε τον 57χρονο ανάπηρο αγωνιστή καθηγητή G.N. Σαϊμπάμπα για τις κατηγορίες με τις οποίες καταδικάστηκε σε ισόβια κάθειρξη. Αποφάνθηκε πως τα αποδεικτικά στοιχεία που τον συσχέτιζαν με το παράνομο ΚΚ Ινδίας(Μαοϊκό) και είχαν κατασκευάσει οι αστυνομικές αρχές, ήταν αβάσιμα και παραβίαζαν ακόμη και αυτούς τους λεγόμενους αντιτρομοκρατικούς νόμους και πως η απόφαση του πρωτοβάθμιου δικαστηρίου το 2017 ήταν αστήρικτη.
Η αθώωση του Σαϊμπάμπα και των πέντε συγκατηγορούμενων συντρόφων του είναι η δεύτερη κατά σειρά, μετά από αυτήν του Οκτωβρίου του 2022 με το ίδιο, πάνω – κάτω σκεπτικό. Και τότε όπως και τώρα η αντιδραστική κυβέρνηση της πολιτείας της Μαχαράστρα σε συνεργασία με την ομοσπονδιακή, στο Νέο Δελχί, είχαν προσφύγει εναντίον της με αποτέλεσμα ο αγωνιστής να παραμένει στην φυλακή σε σκληρές συνθήκες, που τον οδηγούν σε σίγουρη φυσική εξόντωση. Ήδη ένας από τους πέντε συγκρατούμενους ο Pandu Narote πέθανε στην φυλακή στις 25 Αυγούστου του 2022.
Η ανακοίνωση της δεύτερης αθωωτικής απόφασης, η οποία είναι κόλαφος για τις αντιδραστικές δυνάμεις στην Ινδία, χαιρετίστηκε από τις οργανώσεις και τα κινήματα αλληλεγγύης στην χώρα και διεθνώς που απαιτούν αυτή την φορά η δικαστική απόφαση να γίνει σεβαστή και ο αγωνιστής να απελευθερωθεί άμεσα!
Hereby we publish an unofficial translation of an article from the bulletin of the People’s Women’s Movement from Brazil.
During the last election period the situation of the women was one of the most discussed points, but despite all the promises during this period, the life of women of the people has not experienced any change, not in form, not in content, specially its poorest parts, as the inhabitants from the favelas in the cities and of the landless peasants and peasants with little land in the interior.
In this period, the opportunist government of Luiz Inacio and Alckmin, put its “governance” agenda (read: alliance with the same reactionary coalition that is in the government, whatever the government, from Sarney to Bolsonaro) into practice and try to pacify the coup generals and the extreme right, regardless the popular interests. Shy measures considered in the elections, such as taxes on large fortunes or recognition of workers’ rights for care workers, were not implemented. For the poor, on the contrary, the only policy has been the increase in violence in the countryside and in the city.
Another clear fact of crisis and increase of political violence, as evidenced in the recent murders of the Quilombola leader Mãe Bernadete and Pajé Nega in Pataxó, both in the state of Bahia, which is governed by the PT member Jerônimo Rodrigues, which has done nothing to reduce the attacks from the latifundium and the extreme right against public lands and indigenous territories. Even more, he encouraged it by the recent approval of the criminal temporary framwork
[Translator’s note: Marco Temporal]
, associations of big landlords, hoarders and thieves such as the group “Invasion Zero”, have armed and trained actual gunmen armies to promote the reincorporation of illegal possessions of land, to murder leaders and to try to control the struggle for land. Most of these gentlemen make up the social base of Bolsonarism and the extreme right, and openly defend the return of their leader to the government and the outcome of the fascist military coup. As for this, Luiz Inacio and his minister give the budget to his “allies”, Artur Lira and other white collar bandits in Congress, as if such appeasement policy could contain the coup rage that comes mainly from the armed forces and the big landlords.
The recurring episodes of police massacres – as the one which derived from the “Operation Summer” in Santos, which already has resulted in 54 deaths, additionally to the permanent siege of the Cariocas favelas
[Translator’s note:
in
Rio de Janeiro]
, show a clear reactionary civil war of the ruling classes of big bourgeoisie and big landlords at the service of imperialism, mainly Yankee, against the people. As we have seen, to assemble the police and equip repression at all levels, there is no contingency of expenses or financial limitations. For healthcare and education, the economic cuts and devaluation of professionals and structural degradation are a routine, as revealed in the inability of the State to prevent and offer assistance to workers during the current dengue epidemic. In short, for the rich, everything for the people, nothing!
Public policy promises for women, which were so trumpeted during the electoral farce, were already forgotten. Because they were made by pure makeup, as in the case of the distribution of menstrual absorbents in the “people’s pharmacy program” for which an endless bureaucracy is demanded to verify poverty, an exposure and humiliation that inhibits many women from seeking it. Matters such as the valuation of the minimum wage and the Salary Equalization Law between men and women of the same profession became a dead letter. Most women remain without formal employment and survive how they can in order to feed their children. Among the workers, black women lead the worst unemployment, payment and occupation indices in unprotected employment, without a signed contract and without rights.
The economic crisis, and unemployment and inflation weigh even more on the women. As has been shown by the National Research by Continuous Proves from Homes, carried out by the IBGE
[Translator Note: Brazilian Institute of Geography and Statistics]
in the fourth quarter of 2023, inequality between men and women in the labor market increased. From 20% in the previous quarter, the income difference between men and women increased to 25%. They gain 25% less. Women workers, especially black workers, are the ones who suffer more hunger and unemployment – female unemployment is 55% greater than male unemployment, and 47% of women live in a situation of food insecurity.
This lack economic protection exposes us to other violence. In this way, only in the first four months of 2023, 17,500 sexual violations against children or teenagers were registered, and despite this cruel reality, access to abortion in the current law (in cases of incest, when the mother’s life is in danger and fetal anencephaly) has been increasingly difficult though public health services, forcing women to put their lives at risk to carry out abortion.
Impulse the New Democratic Revolution and the popular protest!
The serious economic, political and military crisis in which the country is immersed, it is not a conjunctional or temporary fact: its roots are in the five centuries of latifundium and domination, first colonial, then imperialist. An economy subjected by latifundium and imperialism, always stagnant and without margin for national development. Ruling classes, lackeys of imperialism, minor partners, who are happy with crumbs. Permanent political crisis, frequent revolutionary situations and recurring military interventions.
Additionally to the unbearable yoke that weighs on us, the people, the women still carry a fourth mountain of exploitation: female oppression. This, is expressed in unpaid domestic work; in the inferior and preconceived form in how women are seen by patriarchal ideology; in the lowest salaries and more degrading work conditions that affect us, in addition to several other spiritual consequences, such as self-underestimation, which ties us to unhappy situations and suffering.
On this 8 th of March, we, the People’s Women’s Movement, call on workers’ women from the countryside and the city to impulse the Agrarian Revolution and Popular Protest, joining the ranks of the New Democratic Revolution in our country. We must, in every part of every corner of this country, take what is ours by right – land, bread, employment, until we have the government of everything, that is, the power. That this memorable date, which is registered in the list of the dates of the international proletariat, once again marks the need to link all these new resistance struggles with the struggle for a New Brazil and a New World, in which the red flag waves sovereign.
Featured image: because they had no recent picture of her police sought with a 30-years-old picture for Daniela; source:demvolkedienen.org
We hereby publish an unofficial translation of an article published on DEMVOLKEDIENEN :
In Berlin, Daniela Klette, who was sought as a member of the Red Army Faction, was arrested by the police. Daniela Klette supposedly belongs to the so-called third generation of the RAF and is said to have been fleeing since its dissolution in 1998 with two other RAF-members.
The public prosecutor announced yesterday that the arrested was Daniela Klette. The 65-year-old has been fleeing since she went underground in the early 1990s. Yesterday she was in an apartment in Berlin Kreuzberg, where she lived under a fake name. The said apartment in Kreuzberg is said to have been rented through a third person. In the apartment, the police allegedly found a foreign pass and ammunition, but without the associated weapon. Daniela’s neighbors describe her as friendly and told the journalists of the bourgeois press that she regularly gave mathematics tutoring to children from the neighborhood.
The German judiciary accuses Daniela for attempted murder and various tried and completed serious robberies. However, it is all about her activities after the RAF dissolved. Together with the other two underground alleged RAF combatants Ernst-Volker Staub and Burkhard Garweg, she is said to have financed her life underground with robberies. Even the RAF has been dissolved, there is still the possibility that Daniela will also be convicted in addition to the robberies, also according to paragraph 129 a, “membership in a terrorist association”. Membership in the RAF is actually time-barred, but the upcoming question is whether the judiciary defines the attacks committed as activities of the RAF or not.
The State has been looking for higher intensity against the three RAF combatants since the beginning of February. Recently there was an TV-episode in the so-called “Aktenzeichen XY … ungelöst” handling quite sensational the so -called “RAF Trio” and appealed to the German subservant and snitching spirit. Apparently with an excessive success, because according to the editors of the show, 250 information from spectators received them. A short time afterwards, a major operation by the police in Wuppertal was also triggered, with an uninvolved old man, threatening and arrested by the special units of the police with assault rifles. Previously, the police had a call from someone who thought recognizing the older passers-by recognized as one of the RAF combatants they were looking for. Ultimately, the crucial indication for Daniela’s arrest was supposedly also given by a snitch. However, some time before the show aired in November 2023. The police did not reveal more information about the given note or the denunciations.
There are currently numerous attacks by the class-justice in the FRG. There are regular demonstration bans and attacks on protests while increasingly larger population groups are demonized and their bourgeois democratic rights are denied. At the same time, there are increased repression against left-wing structures. House searches take place regularly and the rotten German State is increasingly trying to put anti-fascists into jail. In the middle of this situation, the reaction is also increasingly looking for those people who fought the State with the weapon in their hands and have not been found by it since then.
Now after yesterday’s arrest, the German repression authorities are enjoying their success, in the hope of showing strength and intimidating resistance. Interior Minister Nancy Faeser announced in a message from the Ministry of the Interior: “Nobody should feel safe underground.” Of course, this does not apply to the approximately 600 fascists sought by arrest warrant, which went underground.
Even though Daniela has now been arrested, she managed to avoid the persecution of the repression authorities for over thirty years, together with her companions.
We publish a statement that we have received.
CASR CONDEMNS THE ARRESTS OF ADVOCATE KRIPA SHANKER SINGH AND FORMER TEACHER BINDA SONA SINGH UNDER MAOIST LINKS CASE IN UP
On 5th March 2024, Anti-Terrorism Squad UP raided the home of Allahabad High Court advocate Kripa Shanker Singh and former teacher and now a private typist at Allahabad High Court Binda Sona Singh, after which the two were arrested by the ATS. Kripa Shanker Singh is an eminent lawyer who has been fighting cases related to political prisoners. The case in which they were arrested was registered in 2019 when political activists and intellectuals Manish and Amita Azad were arrested. Many lawyers, eminent academics and political activists were interrogated during the course of that case’s investigation. Similarly in 2010, Manish’s sister, People’s Union for Civil Liberties UP State President Seema Azad and her partner, lawyer Vishwa Vijay were arrested in 2010 under a similar case where the state alleged that they were members of the Maoist party. While the Azads were released on bail, 6 months ago Brijesh (of the Mazdoor Kisan Ekta Manch in Deoria) and a pregnant Prabha Kushwaha (of the Savitri Bai Phule Sangharsh Samiti) were also arrested by UP ATS from their home in Deoria. On 9th December 2023, a day before the world celebrated the Human Rights Day, Prabha underwent a miscarriage due to the lack of medical facilities provided to her by the police in a timely manner, the denial of a bail to her by the Courts on medical grounds even when doctors recommended it due to hers being a high-risk pregnancy, under this very “Maoist links” case. This act expresses how the state essentially killed the Kushwahas’ baby in womb and sidelined the humanitarian ground and justified all acts of oppression on political prisoners. The arrests of the Singhs makes this the third arrest of an activist couple in Uttar Pradesh under the “Maoist links” case
In the last 6 months, the National Investigation Agency (NIA) has raided student organizations, homes of farmers union activists, anti-caste activists, authors, intellectuals, lawyers and human rights activists all under this very “Maoist links” case in a harassment campaign, deeming them all as potentially linked to the banned Communist Party of India (Maoist). On the same day, on 5th March 2024, ex-Delhi University educator Dr. G.N. Saibaba, scholar and cultural activist Hem Mishra, journalist Prashant Rahi, Adivasi peasant activists Mahesh Tirki, Vijay Tirki and the institutionally murdered activist Pandu Narote were acquitted for a second time by the Bombay High Court after a decade of false incarceration. During the same case, people’s activist Pandu Narote was killed at the hands of the state in prison after wilfully choosing to not move him to the ICU ward after he suffered from swine flu, to which he succumbed at the young age of 33. In the acquittal order of this case, the High Court bench reiterated the position that not only is upholding the Maoist ideology/philosophy not a crime or evidence of membership of the CPI (Maoist), having access to documents related to the philosophy of “Marxism-Leninism-Maoism” or documents of CPI (Maoist) on them, electronically or otherwise, is also not a crime and not evidence of membership of the Maoist party since they are so readily available on the internet. Yet, in the Uttar Pradesh Maoist links case in which Kripa Shanker Singh and Binda Sona Singh have been arrested on the very same day as this judgement, the NIA and ATS’ charges are based entirely on the extraction of data from the electronic devices held by these activists that have been seized and the investigation conducted by the Forensic Science Laboratory which have allegedly found Maoist documents on their devices. The government has failed to concretely provide any details on what exactly these documents include. The NIA, ED and ATS in Uttar Pradesh have become the swords with which the Yogi Adityanath-led BJP government unleash the brunt of Brahmanical Hindutva fascism on all democratic rights, anti-caste, women’s rights, civil liberties, anti-displacement, anti-communal, anti-fascist activists to silence all forms of political dissent, unleashing a spate of Red Scare tactics upon such activists by branding them all with varying shades of “urban Naxals.”
This has also been the general trend all across India since the advent of Brahmanical Hindutva fascism after the victory of the BJP in 2014, particularly intensifying after the arrests conducted in the Bhima Koregaon conspiracy case. The state is trying to establish the narrative and lay the founding stones for multiple such Bhima Koregaon-like conspiracy cases across India, putting forth the idea that very existence of political democratic dissent is equitable with Naxalism. After all, the Prime Minister Narendra Modi himself stated in the 2022 Surajkund Chintan Shivir that “every form of Naxalism, be it of the pen or the gun, must be uprooted.” In this distorted narrative of brahmanical Hindutva fascism then, a lawyer fighting the cases of political prisoners, for democratic rights of people, like Kripa Shanker Singh, becomes a Maoist.
CASR strongly condemns the arrest Allahabad High Court advocate Kripa Shanker Singh and and former teacher Binda Sona Singh for their contributions in fighting against the incarceration of activists and the release of political prisoners.
CASR demands the immediate release of Kripa Shanker Singh and Binda Sona Singh.
We demand an immediate end to the witch hunting campaign of the NIA, ATS and the Yogi Adityanath-led Uttar Pradesh government against all democratic activists under the name of “Maoist links” case.
CAMPAIGN AGAINST STATE REPRESSION(CASR)
Constituents: AIRSO, AISA, AISF, APCR, BASF, BSM, Bhim Army, bsCEM, CEM, CRPP, CTF, DISSC, DSU, DTF, Forum Against Repression Telangana, Fraternity, IAPL, Innocence Network, Karnataka Janashakti, Progressive Lawyers Association, Mazdoor Adhikar Sangathan, Mazdoor Patrika, NAPM, Nishant Natya Manch, Nowruz, NTUI, People’s Watch, Rihai Manch, Samajwadi Janparishad, Smajwadi Lok Manch, Bahujan Samjavadi Manch, SFI, United Against Hate, United Peace Alliance, WSS, Y4S
We share an overview of actions and statements that we have seen for the 8 th March this year.
Regarding Turkey we have already shared a statement by the New Democratic Women (YDK) as well as activities carried out by them in Istanbul. We have also shared a statement by the Purple-Red collective. YDK has also published a poster and put up dazibaos mobilizing for the 8 th of March in Izmir.
In Brazil, the People’s Woman’s Movement (MFP) have published a Bulletin for the 8 th of March. We have recently published an article by the MFP on the victory of the Red Army in the battle of Stalingrad, with a particular focus on the heroic struggle of women.
In Lyon, France, the People’s Women’s Committee has called for a meeting on the 7 th of March.
In the Spanish State, the newspaper Servir al Pueblo has published an editorial, which we have already translated to English, on how the State and imperialism sustain patriarchal violence.
Servir al Pueblo has also published a translation into Spanish of a document by the MFP of Brazil, on the life and work of Aurora Picornell.
Also a graffiti has been made in Albacete , with the slogan “Long Live the Palestinian woman with a rifle in the hand!”
In Austria, Rote Fahne has called for demonstrations on the 8 th of March in the cities of Wien, Linz and Innsbruck. We have previously published a translation of an article by Rote Fahne on the struggle for the oldest self-managed autonomous women’s center in Europe
From Germany we have published a translation of a call for the 8 th of March by the Red Women’s Committees .
Several events have also been called for in different cities in Germany. Earlier this month there has been presentations in Bremen , Cologne and Buchum . On the 7 th of March there will be an event by the Red Women’s Committee in Hamburg. On the 8 th of March the Red Women’s Committee has called for demonstrations in Leipzig , Bremerhaven , Essen and Cologne . There has also been reports of mobilization for the events:
In Italy, the news site Per la Democrazia Popolare has published a flyer for an internationalist 8 th of March against fascism and imperialism.
We have previously reported on actions for the 8th of March in Denmark, Norway and Finland. There are now reports of more actions in the Nordic countries.
In Copenhagen, Denmark, dazibaos with the slogans “Out on the streets March 8!”, “Against imperialism and patriarchy!” and “For a red class line in the women’s movement!” have been put up in proletarian neighborhoods.
In Norway, Kampkomiteen has published a call for the 8 th of March, with events and demonstrations in the cities off Oslo, Bergen, Trondheim and Kristiansand. There are also several reports of posters being put up in the Region of Trøndelag . The posters mobilizing for the 8 th of March were put up in the regional capital, Trondheim , as well as several other places. You can read more reports here and here .
In Finland, the news site Punalippu has shared calls for demonstrations in Helsinki and Tampere . The news site has also published a poster mobilizing for the 8 th of March, which has been put up in Tampere.
Featured image: Saibaba.
On Tuesday the High Court of Bombay acquitted G.N. Saibaba and another five accused of being linked with the Maoists, a case fabricated by the old State that sought to criminalize him for his activity in defense of democratic rights, labeling him as Maoist. The own justice of the old Indian State had admitted this, since they were not able to prove his involvement in anything that he was accused of. The other five acquitted were Mahesh Tirki, Pandu Pora Narote, Hem Keshwdatta Mishra, Prashant Rahi, Vijay. Nan Tirki. Narote died in prison in August of 2022.
It is not the first time that a lower court decided the acquittal and therefore the release of G.N. Saibaba: the most notorious case was when in 2022 it was decided to release him by a Maharashtra court, but later the Supreme Court of the Indian State said that G.N. Saibaba was a threat to national security and decided that he should remain in prison.
Regarding the health of Professor Saibaba and the inhumane treatment by the old Indian State, there were questions even by the United Nations. These questions were not answered. We already reported on his numerous health issues that were worsening because of his encarceration: “ After he suffered from polio and problems with his spine in his youth, he was left in a wheelchair. He has several other health problems that are worsening as a result of the terrible conditions of his detention and lack of needed medical assistance. ”
Precisely for this reason, activists and organizations for democratic rights denounced that this acquittal arrives very late, and that now no one can give him back his freedom and his lost health condition, and also they have denounced that many other Muslim, Dalit and Adivasi activists are still imprisioned under the UAPA (Unlawful Activity Prevention Act) and they must be released. They have also denounced that this is not something exclusive to the BJP government, but that successive Indian governments have repressed the Indian people in this way.
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El próximo 11, 12 y 13 de octubre, Jujuy será la anfitriona del 37° Encuentro Plurinacional de Mujeres y Disidencias, tras haber sido elegida de manera unánime como sede durante la edición anterior realizada en Bariloche. La Comisión Organizadora que se conformó en diciembre del 2023, ya realizó cuatro reuniones plenarias, en las que se acordó que el encuentro se llevará a cabo en las fechas mencionadas y será la tercera vez en la historia que nuestra provincia tiene a su cargo la organización de este evento.
Este Encuentro, reconocido por su carácter inclusivo y plural, tiene como objetivo abordar diversas problemáticas que afectan a las mujeres y disidencias en la sociedad actual, buscando la articulación de estrategias para construir un futuro más igualitario para todas y todos. Se espera que este año lleguen a la provincia más de 100.000 mujeres y disidencias a participar del Encuentro.
Es importante destacar que en este momento, la Comisión Organizadora del 37º Encuentro Plurinacional de Mujeres y Disidencias se encuentra realizando las gestiones para mantener una audiencia con el gobernador de la provincia, Carlos Sadir, para presentarle detalladamente la magnitud del evento y ante ello, la importancia de que se acompañe desde las instituciones estatales para que recibamos en nuestra provincia a un gran contingente de mujeres y disidencias, que se autoconvocarán desde distintos lugares del país.
El Encuentro Plurinacional de Mujeres y Disidencias no solo representa una oportunidad única para visibilizar las demandas y necesidades del sector, sino que también contribuye al fortalecimiento de la red de organizaciones y colectivos que trabajan incansablemente por la igualdad de género.
La elección de Jujuy como sede pone en valor la historia de un movimiento de mujeres y disidencias local que protagonizó la lucha por la ampliación de derechos, para conquistar nuevas legislaciones, enfrentando y visibilizando las violencias patriarcales y que ha sido parte del torrente que en la provincia viene dando la pelea política por mejores condiciones de trabajo y de salario, por la defensa de nuestros recursos naturales, por el derecho a manifestarnos y a tener una vida digna.
Es importante destacar que en el último Encuentro, realizado en Bariloche, funcionaron más de 350 talleres con 70 temáticas distintas, como violencias de género, participación política, mujeres y disidencias de los pueblos originarios, hábitat y territorio, salud, violencia obstétrica, activismo sindical, travesticidios y trasfemicidios, ecofeminismo, derechos sexuales y reproductivos, mujeres, disidencias y deportes, femicidios, infancias, entre muchos otros.
Nos preparamos para fortalecer el camino transitado y realizar en Jujuy en este 2024 un 37º Encuentro Plurinacional que será histórico, atravesado por la gran crisis económica, política y social que impacta sobre la vida de las mujeres, en un contexto nacional, donde se pretende retroceder en nuestros derechos conquistados, agudizando las desigualdades y opresiones de género. Ante ello, este 37º Encuentro pretende fortalecer al movimiento feminista y de disidencias de todo el país.
Hoy N° 2001 06/03/2024
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Esta fecha tiene un gran significado para todas, en primer lugar, porque es un día de lucha y porque este 8 de Marzo no es una jornada más.
Hoy más que nunca seguimos levantando las banderas del Congreso Socialista de Mujeres de 1910, en Dinamarca, donde Clara Zetkin propuso la conmemoración de un Día Internacional de la Mujer Trabajadora.
Este 8 de Marzo nos encontrará unidas en las calles, en las plazas, denunciando la alarmante y angustiante situación que atravesamos, a la que enfrentamos desde cada lugar.
Será una jornada de lucha, masiva, combativa y federal.
En todo el país nos venimos organizando desde hace un mes, para este 8 de Marzo, en asambleas, con nuestra participación en las multisectoriales, en nuestros barrios, en nuestros lugares de trabajo. Y lo venimos organizando de menor a mayor, impulsando, en este momento concreto, la más amplia unidad, porque la situación lo amerita.
No es momento de dividirnos con otras fuerzas, aunque tengamos diferencias, es momento de enfrentar, como venimos haciendo desde cada lugar y desde el primer momento en que se vino aplicando esta política que llevan adelante Milei, Villarruel y Bullrich de hambre, de entrega de nuestra soberanía y nuestras riquezas, y de represión. Venimos haciendo un recorrido importante, peleando la unidad de todo el movimiento de mujeres y feminista de nuestro país. Hubo una cantidad importante de reuniones en todo el país para plasmar la unidad y uno de los principales puntos de acuerdo es cómo enfrentar el hambre, la pobreza, el ajuste y la inflación que se descargan con furia sobre nuestro pueblo.
Somos parte de nuestro pueblo, que viene peleando contra el brutal ajuste del gobierno reaccionario y fascista de Milei, con masivos paros, como el del 24/1 donde hicimos retroceder la Ley Ómnibus, con luchas que recorren nuestro país: obreras, campesinas, de mujeres y jóvenes, de originarios, de trabajadores de la cultura y ciencia y demás sectores populares.
Este 8 de Marzo tenemos mucho para decir, para reclamar, para seguir luchando:
Las mujeres y disidencias tenemos menor tasa de empleo y más precario; con ingresos y salarios que son tres veces menos que los de los varones. Los salarios, pensiones y jubilaciones bordean la línea de indigencia. Miles fuimos arrojadas a la pobreza en estos últimos dos meses.
La primera violencia que recibimos las mujeres y disidencias es la pobreza. Los precios de la canasta familiar llegaron a un aumento del 200%, y no podemos cubrir las necesidades básicas. Muchas familias hoy comen una sola vez en el día. Millones de mujeres son jefas de familia, son solas y ven como la economía se derrumba; nada alcanza. Peligra que los chicos puedan comenzar las clases: los útiles escolares sufrieron una suba de más del 200%.
No hay entrega de alimentos en los comedores, por lo cual, ni siquiera pueden ir a buscar un plato de comida. Muchos niños dejaron de consumir leche, carne y pan. La garrafa de 10 kg en muchos barrios cuesta $15.000.
Además, se agravó la situación de vivienda para millones, afectados por la derogación de la Ley de Alquileres. Se pueden negociar contratos en cualquier plazo y moneda, bajo cualquier precio y actualización, desamparando completamente a los inquilinos.
La situación de la salud es alarmante: aumentos en la medicina prepaga, aunque el 90% no la tiene. El 80% de la financiación del sistema público está a cargo de las provincias y los municipios (65% y 15% respectivamente) por lo tanto el efecto de la restricción de los recursos coparticipables es devastador. Además, el Ministerio de Salud de la Nación planteó que el presupuesto quede congelado. Esto afecta a los programas de vacunación, salud reproductiva, SIDA, tuberculosis, oncológicos y otros. Las farmacéuticas como Roemmers y Bagó se llenan los bolsillos con los precios liberados.
Otro de los temas que estarán en esta jornada es el crecimiento de la violencia hacia las mujeres. En enero de este 2024 hubo 30 femicidios.
También estará el reclamo sobre lo que pretende este gobierno, como la derogación de la ley IVE, aprobada en 2020 así como la prohibición del lenguaje inclusivo en la Administración Pública y otros lugares.
Por supuesto hay miles de reclamos más, que se harán visibles en esta jornada. En esta situación tiene plena vigencia nuestro programa:
*Igual salario por igual trabajo. Trabajo para todas. Basta de inflación y de ajuste.
*No al FMI.
*Salarios, jubilaciones y pensiones que permitan alcanzar la canasta familiar.
*Emergencia en violencia contra las mujeres, salarios para las promotoras en prevención de violencia. Basta de femicidios.
*Jardines materno-paternales en cada lugar de trabajo y estudio.
*Kits escolares para niñeces en edad escolar.
Abastecimiento de alimentos a comedores y merenderos de todo el país.
*Tierra, techo y trabajo para todas.
*Abajo el DNU 70 y el protocolo represivo.
Escribe María Rosario
Hoy N° 2001 06/03/2024
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Alrededor de este tema del 30° aniversario del golpe de Estado se está desplegando un debate político e ideológico profundo. Como decía Juan B. Alberdi, la falsa historia es la base de la falsa política. Y como no existe la llamada “objetividad”, porque ésta es nada más que una forma extrema de subjetividad, cada clase social enfoca la historia desde su particular punto de vista. Ahora, entonces, hay un gran debate en torno a tres ejes principales.
El primero es el que considera al golpe de Estado como una simple continuidad del gobierno de Isabel Perón. Así como el PC, en la década del ’30, dijo en un primer análisis que el golpe de Uriburu venía nada más que a profundizar la política “fascista” de Yrigoyen, ahora se dice que el golpe del 24 de marzo vino a profundizar la política “fascista” del gobierno peronista. Así, víctimas y victimarios son igualados.
El segundo es que se niegan las grandes luchas durante los años de la dictadura. Pareciera que en esos años en la Argentina no pasó nada. Pero esas luchas son las que explican por qué, mientras la dictadura de Pinochet duró 17 años, y hasta hace poco era senador vitalicio, y la dictadura de Brasil duró más de 20 años -desde el ’64 hasta el ’85-, la dictadura argentina cayó a los 7 años y medio, y ya después del quinto año estaba tambaleándose. ¿Qué es lo que provocó ese colapso de la dictadura violovidelista, que como otras muchas en la Argentina había venido a instalarse por mucho tiempo?…
Esta dictadura tuvo que irse porque aquí hubo un pueblo que luchó; empezando por las Madres de Plaza de Mayo, las madres de los desaparecidos, con sus rondas de todas las semanas.
Y el tercer hecho que se niega, o se oculta, es el marco internacional en que se dio el golpe de Estado. Y así es absolutamente inexplicable lo que sucedió en la Argentina. Se oculta que había una disputa feroz por la hegemonía mundial entre dos superpotencias, los Estados Unidos y la Unión Soviética.
No era el mundo de hoy: los yanquis acababan de ser derrotados en Vietnam. Los rusos ocuparon la base de Danang, que los yanquis tenían allí; hicieron pie en el Yemen; en el Mar Rojo –porque controlaban Etiopía-; con la caída del imperio portugués hicieron pie en Mozambique; también en la ribera occidental del Atlántico, en Angola. Y por la fuerte infiltración habían hecho pie en América Central, en Nicaragua; estaban avanzando, también, en la lucha guerrillera que dirigía Shafik Handal en El Salvador.
Los yanquis estaban en retroceso; iban a estarlo hasta comienzos de los ’80. Pero habían avanzado en América del Sur: habían dado el golpe de Brasil; el golpe de setiembre del ’73 en Chile; el golpe en Uruguay; el golpe en Bolivia; controlaban Paraguay; habían maniatado al gobierno de Velazco Alvarado en Perú.
Y entonces la Argentina había pasado a ser el centro de disputa, por un objetivo estratégico fundamental: el control del Atlántico Sur. Que es lo que llevaría a los dos grandes conflictos que en cierta medida iban a determinar el fin de la dictadura: uno por el Beagle con Chile, donde fracasó el intento de la dictadura violovidelista de llevar a una guerra fratricida a nuestro pueblo; y la guerra de Malvinas, donde también estaba en juego el control del Atlántico Sur. Es imposible comprender la guerra de Malvinas sin este elemento. Porque que un país del tercer mundo controlara Malvinas, Georgias y Sandwich del Sur, y con ello el único paso estratégico entre los dos océanos para los grandes barcos –porque el Canal de Panamá pueden liquidarlo con un misil- eso estuvo en el trasfondo de todos los acontecimientos que determinaron la imposición de la dictadura en 1976.
Aquí tenemos a muchos jóvenes; posiblemente muchos de ustedes nacieron después del 24/3/76, o eran muy pequeños. Yo observo, a veces, la naturalidad con la que llegan tarde a las citas. Es posible que, después de tantos años de democracia constitucional –los de mi generación nunca conocimos un período tan prolongado de democracia constitucional, somos de una generación en que a veces llegar 5 minutos tarde a una cita implicaba la vida de un compañero-, es posible que los jóvenes piensen que eso que nosotros vivimos nunca más va a suceder. Que ahora es un feriado, que algunos van a decir: “che, vamos a comer un asado el 24, que es feriado”. Tal vez consideren que aquello no va a suceder nunca más.
Pero en la Argentina, desde 1930, nunca conocimos un período relativamente prolongado de libertades ciudadanas. En la Argentina había una “calesita”: golpe y contragolpe, golpe y contragolpe; y en los períodos de gobiernos civiles regía el estado de sitio; hasta entrado el gobierno de Frondizi regía la ley 4.144 de expulsión de extranjeros; rigieron leyes represivas anticomunistas… Los gobiernos civiles, incluso el gobierno de Perón, gobernaban con estado de sitio. Sin embargo, es posible que se piense que lo de 1976 no puede volver a repetirse.
Pero la causa de esa inestabilidad institucional es la estructura de la Argentina. El hecho de que éste es un país disputado por potencias imperialistas: ingleses y franceses; ingleses y alemanes, italianos, yanquis más tarde, yanquis y rusos… Y ahora hay una nueva “figurita”, los chinos, que están construyendo su puerto en Timbúes (Rosario), que se quieren quedar con el ferrocarril Belgrano, que por apenas 6 millones y medio de dólares se quedaron con la mina de Sierra Grande en Río Negro. Todos estos imperialismos luchan por el dominio: compran fábricas, compran tierras, compran generales, ministros, jueces, legisladores. Y esa es una de las causas fundamentales de la inestabilidad.
Ahora algunos dicen que la oligarquía terrateniente no existe más. Y lo dicen en esta época de jauja de la oligarquía terrateniente, porque nunca tuvieron la situación que tienen ahora: contratos orales, con un plazo de un año o de una cosecha, a pagar en efectivo y por adelantado antes de entrar al campo… Y dicen que la oligarquía terrateniente no existe más. ¿Cómo que no existe más? ¡Si están los mismos apellidos!…
¿Cuántas miles de hectáreas tienen los Miguens, desde siempre? ¿Y acaso el sur, además de los Benetton, no sigue estando en manos de los Menéndez Behety y los Braun Menéndez?…
¿Acaso ustedes piensan que en la provincia de Jujuy puede haber un gobernador que gobierne sin consultar cada acto importante con los Blaquier, que tienen 260.000 hectáreas y son los dueños de la provincia?..
Entonces ¿existe o no existe la oligarquía terrateniente?
Y existe la disputa interimperialista. Por lo tanto, compañeros, sobre todo los jóvenes, no crean que “nunca más”. Mientras eso exista, cuando sea necesario para las clases dominantes y no puedan gobernar de otra manera, habrá golpes y contragolpes de Estado.
Además están los jueces, los fiscales… Este Strassera, que defendió a Ibarra, ¿no es el mismo fiscal que dio la orden de allanar el CELS? ¿No es el mismo fiscal que cuando, al final de la dictadura, nos hicieron juicio a nosotros y nos dictaron orden de captura, estaba trabajando con el juez de la dictadura Nicasio Dibur?
Y ¿cuántos hay de esos, compañeros? El otro día, Eduardo Schiaffino, jefe de la Aeronáutica, hizo un acto de “arrepentimiento” formal, y leyó una declaración donde la Aeronáutica, que todavía no lo había hecho, hace “autocrítica” de su posición en la dictadura. Se “olvidó” de decir la palabra “repudia”: dijo que fue por un problema de lectura… Eduardo Schiaffino fue uno de los que colaboraron en el intento de golpe de Capellini en diciembre de 1975. Es un pichón de fascista que recitaba los libros de Bruno Genta cuando era joven; y que en diciembre de 1976, cuando murió Mao Tsetung, hizo un brindis por esa muerte. ¿Y ustedes creen que este Schiaffino está “arrepentido” de haber participado en el golpe del ’76? ¿Que tenemos una figura “democrática” encabezando la Aeronáutica argentina?
Sería un tremendo error creer eso. No hay que creer que el 24 de marzo es apenas el recuerdo de una jornada trágica que nunca va a volver a repetirse. Tenemos que conocerla bien precisamente porque puede volver a repetirse.
Hoy N° 2001 06/03/2024
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El 8 de marzo de 2012 fallecía, en la ciudad de Rosario el camarada Miguel Rubinich, fundador del PCR y miembro de su Comité Central, a la edad de 77 años, tras una larga enfermedad contra la que luchó con la misma entereza con la peleó por la revolución y el comunismo.
Miguel fue un invalorable compañero en la construcción y la unidad de nuestro querido PCR y JCR, y en las tareas que nos planteamos en pos de las tareas que el proletariado necesita para la revolución de liberación nacional y social.
Rubinich era un compañero de una sola pieza. Sincero en sus ideas y acciones. Solidario. Comunista en todo el sentido de la palabra. Jamás se jactó de sus tareas dentro del Partido, por el contrario: su humildad marcó sus ansias de aprender de cada compañero.
Fue un compañero indispensable en Santa Fe, en la comprensión de la historia de nuestro regional porque era un conocedor humilde de las tareas obreras y campesinas en la provincia. Su experiencia quedó plasmada en el libro Apuntes sobre la historia del Regional Santa Fe del PCR.
Años después, su aporte al frente de la Comisión Nacional de Educación fue fundamental para que un conjunto de afiliados -para los que fue “el profe” Marelli-, avanzara en el marxismo-leninismo-maoísmo y en la línea de nuestro PCR.
¡Querido Miguel Rubinich, hasta la victoria siempre!
Hoy N° 2001 06/03/2024
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El Gallego, como le decíamos todos y él se reivindicaba, ya que había nacido en Parada de Cameixa, Carballino, en el año 1929, pasó por varias tareas en sus 50 años de militancia en nuestro PCR, al que contribuyó a engrandecer con su esfuerzo militante.
Campos Janeiro fue parte de los miles que rompieron con la dirección revisionista del PC y fundaron el PCR, integrando su dirección provisoria.
Responsable de una zona obrera del Gran Buenos Aires en los primeros años del Partido, luego integrante de la Comisión Sindical, y en los últimos tiempos trabajando en el área de las relaciones políticas, siempre supo ganarse el respeto y cariño de camaradas y aliados. Desde su juventud, vino a los 17 años a la Argentina, participó de luchas obreras y en ese camino se hizo comunista.
Entre muchas otras actividades, fue fundador y primer secretario del Foro de la Deuda Externa, y tuvo una activa participación en la Federación de Sociedades Gallegas, institución que mantiene vivo el ideario de la República española.
Como expresó Jacinto Roldán, hoy secretario general del PCR, en nombre del Comité Central, en su despedida: “Con su carácter amable pero firme, llevó adelante una política de entramado con fuerzas amigas convencido de la necesidad de construir un frente popular y nacional como instrumento de la lucha por la liberación de nuestra querida patria. Nuestros mártires, nuestros muertos son nuestra bandera. No la vamos a traicionar y seguiremos peleando por mantenerla en alto hasta el triunfo final”.
Hoy N° 2001 06/03/2024
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“Las mujeres llevan sobre sus espaldas la mitad del cielo y deben conquistarla” dijo Mao. Durante la Revolución en China millones de mujeres se movilizaron dirigidas por el PCCH. Su participación en la guerra contra la invasión japonesa aplastó la idea reaccionaria de que las mujeres “sólo sirven para el trabajo doméstico”.
La reforma agraria, donde millones de mujeres participaron de forma activa, demolió el sistema patriarcal-feudal. Las campesinas conquistaron títulos de propiedad personales sobre la tierra y dejaron de ser la “esposa de…”. La Reforma Agraria: “¡la tierra para quien la trabaja!” hizo más por ellas que millones de discursos sobre su derecho a la igualdad. Con la Revolución de Nueva Democracia, las mujeres –liberadas de la antigua estructura familiar– pasaron a estar a la vanguardia de las transformaciones revolucionarias.
Durante la Gran Revolución Cultural Proletaria más de 300 millones de mujeres se movilizaron contra el revisionismo, en defensa del camino comunista. Se crearon talleres colectivos de trabajo doméstico, comedores colectivos, apuntando a que la sociedad fuera responsable de los hijos y que éstos no fueran “propiedad” de la familia ni del Estado; en la perspectiva de acabar con el carácter privado de la familia y de las tareas domésticas, liberando a la mujer del exclusivismo del hogar.
El libro «La mitad del cielo» de Claudine Broyelle (editado por Ágora), nos da ejemplos brillantes de los enormes avances del movimiento femenino proletario en la revolución china, principalmente durante la Gran Revolución Cultural Proletaria.
“El problema no consiste en saber con cuánta rapidez marchar, sino hacia dónde marchar. El problema no consiste en saber si los obreros están o no preparados, sino en cómo y para qué deben prepararse”. V. I. Lenin.
Hoy N° 2001 06/03/2024
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Con nuestros derechos no. Desde la Articulación Feminista del Paraguay convocamos a la Octava Marcha 8M del Día Internacional de la Mujer Trabajadora. Somos mujeres trabajadoras del campo y la ciudad, quienes pertenecemos a organizaciones y autoconvocadas, nos une la lucha contra las violencias y desigualdades que sufrimos las niñas mujeres todos los días en un país machista y patriarcal.
Hace un año advertíamos, lastimosamente y esto comienza a cumplirse: el cartismo es un sector político que hoy se encuentra en el poder y busca constantemente despojarnos de nuestras conquistas históricas y hacernos retroceder en derechos logrados con mucha lucha, nunca nadie nos regaló nada.
Pero las mujeres juntas y organizadas, como lo hacemos desde hace 7 años, nos conjugaremos este 8M 2024 en una sola voz, todas sumando esfuerzos, apoyándonos y reafirmando que si tocan a una, reaccionamos todas.
Sepan que lejos de desarticularnos o desalentarnos en nuestras luchas, estamos cada vez más unidas y fuertes para defender lo conquistado con tanto esfuerzo.
Este año hemos decidido hacer el lanzamiento de la Marcha 8MPY 2024 frente al Congreso, y obviamente no es casualidad, consideramos que aquí están los principales secuaces de nefasto poder político económico, que de manera acelerada y autoritaria violentan nuestras vidas y la vida de la población paraguaya en general.
Repudiamos enérgicamente el avasallamiento y violencia política cometida contra una senadora, despojándola de su investidura de manera arbitraria e inconstitucional, dando un golpe a la democracia. Denunciamos que en los últimos meses las compañeras políticas han sufrido el recrudecimiento de la violencia y persecución política, atentando contra el derecho a la participación política en igual condiciones que los varones. Exigimos que las legisladoras y políticas sean respetadas y que se generen políticas públicas que impulsen mayor participación de las mujeres.
También repudiamos el machismo y el violento plan del movimiento colorado cartista, hoy en su segundo periodo de gobierno, que impulsa la derogación de la Ley 5777 de Protección Integral de las Mujeres contra todo tipo de violencia. Le advertimos que no dejaremos que esto pase, que resistiremos poniendo nuestro cuerpo y mente hasta detener definitivamente esta nefata intención de dejarnos sin protección.
Las mujeres denunciamos la precariedad y la desigualdad, ganamos un 12,7% menos por igual trabajo desarrollado que un hombre, también sufrimos acoso en nuestros lugares trabajos y en los buses camino al trabajo. A esto se suma que solo el 60% de las mujeres tienen empleo remunerado en Paraguay. Además, dedicamos 27 horas semanales a las tareas domésticas y de cuidado, las cuales recaen mayormente en nosotras, un trabajo muchas veces invisibilizado, y que dificulta nuestra participación protagónica en los diferentes ámbitos de la sociedad.
Exigimos que se cumpla el derecho de las mujeres a planificar sus vidas, a poder decidir cuantos, cuando y con quien quiere tener hijos o si no quiere tenerlos, pues actualmente muchas mujeres pasan violencia por parte de personales de salud, quienes, basándose en desinformación y prejuicios, les niegan el acceso a métodos anticonceptivos como la T de cobre o la ligadura de trompas, aun cuando el acceso gratuito a ellos sea un derecho.
Tristemente ayer tomó estado público un nuevo caso de una niña de 10 años víctima de abuso que quedó embarazada y obligada por este Estado que niega derechos a convertirse en madre tan pequeña. Repetimos son niñas no madres, ¡Basta de obligar a parir a una niña!
Hoy estamos aquí para advertirles a todos los machistas, a las autoridades negligentes y cómplices y a empresarios precarizadores, quienes atentan contra nuestros derechos laborales, políticos, sociales y económicos que el próximo viernes 8 de marzo las mujeres trabajadoras y diversas, saldremos a las calles a exigir una vida digna, con igualdad de oportunidades y sin discriminación. ¡Porque nuestro trabajo vale!
Les invitamos a todas las personas, en especial a las mujeres que se sumen a esta marcha en dónde una vez más saldremos por nuestros derechos laborales y contra todo tipo de violencias.
Nos encontramos el próximo viernes 8M a las 17 hs. en la Plaza Uruguaya y marchamos a las 18.30 hs. hasta la Plaza de la Democracia.
¡Con nuestros derechos no!
¡Por nuestros derechos y contra todas las violencias!
Hoy N° 2001 06/03/2024
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En la madrugada del jueves 29 de febrero, más de mil palestinos hacían fila esperando una ración de harina para paliar la hambruna absoluta que sufren. El ejército de ocupación israelí comenzó a disparar a mansalva, matando a más de 110 ciudadanos palestinos, y dejando heridos a más de 750. Israel afirma que las personas que hacían fila eran “una amenaza al Estado de Israel”.
Israel no sólo asesina al pueblo palestino con sus armas. También lo hace desde el bloqueo de ayuda humanitaria de todo tipo. Sin ninguna vergüenza, el ministro israelí de Seguridad Nacional, Itamar Ben Gvir, pidió detener la entrada de ayuda humanitaria a la Franja de Gaza ya que, asegura, “pone en peligro” la vida de los soldados israelíes. Escribió en X (ex Twiter) “Esta es otra razón clara por la que debemos dejar de transferir esta ayuda, que en realidad es ayuda que perjudica a los soldados y da oxígeno a Hamás”. El ejército invasor israelí se lavó las manos y dijo que “sólo” mató 10 personas, y el resto murió aplastada por los camiones que llegaron para repartir alimento.
Al 1 de marzo, el ejército israelí mató más de 30.200 personas, 12.650 de ellos niños, y causó más de 71.400 heridos. Además, hace imposible la vida de quienes aún resisten defendiendo su tierra originaria. La Organización Mundial de la Salud reconoce más de 700 mil palestinos con enfermedades e infecciones, sin posibilidad de tratamiento médico, y un crecimiento desmesurado en casos de cáncer. Israel mata cada día a más de 200 palestinos, la mayoría mujeres y niños.
Más de dos millones de palestinos tuvieron que abandonar sus hogares y emigrar. Israel avanza ocupando territorios en la Franja de Gaza, plan que venía llevando adelante con la construcción de asentamientos ilegales ya en Cisjordania (generalmente con judíos ortodoxos de extrema derecha).
Israel cortó el suministro de luz y agua potable desde el comienzo de las agresiones hace 5 meses. El Ministerio de Sanidad de Gaza confirmó que en los últimos dos días murieron seis niños por malnutrición y deshidratación en el norte de la Franja.
El mundo no se queda quieto, y las potencias imperialistas se posicionan sobre la matanza a los palestinos que esperaban por comida.
Egipto y Jordania condenaron este jueves el ataque “inhumano” de Israel en Gaza. El Ministerio de Relaciones Exteriores egipcio dijo en un comunicado que “el ataque contra los ciudadanos pacíficos que corrían para conseguir su parte de ayuda humanitaria es un crimen vergonzoso, una violación flagrante de las disposiciones del derecho internacional y un desprecio por el valor del ser humano”.
La ONU condenó el hecho, aunque no se expidió el comité de Seguridad, donde los yanquis tienen poder de veto. China pidió un “alto el fuego” y que se garantice la entrega de ayuda humanitaria a Gaza. Entre los países árabes, Qatar y Egipto presionan para una tregua urgente.
Los yanquis siguen con su hipocresía. Si bien el presidente Joe Biden dijo que este ataque de Israel complica un acuerdo por la paz, dicen no poder “precisar” la cantidad de muertos ni la forma en que se produjeron esas muertes. Y en una manifestación de la “Voz Judía por la Paz”, cuando Biden se presentaba en un show televisivo, se produjo la detención de 50 manifestantes. Entre ellos estaba Hunter Schafer, reconocida actriz de “Euphoria” y “Los Juegos del Hambre”.
En el ámbito latinoamericano, se reunieron presidentes en la VIII Cumbre de la Comunidad de Estados Latinoamericanos y Caribeños (Celac) y acordaron buscar una conferencia de paz más amplia. El presidente de Colombia, Gustavo Petro, convocó a gobiernos progresistas para reunirse en la cumbre que se celebra en San Vicente y las Granadinas, para llevar Paz al pueblo Palestino. Estuvieron presentes los presidentes de Cuba, Honduras, Bolivia, Venezuela, México, Chile, Brasil, Belice y Barbados. Si bien en esa reunión específica de la cumbre no estuvo el presidente de Brasil Lula da Silva, es conocida su posición en contra de la invasión y masacre israelí al pueblo palestino. Lula estuvo presente en la cumbre de la CELAC. Argentina, con el gobierno del reaccionario de Milei, que apoya el genocidio israelí, no estuvo presente.
En Israel crece la oposición al gobierno de Netanyahu por el manejo de la invasión y masacre en Palestina, sin privilegiar la recuperación de los rehenes israelíes. Se está evaluando la posibilidad de ir a elecciones adelantadas. Frente a esto, Netanyahu afirma que unas elecciones anticipadas “supondría perder la guerra”.
Desde el PCR-PTP sostenemos la solidaridad con la heroica resistencia del pueblo palestino frente al ejército de ocupación israelí. Exigimos la retirada de todas las fuerzas de ocupación de los territorios palestinos, y defendemos el derecho de Palestina a su autodeterminación.
Hoy N° 2001 06/03/2024
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Hace varios días se viene publicando en varios medios, la decisión del gobierno de Milei de desfinanciar el FISU ¿Qué es el FISU? Es el Fondo de Integración Socio Urbana, creado en el 2019 y tiene como objetivo principal el financiamiento de proyectos que desarrolla la SISU (Secretaría de Integración Socio Urbana) para los 6.467 barrios populares ya registrados en el Renabap, donde habitan 6.188.975 personas (casi un 14% de la población total del país).
Financiado con el 9% del impuesto País (con un impacto muy importante del 15% del Aporte a las Grandes Fortunas logrado en 2021), estos fondos superaron ampliamente las posibilidades de los habitualmente destinados por el Ministerio de Desarrollo Social del cual dependía la SISU.
Hasta ahora, según palabras del propio designado nuevo director de la SISU Sebastián Pareja, se viene recaudando un promedio de 2 millones de dólares diarios. Es decir, más de 700 millones de dólares anuales, 700 mil millones de pesos. Por lo que gestión de la Secretaría pudo incidir en una medida muy importante en la obra pública nacional durante el período 2020-2023.
La decisión del nuevo gobierno modifica la distribución de los fondos que actualmente el FISU recauda del impuesto País, reduciendo los destinados a la urbanización popular sólo al ¡1%!
El 94% lo transfieren a un difuso ítem convenientemente denominado “infraestructuras económicas”. El 5% a “Turismo”. Siguiendo con la proyección anual, serían 658 mil millones para lo que se le ocurra a Economía, 35 mil millones para “Turismo” y sólo 7 mil millones de pesos para las obras realmente destinadas a los barrios populares.
Esto ocurre cuando la ex-SISU pasó, junto con el resto de la estructura del ex-Ministerio de Desarrollo Territorial y Hábitat a depender directamente del Ministerio de Economía comandado por Caputo.
Las obras ejecutadas fueron fundamentalmente a través de municipios, de diversas direcciones provinciales y en un 25% por cooperativas de trabajos de las organizaciones sociales, lo que permitió generar lo más cercano al trabajo genuino a una gran cantidad de los compañeros y las compañeras de esos mismos barrios.
En el año 2016 se logró construir un instrumento nacional que permitió identificar los denominados barrios populares, espacios que reúnen al menos ocho viviendas, con inseguridad en la tenencia de la tierra y sin, al menos, dos servicios básicos.
Este relevamiento fue sistematizado, en pos de construir un diagnóstico sobre la situación de acceso a servicios básicos, equipamiento urbano y condiciones de las viviendas de los sectores populares de todo el país.
El impacto en la vida de un 14% de las personas que habitan en nuestro país no es difícil de imaginar, y la distribución federal de los barrios populares da cuenta de una problemática nacional del acceso a la vivienda y a la ciudad.
Más de la mitad de los barrios no tienen agua segura para el consumo ni tendido eléctrico seguro y otro tanto veredas ni pavimento.
Las políticas de la Secretaría de Integración Socio-Urbana son parte de ese proceso que ha logrado, con el protagonismo de la Mesa Nacional de Barrios Populares, construir los consensos necesarios para avanzar en una política sostenida destinada a los más de 6 millones de habitantes de barrios populares.
Entre los aportes de la política de la SISU destacamos: su alcance masivo, el federalismo en la distribución de obras. La participación de Mesas Barriales y locales. La generación de trabajo en cooperativa y empresas con los propios habitantes de los barrios. El acceso a infraestructura básica. La mejora de viviendas enfocada en la situación de mujeres de barrios populares. El reconocimiento de trabajadores profesionales que históricamente se desarrollaron en el hábitat popular.
Cerca de 200 profesionales de distintas disciplinas asociadas al hábitat (la gran mayoría jóvenes entre 25 y 35 años) han sido partícipes directos en las Obras Tempranas y otras modalidades del Programa durante 2020-2023, como Responsables Técnicos o inspectores. Desde las áreas de proyecto y de seguimiento de la Secretaría.
Ellas y ellos han sido testigos, desde su responsabilidad profesional con los territorios, de la importancia crucial que han tenido la realización de miles y miles de metros cuadrados de veredas para “salir del barro” y llegar a la escuela.
De instalaciones intra-lotes de tanques y presurización para llegar al agua potable donde solo goteaba algunas horas del día.
De instalaciones eléctricas a nuevo para limitar al máximo los reiterados incendios con pérdida de bienes y vidas.
Y las instalaciones de centros comunitarios y playones deportivos para la recreación, el deporte y la socialización de los jóvenes.
Sin casi 1.300 obras realizadas en tres años en los miles de barrios populares, en todo el país, con enorme participación y protagonismo de diversas organizaciones sociales.
Nunca se había llegado hasta tanto en el terreno de la lucha por el hábitat popular.
La principal condición que ha permitido llegar hasta este histórico logro, ha sido la larga lucha de grandes sectores de nuestro pueblo durante décadas y décadas por el hábitat digno.
Con la resistencia a la erradicación forzosa de asentamientos desarrollada por las dictaduras militares de la década del 60 y 70, ejemplificada con la Villa 31 de Retiro.
Con las ocupaciones de los años 70 -como la histórica lucha de los vecinos del Complejo 17 en Tablada, La Matanza. Los congresos sobre el Chagas y la vivienda en Villa del Soto, Córdoba de pobladores, arquitectos y médicos junto a estudiantes del Taller Total de Córdoba.
Con las innumerables tomas de tierras, y en varios casos, urbanizaciones populares que conquistaron luego la expropiación de las mismas –en barrios como el María Elena en Laferrere, Matanza, o en el pueblo de Abasto en La Plata.
El esfuerzo de pobladores, movimientos villeros, organizaciones sociales, de la iglesia y sindicales, de profesionales e intelectuales; que hemos luchado, discutido, aprendido y proyectado juntos diversas estrategias para mejorar –y cambiar- las condiciones injustas de acceso a la ciudad y el territorio.
En esta perseverante espiral de luchas, en el período reciente se consigue la creación del Registro nacional de Barrios Populares (Renabap), sobre la base del trabajo de las organizaciones sociales en 2016; la sanción de la Ley 27.453 de Urbanización de Barrios Populares en 2018, y la financiación del FISU en 2019.
Ante las medidas recientes del desfinanciamiento, se potencian las luchas iniciadas hace ya dos meses en la SISU por los 153 despidos, la incertidumbre de la continuidad del resto de las y los trabajadores.
Se suceden asambleas, por sectores y generales, la coordinación con los sindicatos – ATE y UPCN- y las movilizaciones de gran cantidad de compañeras y compañeros a Tribunales, el 24/1, a la Secretaría de Vivienda y la participación organizada de muchas y muchos el 29/2 a Economía, acompañando la convocatoria de sectores estatales en unidad con la Mesa de Barrios Populares.
Agradecemos la colaboración de compañeras, compañeros, amigas y amigos para la producción de esta nota.
Durante la gestión anterior desde el Ministerio de Desarrollo Territorial y Hábitat se relanzó el Procrear. Un programa con diferentes líneas para acceso a la vivienda destinado a las clases medias y medias bajas.
Estaba comprendido por diferentes líneas: Crédito para la compra de vivienda en desarrollos urbanísticos. Crédito para la construcción en lote propio. Crédito para la compra de lotes con servicios. Crédito para refacción.
La línea de desarrollos urbanísticos consiste en intervenciones urbanas de diferentes escalas en ciudades de todo el país, en total son 74 desarrollos que se encontraban en ejecución al 10 de diciembre del 2023 con diferentes grados de avance. Estos 74 desarrollos suman un total de casi 17.000 viviendas distribuidas por todo el país con un criterio federal. Estas viviendas se iban a sortear entre las personas que se inscribían, con diferentes segmentos de subsidio al valor de acuerdo con el ingreso familiar, a mayor ingreso menos subsidio, siendo el requisito mínimo el de 2 salarios mínimos vital y Móvil (SMVM).
Esto hacía que esta modalidad fuera la única opción de poder acceder a una vivienda para los sectores de clase media y media baja.
A partir del 10 de diciembre del 2023 lo que era el Ministerio de Desarrollo Territorial y Hábitat pasó a ser la Secretaría de Desarrollo Territorial, vivienda y hábitat siendo el único funcionario designado Héctor Lostri, sin estructura organizativa ni funcionarios designados la Secretaría se encuentra paralizada.
Desde ese momento se dejó de pagar certificados adeudados a las empresas y no se da ninguna instrucción para proseguir las obras, lo que lleva a las empresas a reducir el personal al mínimo, quedando una o dos personas de seguridad y paralizado totalmente las tareas.
Se calcula que por la paralización de estas 17.000 viviendas se han perdido 25.000 puestos de trabajo directos y otros tantos indirectos, además del impacto que produce en los pequeños comercios de barrio la paralización de estas obras. Pensemos que una obra de 300 viviendas podía tener más de 300 operarios trabajando, impactando positivamente en los comercios de barrio de pequeñas localidades.
La reciente noticia del cierre temporario de Acindar dimensiona hasta donde están llegando las tremendas consecuencias que está provocando aceleradamente la política anarcocapitalista en todos los ámbitos relacionados con la industria de la construcción (la llamada “madre de industrias”, por los efectos multiplicadores que tiene).
Corresponsal
Hoy N° 2001 06/03/2024
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El presidente Milei en la apertura de sesiones legislativas, en una escenificación nunca vista, sin palabras concretas para la grave situación que su política de ajuste, hambre y entrega nacional empuja en nuestra patria, entre varias amenazas anunció el cierre de la Agencia de Noticias estatal, Télam.
El lunes 4 el edificio de Télam apareció vallado y con un gran despliegue de la policía federal que impidió el acceso a los 700 empleados “licenciados” por una semana, con goce de sueldo. También bajaron la página de la agencia de Internet.
Las y los trabajadores, el Sipreba, las tres centrales sindicales y un conjunto de organizaciones sociales y políticas, entre ellas el PTP-PCR y la CCC, protagonizaron un abrazo a Télam el lunes al mediodía.
El supuesto ataque de Milei a la casta es contra el pueblo, y encubre que en 80 días hundió a millones de argentinos en la pobreza y el hambre y que este plan no cierra sin represión y sin tapar, desinformar y ocultar esta descarga brutal de la crisis sobre el pueblo.
En Télam, gracias a sus trabajadores, no había peligro de que pase sin ruido el famoso “no la ven” de este gobierno pro oligárquico y pro imperialista, que ni siquiera nombró a Malvinas en su discurso del pasado 1° de marzo.
Por esto el Partido Comunista Revolucionario y el Partido del Trabajo y del Pueblo en Unión por la Patria, llaman a rodear y defender Télam, la Agencia Nacional de Noticias de todos los argentinos. Y también a Radio Nacional y la Televisión Pública, a los que este gobierno pretende privatizar.
Hoy N° 2001 06/03/2024
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El lunes 4 de marzo, la Federación Nacional Campesina junto a distintas organizaciones de pequeños productores, de la agricultura familiar, cooperativas de las economías regionales, trabajadores y trabajadoras de la Agricultura Familiar convocaron a una jornada nacional de lucha, con verdurazos, movilizaciones, actos en las oficinas del Instituto Nacional de la Agricultura Familiar, Campesina e Indígena (Inafci) y una concentración en las puertas de la Secretaría de Agricultura en la Ciudad de Buenos Aires.
Como plantea la FNC en su convocatoria: “Esto se da en el marco de un agravamiento enorme de las condiciones sociales, económicas y productivas que vive el sector producto de la política económica que aplica el gobierno de Milei. La situación era grave al 10 de diciembre, pero en los últimos meses con la devaluación, aumento de insumos, combustibles, tarifas y arrendamientos, los bajos precios de nuestra producción, entre otras llevan a la ruina y desaparición a miles y miles de pequeños productores. Impactando gravemente en la desocupación y en la oferta de alimentos que producimos y que tanto necesita el pueblo.
Como venimos sosteniendo ¡En Argentina plata hay! Pero el gobierno de Milei ajusta a los trabajadores, campesinos y al pueblo y destina esa plata al pago de la estafa de la deuda al FMI y en seguir beneficiando a un puñado de terratenientes y grandes monopolios.
Por todo exigimos:
• Defensa de los y las trabajadoras de la Agricultura Familiar.
Hoy N° 2001 06/03/2024
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El gobierno nacional, presidido por Javier Milei y Victoria Villarruel, en poco más de dos meses ha profundizado enormemente los sufrimientos del pueblo argentino.
En el caso específico de la educación pública ha decidido dejar de girar las partidas presupuestarias para Educación a cada provincia: el Fondo Nacional de Incentivo Docente (Fonid), Conectividad, Fondo Compensador Salarial y demás partidas educativas (programas pedagógicos, comedores escolares y copa de leche, Progresar, Conectar Igualdad y de infraestructura escolar). También elimina el plan de mejoras institucionales de escuelas técnicas y las líneas presupuestarias que son fundamentales para su funcionamiento. Y se niega a convocar la Paritaria Nacional Docente.
Éstas son las causas que explican el paro nacional de Ctera, del 26 de febrero, fecha en que comenzaron el ciclo lectivo 10 jurisdicciones educativas.
La contundencia del llamado al paro nacional docente por todas las centrales, llevó al gobierno nacional a convocar a los gremios a una reunión, sin que ésta tenga el carácter de la paritaria nacional reclamada. Ctera decide sostenerlo a pesar de dicha convocatoria.
Aun así, a esa reunión el gobierno nacional fue sin ninguna respuesta a las demandas docentes de fondos para educación.
Ante esta situación, los sindicatos nacionales docentes nucleados en la CGT, convocan a un paro nacional el 4 de marzo.
Consideramos que siendo los mismos reclamos los que dieron origen al paro nacional de Ctera del lunes 26, hacemos un llamado a todos los otros gremios nacionales y provinciales a confluir en el paro del 4 y en todas las medidas que surjan en adelante (8 y 24 de marzo y 2 de abril, en camino a una gran Marcha Federal junto a los gremios universitarios) y a hacer los máximos esfuerzos para fortalecer la unidad para enfrentar las políticas de ajuste y entrega de este gobierno reaccionario y fascista.
Hoy N° 2001 06/03/2024
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Se unieron en el reclamo trabajadores de la SISU (Secretaría de Integración Socio Urbana), cooperativistas de la CCC y otras organizaciones de la UTEP, así como unidades ejecutoras de municipios del conurbano, y las y los trabajadores del Renabap.
El gobierno de Milei redujo al 1% los recursos del Fondo de Integración Socio Urbana (FISU), modificando el porcentaje que recibía del Impuesto País. Con estos fondos, y otros provenientes de acuerdos con el Banco Interamericano de Desarrollo, a través de la SISU se venían haciendo una serie de obras, como el programa “Mi pieza” y otros.
Tras la jornada, conversamos con el compañero Héctor Osorio, dirigente de la CCC y el PCR de La Matanza, integrante de la Secretaría de Integración Socio Urbana, quien nos decía: “Confluimos con la UTEP y la Mesa Nacional de Barrios Populares en una jornada donde íbamos a plantearle al ministro de Economía Caputo por qué el desfinanciamiento del FISU, y que eso castiga directamente a los barrios populares más marginados y carenciados. Nosotros tenemos distintos proyectos en ejecución, y otros elaborados para el futuro. Hacer que las obras se paren aumenta la desocupación y pega en todos los comercios de los barrios. Porque la mayoría de las y los compañeros de las cooperativas son de los barrios populares y gastan el dinero de su salario allí. Todavía existe en esos barrios lo que antes llamábamos “la libreta del carnicero”, donde el comerciante te anota y vos pagás cuando cobrás.
“Confluimos con la UTEP, además, porque con este recorte quedan sin trabajo más de 28 mil cooperativistas que estaban trabajando en estas obras. Con la plata que hay no les alcanza ni para seis meses, ni para terminar las obras. Hay cerca de 1100 obras en ejecución, desde veredas, conexiones internas de agua, asfalto, luminarias, cordón cuneta, construcción de centros deportivos, etc.
“La jornada fue muy exitosa, por la masividad que tuvo. Entregamos un petitorio en Mesa de Entradas y pedimos una reunión como Mesa de Barrios Populares, y nos dijeron que contestaban en 20 días.
“Hay que tener en cuenta que este gobierno, ni bien asumió, despidió 160 compañeros de los 600 empleados de la Secretaría. A los pocos días se dieron la cabeza contra la pared, porque vieron que la estructura de la Secretaría era muy firme, y habían despedido a gente clave en el funcionamiento, como los que controlaban los acuerdos con las universidades. Eso nos sirvió para la pelea por la reincorporación, en la que veníamos avanzando, hasta que vino este parate de ahora. Acordaron reincorporarlos como nuevas contrataciones, pero ahora quedó todo en el aire. Los funcionarios dicen que van a pelear cubrir lo que le sacan del impuesto País, con otros fondos, como los que destinarían a infraestructura
“Nosotros damos la pelea para que se revea el decreto que desfinanció la SISU. Es la única manera de tener garantías de fondos para las obras.
“Luego de la jornada, acordamos darle continuidad con asambleas en los barrios, conjuntas entre los vecinos y los cooperativistas de las obras, para ver cómo avanzar en el reclamo desde los barrios. Sobre esa base vamos a reunirnos con la Mesa de Barrios Populares, para discutir nuevas jornadas.
“Porque sabemos que este gobierno le quiere poner el pie en la cabeza a las organizaciones sociales. Si lo hacen con los gobernadores, con nosotros mucho más. Por eso vamos a seguir la lucha en unidad”.
Hoy N° 2001 06/03/2024
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El corresponsal de la Zona Sur del Gran Buenos Aires informaba que “El lunes 26/2 nos reunimos las 16 cooperativas del municipio de Almirante Brown con el intendente Mariano Cascallares, la secretaria de infraestructura Gabriela Fernández y el responsable del programa Alejandro Torres. sin novedades por parte de la empresa AySA en relación de los pagos y a la continuidad del programa. Ante la negativa de la empresa de dar respuesta a los intendentes y las cooperativas, decidimos movilizar el jueves 29 /2 y convocar a las otras cooperativas de los otros distritos. Desde la CCC planteamos en la mesa del Conurbano y Capital lo que habíamos decidido en Almirante Brown, y allí acordaron sumarse las cooperativas de Matanza y Quilmes, convocando para las 11.30 del 29/2 en la sede de AySA.
“Ante la negativa de la policía para poder viajar en subte las cooperativas de Alte. Brown, Varela, y 3 de Febrero decidimos marchar hacia la empresa por la calle Yrigoyen dejando un carril para tránsito vehicular. Así llegamos a la sede de AYSA dónde confluimos con los compañeros de las cooperativas de Matanza y Quilmes”.
Nos decía el compañero Jorge Mazzina, presidente de la Federación de Cooperativas René Salamanca, de la CCC, que “La protesta se dio en el marco de la paralización de las obras públicas dispuesta por el gobierno de Milei. Ya veníamos con atrasos de los fondos, incluso antes del cambio de gobierno, porque decían que no sabían qué iba a pasar con las obras.
“En la jornada confluyeron cooperativas de distintas organizaciones y unidades ejecutoras de municipios del conurbano, ante la falta de pago y el peligro de la continuidad de las obras de redes de agua potable y cloacas. De la Federación de Cooperativas René Salamanca CCC participamos cooperativas de la Zona Sur, de Quilmes, de Matanza y de la Zona Norte.
“Nos concentramos frente a las oficinas de Aysa, pidiendo una reunión. Nos recibió uno de los responsables del programa, Rodolfo Rojas, un funcionario de carrera al que conocemos desde hace más de 20 años. Porque nosotros venimos haciendo estos trabajos con cooperativas desde antes que fuera Aysa, hacia el 2003, 2004. Rojas recibió a una delegación de las diferentes organizaciones. Les planteamos las problemáticas de las cooperativas. A algunas, como las nuestras, se les debe el pago desde diciembre. A otras les deben dos meses.
“Pese a esto, desde nuestra Federación pudo pagar a los compañeros con fondos propios, pero Aysa nos debe. Hay una situación en la empresa porque el presidente designado por Milei renunció, y entonces te dicen que no hay quién firme los desembolsos. Tengamos en cuenta que estos fondos dependen en un 70% del Tesoro, y en un 30% del Banco Mundial. Los funcionarios plantean que no hay quién firme ni siquiera los fondos que vienen de los acuerdos con el Banco Mundial.
“Planteamos la angustia de las compañeras y compañeros a los que se les deben entre dos y cuatro meses de sueldo, y que no saben si seguir en la cooperativa o no, porque no está garantizada la continuidad del trabajo. Rojas pidió 15 días “para ver qué pasa”, pero sin poder asegurar si se iba a cobrar o no.
“Hay debate entre las cooperativas y las organizaciones de cómo seguir, porque hay realidades distintas y complejas, pero se coincidió que la jornada de lucha había sido muy buena y unitaria. Vamos a una reunión en los próximos días, y nosotros planteamos movilizar al Ministerio de Economía para exigir la continuidad de las obras y los pagos atrasados, porque es ahí donde se decide si pagan o no.
“La situación es muy delicada, para las cooperativas y las compañeras y compañeros. Porque mientras no pagan los sueldos, la inflación crece todos los días y los compañeros se llenan de deudas”.
A la salida de la reunión con los funcionarios se hizo una asamblea, en la que los dirigentes de las distintas organizaciones ratificaron el compromiso de no esperar dicho plazo de brazos cruzados, y que íbamos a profundizar el plan de lucha.
El compañero Mazzina planteó finalmente que “Está demostrado, en estos 20 años, que este sistema de trabajo en cooperativas es muy superior en algunos casos al de las empresas privadas, con resultados de mejor calidad. Además, le damos trabajo a muchísima gente más que una empresa privada. Por lo tanto, ¿Cuál es el motivo de cortar estos programas, que se mantuvieron incluso durante el gobierno de Macri?
Es porque este gobierno, como ha dicho Milei, quiere cortar todas las obras públicas, y además en nuestro caso, atacar a los desocupados y precarizados. Esto lo vemos con la resolución de sacar los planes Potenciar Trabajo, porque no les interesa capacitar y menos que las y los compañeros se inserten en la producción. Porque nuestras compañeras y compañeros, en estas cooperativas, se han capacitado, se han perfeccionado, hicieron trabajos importantes, se han ganado su salario trabajando en el tendido de redes de agua potable, y superiores como las cloacas en muchos barrios, mejorando la calidad de vida de los vecinos. Por eso cortar estos programas desnuda la esencia de lo que es este gobierno”.
Hoy N° 2001 06/03/2024
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La empresa Topper (exAlpargatas), que se encuentra en Aguilares, la semana pasada los contratos de alrededor de 80 trabajadores. Primero fueron 23 y luego otros 45 En general, tenían contratos de 6 meses. Cortaron por el hilo más delgado.
El CEO de la firma había comunicado ayer al gremio que hubo una baja de ventas pronunciada y que la empresa adoptaría la decisión como último recurso.
La empresa pertenece al conglomerado Camargo Correa. Comercializa en todo Sudamérica, pero principalmente en Argentina, Brasil, Paraguay y Uruguay.
Favorecido en los últimos años por las políticas del gobierno de Fernández creció la producción de Alpargatas y volvió a tomar mano de obra, ya que entre 2015 y 2019 se vivió una ola de despidos.
La firma arrancó con 500 empleados en 2019 y hasta ahora esa cifra había ascendido a 1067. Además de Aguilares, el cese afectó a jóvenes de Santa Ana, Juan Bautista Alberdi, Aguilares y Trinidad.
El sindicato “acompañó” a los despedidos a firmar su despido sin proponer ninguna salida o ayuda.
Charlamos con un despedido de Topper que nos dijo: “las familias están desconsoladas ante el estado de las cosas y justo en el inicio de las clases pierden sus sustento”.
En la era de Milei, con un ajuste salvaje, los de más de abajo terminan pagando la fiesta de los más poderosos.
También nos contaba que: “los despedidos ahora tienen que ir a buscar laburo en las pymes que laburan para Topper y le pagan dos mangos, en trabajos muy precarizados”. El modelo laboral que permite explotar hasta lo último que puede dar una persona.
Ante este resultado de la gravísima situación que provoca la política de ajuste y entrega del gobierno de Milei, con el impacto en una de las regiones más importantes de Tucumán solo cabe la respuesta del pueblo, en la solidaridad con los despedidos, en organizarse y luchar para derrotar los planes del gobierno.
Corresponsal
Hoy N° 2001 06/03/2024
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Silvio, a quien entrevistamos el 28 de febrero, comenzó contándonos que la Interna había tenido hacía pocas horas una reunión con directivos de la empresa (la siderúrgica más grande del mundo de capitales indios e ingleses), en la que ratificaron lo que habían salido a decir primero por los medios, que la planta se paralizaría totalmente entre el 18 de marzo y el 14 de abril.
Remarca Acosta que “es significativo que la empresa haya salido por todos los medios, como nunca antes, sin hablar primero con nosotros, los trabajadores. Hay una realidad, que es la caída de casi un 40% de la producción, particularmente lo que está ligado al mercado interno, en primer lugar, lo destinado a la obra pública, y también los productos que se venden en el mercado.
“Nosotros hacemos acero para la construcción, y aceros especiales, que sirven desde las barras para los pozos petroleros, el trefilado, los alambres super finos para los neumáticos, hierros para amortiguadores, alambre para el campo, etc. Lo que produce Acindar es un reflejo de la economía diaria, de la construcción, de la obra pública, etc. Con la situación económica que hay, ¿quién va a comprar un fierro para hacer una casa, o una reja?
“La caída principal es en la obra pública, que este gobierno frenó. Otra preocupación que plantea la empresa es que se liberen las barreras arancelarias, porque esto permitiría que entre el acero chino y el acero turco, que son los principales competidores del acero que se hace en Acindar.
“La empresa ya venía en un achique de la producción, que nosotros veníamos viendo. Ahora paran toda la fábrica, pero veníamos de que un sector paraba una semana, otro día. Paraban una hora, dos, seis horas. Ya en enero veíamos que los directivos no se calentaban si no se llegaba a la producción. La planta tiene un promedio de producción anual de un millón doscientas mil toneladas (1.300.000). Y para este año tienen programadas setecientas veinte mil (720.000) toneladas”.
“Nosotros estamos discutiendo entre los trabajadores dos cuestiones, dice Acosta. Por un lado, la situación real de la economía, y la situación de los compañeros. Nosotros a la empresa le planteamos que reconocemos que hay una caída de la producción, pero que se hagan cargo ellos. Porque siempre pagamos el ajuste los trabajadores. Le empresa ya desvinculó 100 compañeros contratados en enero. Habían entrado algunos en la pandemia, y cubrían vacaciones o ausencias. Nosotros los sostuvimos este tiempo dentro de la empresa, pero ahora les terminaron el contrato.
“También venimos sufriendo el achique de las turnicidades. Pasamos de cuatro turnos a tres. Esto es un golpe al bolsillo, porque la bajada de turnos implica el fin de los adicionales que tenemos, de 150 o 170 mil pesos más, por turnicidad. Bajar de cuatro a tres turnos significa que les “sobra” un turno entero de compañeros.
“Por eso le planteamos a la empresa que se hagan cargo de esta situación. No queremos discutir suspensiones, ni días compensatorios. Le hemos dicho que durante ese mes la gente venga a la fábrica, que se hagan cursos, capacitaciones, mantenimiento, limpieza, etc. Si alguno quiere tomarse algunos días, que lo pueda hacer, pero no por obligación.
“Nos han dicho que esta situación podría repetirse a mitad de año, o en mayo, porque no se ve que remonte la producción. Le hemos dicho que en ese momento discutiremos en concreto. Pero ahora que se haga cargo la empresa, porque no está en una mala situación financiera como para bancar. Estamos en medio de reuniones para discutir esto”.
Silvio plantea también que esta situación en Acindar se da en medio de la discusión paritaria para el sector siderúrgico dentro de la UOM. “Situación compleja, porque por una parte hay una caída de la producción real, que Acindar aprovechará para intentar negociar algo, pero no es igual para todas las empresas. Techint, por ejemplo, la empresa de Paolo Rocca, está produciendo a full, principalmente con los caños para el gasoducto.
“Paolo Rocca ahora está de los dos lados del mostrador en la paritaria. Como empresa lleva su abogado a la negociación, y al mismo tiempo está en la Secretaría de Trabajo. Y Rocca es el principal vocero de la postura de ‘no vamos a acompañar la inflación. Ofrecemos 15%, y si la inflación da 30%, lo sentimos’. Y ahí está trabada la paritaria.
Nosotros, y desde el gremio, se viene con el planteo de que los aumentos salariares acompañen la inflación. Internamente, en Acindar, hemos conseguido aumentos, porque hicimos distintas medidas de fuerza”.
Sobre el estado de ánimo de los compañeros, Acosta nos cuenta que “hay una parte que se asustó, que dice se viene fea la cosa, otra parte dice ‘nosotros lo votamos pero no para esto’, y tenés otra parte, mínima, que dice ‘bueno… esto es una jugadita de la empresa para presionar al gobierno. La gran mayoría, preocupada por lo que está pasando, y con incertidumbre por el panorama que se abre.
“Nosotros veníamos advirtiendo, ya en la campaña electoral. Sacamos un volante en el que planteamos que si ganaba Milei iba a cortar la obra pública.
“Ahora estamos discutiendo con los compañeros, porque estamos en la encrucijada de la paritaria, con la situación interna en la planta. Reconocemos la caída en la producción, y ubicamos que el problema es la política del gobierno, que viene para desindustrializar.
“Porque esto afecta a Acindar, y a más de 50 talleres que hay en Villa Constitución, que no tienen la misma espalda que Acindar. Con esta medida se paran también los camioneros que trasladan la chatarra, es una cadena.
“Por eso planteamos con claridad que tenemos que enfrentar este modelo agroexportador, que nos quiere explotados al máximo, y nosotros planteamos un modelo productivo nacional, donde se discuta para qué y para quién se produce en el país”.
Hoy N° 2001 06/03/2024
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Lo primero que nos dice el compañero Alderete es que “Es falso que las organizaciones somos intermediarios para las y los compañeros que cobran el Potenciar Trabajo. Es una idea que quieren meter hace años. La realidad es que las altas las daba el Ministerio de Desarrollo Social, ahora las da el Ministerio de Capital Humano. ahora dentro de Capital Humano, y cada beneficiario tiene una tarjeta en la que se le deposita el dinero.
“Nuestra organización social, entiendo que las demás también, lo único que hacen es controlar el presentismo diario de los trabajadores que reciben el plan, porque los que reciben un programa social realizan alguna contraprestación o trabajan en un comedor o una cooperativa textil. Hacen, por ejemplo, guardapolvos para las escuelas, delantales para los hospitales o barbijos para el sistema público, como se hizo durante la pandemia. Muy de vez en cuando venía a controlar algún funcionario del Ministerio. El control de asistencia lo hacemos porque nosotros peleamos, que la gente trabaje. El control debería hacerlo el Estado, pero la realidad es que no lo hace”.
En particular sobre el cambio del plan Potenciar Trabajo, afirma Juan Carlos que “hay que recordar que el pase del Ministerio de Desarrollo Social al Ministerio de Trabajo ya estaba pautado y programado con Massa, cuando él era ministro de Economía. Originalmente los Planes Trabajar eran un programa del Ministerio de Trabajo, no es nuevo, lo venían planificando de antes.
“Nos preocupa que ni la ministra Pettovello ni nadie dicen cómo van a implementar este cambio en los planes. Estos cambios no sabemos cómo se van a implementar, no sabemos nada sobre cómo sería el nuevo sistema ¿Por qué no dan precisiones? ¿Por qué lo hacen la espalda de las organizaciones que nuclean a esos trabajadores? La historia ha demostrado que siempre que hacen algo a espalda de las organizaciones democráticas de trabajadores, es para implementar medidas en su contra.
Van a dividir por edades, de 18 a 50 años, y otro para mayores de 50 y madres de cuatro hijos o más. Pero lo que no dicen es que están destruyendo fuentes de trabajo todos los días. Por lo tanto, ¿a dónde van a ir a trabajar esas compañeras y compañeros? ¿Dónde va a ser su inserción laboral? Son inventos que hacen circular para ir reduciendo los planes sociales.
Alderete asegura que Milei no tiene un plan de gobierno, un plan político: “es un plan de negocios, que tiene nombre y apellido. Por algo la principal casta empresarial de la Argentina está instalada en el gobierno. Ocupan cargos muy importantes, y les importan los negocios más que la gente.
“Están avanzando con ese plan sobre la base de la destrucción de los salarios, y en particular con relación a los desocupados y a los precarizados, no sólo congelan los montos del Potenciar Trabajo, sino que los desenganchan del salario mínimo, vital y móvil.
“Vamos a un ejército de desocupados como nunca había vivido nuestro país. Ya entramos en recesión, esto va a ser más fuerte todavía. La cantidad de desocupados que va a haber lamentablemente va a ser inmensa, muy grande”.
Sobre el plan de lucha de la CCC y el conjunto de los movimientos populares que se viene desarrollando para enfrentar estos planes, asegura Juan Carlos que “Llegado el momento tendremos que plantear algunos planes de lucha que sean más duros, e instalarnos. No va a ser fácil, va a haber confrontaciones. El segundo de la ministra Bullrich, renunció porque tenía relaciones con los gobernadores, pero no sólo eso, sabemos también que lo hizo porque no está de acuerdo con que haya grandes represiones en nuestro país. No se quiere hacer cargo de eso. Nosotros tenemos que prepararnos y preparar al conjunto de las compañeras y compañeros”.
Finalmente, Alderete reafirma que “la situación en los comedores y las copas de leche es tremenda, gravísima. Todos los días en muchos comedores tenemos que poner ‘No tenemos alimentos’, ‘No se va a cocinar en el día de hoy’. Los comedores que están funcionando no alcanzan a cubrir la demanda. Los compañeros hacen fila para retirar la vianda o comer en el comedor y no alcanza. La verdad que las compañeras y compañeros que sostienen los comedores hacen magia para cocinar y buscar de qué manera hacer que se lleven algo en el estómago ese adolescente, ese chico, ese abuelo.
Por eso, para seguir enfrentando a este gobierno, que tiene detrás de él sectores muy poderosos y se creen dueños y señores de nuestro país, hay que juntarse con todos, en unidad”.
Hoy N° 2001 06/03/2024
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Ante la ola ofensiva contra las libertades, los derechos humanos y la negación al genocidio de Estado del Golpe de 1976, recordar a nuestro dirigente clasista y revolucionario, René Salamanca cobra más vigencia que nunca.
Hablaron Gerardo Luna por la Comisión Homenaje, Ramón Rodríguez, coordinador de la CCC, Atilio López (hijo), Hilda Bustos, secretaria general de la CGT Córdoba, Jorge Folloni, secretario de Ambiente de la municipalidad, y Arnoldo Gómez, del Comité Central del PCR.
“Traigo el saludo y el reconocimiento del intendente Daniel Passerini y las gracias a ustedes por hacernos partícipes de este acto en honor de un gran luchador como es René Salamanca, creemos que Córdoba somos un ejemplo y ustedes son un ejemplo de la lucha por la memoria, la verdad y la justicia y haber tenido la posibilidad de poner en valor esta plaza para el municipio es muy importante”, fueron las palabras de Jorge Folloni, quien habló en representación de la municipalidad.
Ilda Bustos, secretaria general de la CGT de Córdoba: “para el movimiento obrero hay una referencia muy clara en esta dirigencia sindical, son la referencia obligada para hoy. Esta necesidad de traerlos al presente tiene que ver con esa acción de unidad que tuvieron pero también con conductas, con principios, con compromisos y con convicciones. René Salamanca aparte de tener un valor como dirigente increíble, como relató el compañero Luna, que tiene que ver con el respeto a la decisión de las bases, con el ejercicio de la verdadera democracia sindical, sino también con una claridad política. Tuvo la claridad política de definir lo que iba a venir, el mismo 24 de marzo fue quien sufrió las primeras consecuencias de lo que significaba este golpe de Estado de 1976, esa claridad política que lo acompañó toda su corta vida, nos dejó esta necesidad de llevar a la práctica el ejercicio de esa acción que tenemos que reivindicar todos los días”.
Arnoldo Gómez cerró el acto planteando “¿qué tenían en común Otto Vargas, César Gody Álvarez, Atilio López, Agustín Tosco y René Salamanca, que pensaban distinto, pero tenían en común la indignación que hubieran sentido hoy si veían en la jornada la olla que hizo la CCC en Villa Libertador, ver la lista y la cola de vecinos que venían a buscar su comida diaria tienen que hacer rebelar a cualquier argentino con dignidad. Tenían esta indignación por cambiar la situación de su pueblo y por rebelarse frente a esto. Esto es lo principal que debemos heredar de ellos, es la rebelión que ya apareció acá con el paro del 24, porque no va a ser contemplando que vamos a enfrentar esto sino poniéndonos de pie, enfrentando cada una de las medidas que está tomando este gobierno”.
“Milei quita los fondos para cualquiera de las necesidades populares que hoy hay, dice no hay plata ¿cómo que no hay plata? En menos de dos meses el Banco Central lleva juntados 8.000 millones de dólares, de dónde salieron, ¿sino de lo que producimos los argentinos? Y eso que el banco compró emitiendo billetes y que pagan los intereses de la Leliq, es la plata que han sacado de nuestros bolsillos, es la plata que retacean a las provincias. Hay otro camino, es para el que tenemos que generar las condiciones del cambio que hay que producir: el camino es el inverso, esos millones de dólares que se están juntando para pagarle al FMI hay que cesar el pago que está desangrando la Argentina, y los pesos que se están usando para pagar la usura financieras tienen que ir a la producción, al consumo, a los salarios. Están aniquilando nuestra producción día a día y van a hacer necesaria cada día más que el pueblo se una para oponerse a esto”.
Enviaron adhesiones la diputada nacional Gabriela Estévez, el legislador provincial Federico Alessandri, Mariana Mandakovic de la CTA, la Corriente de estatales René Salamanca y Malvina Tosco.
Para cerrar el acto se descubrió la nueva placa conmemorativa, en la plaza que lleva su nombre, junto a la Comisión Permanente de Homenaje a René Salamanca.
Corresponsal
Hoy N° 2001 06/03/2024
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En marzo, las jubilaciones y pensiones tendrán una suba de 27,18%, que surge de aplicar la fórmula de movilidad vigente (actualiza los haberes cada tres meses). Suman un bono de $70.000 (antes de $55.000) quienes cobran la mínima, que en total pasará a ser de $204.445 (los haberes inferiores a este monto reciben un bono proporcional hasta alcanzarlo).
Adicionalmente, los que cobran la mínima, accedieron sin moratoria y tienen más de 30 años de aportes reciben un plus de $31.851, llevando el haber a $236.296. El haber medio, que es apenas superior al mínimo, sería de alrededor de $225.000, lo cual evidencia el achatamiento de la pirámide de ingresos del sector.
Así, las jubilaciones y pensiones, que venían congeladas nominalmente desde diciembre, nuevamente reciben un aumento miserable, quedando otra vez muy por detrás de la inflación. Considerando un escenario de aumento de precios del 15% tanto en febrero como en marzo (sumado al 51% acumulado en los dos meses previos), la jubilación mínima con bono caerá 18% y los haberes no alcanzados por bonos bajarán 23% en términos reales -descontada la inflación- en sólo cuatro meses de gestión de Milei.
El gobierno de Milei consolida así un brutal recorte sobre las prestaciones previsionales, que al momento de su asunción ya llevaban seis años de caída sostenida. En ese lapso, un primer gran hachazo ocurrió durante la gestión macrista. El cambio de fórmula, que empezó a regir en marzo de 2018, contemplaba una actualización trimestral por un promedio ponderado de la inflación (70%) y del índice salarial RIPTE (30%), ambos con rezago de seis meses.
Al empalmar con la fórmula previa (que era semestral), la nueva ley de movilidad empezó “comiéndole” un trimestre a los haberes. Luego, la aceleración de precios de 2018-2019 generó una gigantesca licuación de los mismos (por el rezago con que incorporaba la inflación y la variación salarial), junto a la ausencia de bonos compensatorios.
En 2020, con los precios desacelerando, tocaban actualizaciones de los haberes ligadas a la mayor inflación previa, que implicaban transitoriamente incrementos en términos reales. Pero Alberto Fernández, ni bien asumido, para evitar esa situación y poder continuar con la licuación inflacionaria de las prestaciones previsionales, suspendió la fórmula y estableció subas por decreto ese año, muy por debajo de lo que hubiera correspondido por ley para los haberes situados por encima de la mínima.
A partir de marzo de 2021 comenzó a regir la ley actual, que desenganchó las jubilaciones de la inflación y pasó a actualizarlas por un promedio simple del índice salarial (Ripte o de Indec) y la recaudación tributaria destinada a Anses, también rezagados; en diciembre actúan como tope los recursos totales de Anses, optándose por la variante que arroje el menor aumento. En un marco de inflación creciente, los haberes reales siguieron mostrando un rápido deterioro real, mucho más vertiginoso en el caso de aquellos no beneficiados con bonos.
Así, en los últimos seis años, la evolución de las jubilaciones fue catastrófica. En enero de 2024 -para contemplar el último dato de inflación oficial-, respecto de igual mes de 2018, el poder adquisitivo del haber mínimo (con bono) se redujo 34%, mientras que para los haberes ajustados únicamente por movilidad disminuyó 59%.
En medio de la motosierra y la licuadora generalizada sobre los sectores populares, los jubilados y pensionados se llevan nuevamente la peor parte del ajuste. Comparando en forma interanual, el gasto real en jubilaciones y pensiones (base caja) cayó 23,9% en diciembre y 38,1% en enero, convirtiéndose en la principal variable de ajuste. Este último mes, por primera vez, el gasto en intereses llegó a ser similar.
Milei y Caputo festejaron el superávit fiscal, tanto primario como financiero (antes y después del pago de intereses) de enero. En medio del recorte generalizado del gasto social, aquel fue logrado principalmente a costa de las prestaciones previsionales, que explicaron casi el 40% de la caída real del gasto total ese mes.
De ese modo, en enero la jubilación mínima con bono cayó 25% y los haberes ajustados solamente por movilidad disminuyeron 41% en la comparación interanual, siempre medidos en términos reales. Para marzo, puede estimarse que dichas caídas llegarán al 32% y 44% interanual respectivamente.
Milei, con la brutalidad que lo caracteriza, dijo que “todos los argentinos se empobrecieron” y justificó el brutal ajuste que está implementando sobre los jubilados porque “es el segmento etario que menos pobres tiene en la Argentina”. Por las dudas, aclaró que también estaba ajustando “a los más chicos”, donde reconoció que la pobreza alcanza a los dos tercios. Nuevamente, de la supuesta motosierra que prometía sobre la casta, ni noticias.
En su discurso en la apertura de sesiones ordinarias, Milei atacó a los millones de jubilados y jubiladas que lo hicieron con moratoria, como si no hubieran trabajado la inmensa mayoría en el sector informal, y dejó la puerta abierta para volver al sistema de jubilaciones privadas que impuso el menemismo. La casta, agradecida.
Escribe Ramiro Suárez
Hoy N° 2001 06/03/2024
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El viernes 1 de marzo, Milei llegó al Congreso, al que había calificado de “nido de ratas”, rodeado de un inmenso operativo de seguridad con miles de efectivos. Dentro del Congreso no habló de las ratas. Montó una cuidadosa filmación del recinto donde solo se enfocaba a los legisladores oficialistas y a los “aplaudidores” especialmente seleccionados.
En su discurso planteó su plan estratégico, reiterando el programa del sector más reaccionario y fascista de las clases dominantes. Muchos de esos puntos ya habían sido impulsados durante la dictadura videlista, el menemismo y el macrismo. Como de costumbre volvió a mentir con las cifras de la inflación, atacó a las y los millones de personas que se jubilaron con una moratoria (porque trabajaron en negro toda su vida), y volvió a abrir la puerta a la privatización de las jubilaciones.
En su odio a los sindicatos y a las organizaciones populares, Milei volvió con el viejo proyecto oligárquico de reformar las elecciones sindicales, limitando los mandatos de sus dirigentes. Jamás se le ocurriría plantear que, en el Jockey Club, la AEA o la Sociedad Rural se hiciera lo mismo.
El presidente anunció el cierre de la agencia oficial Télam, cuyos trabajadores se movilizaron el lunes 4 “para defender a la Agencia Nacional de Noticias y Publicidad y a quienes trabajan en ella”.
No dedicó ni una palabra a la situación de los afectados por su política. No habló de la falta de alimentos en los comedores, de la pérdida salarial de los trabajadores, ni del sablazo a las jubilaciones y pensiones. Tampoco de los brutales aumentos de los servicios, los transportes, los combustibles. Con total hipocresía dijo que gracias a su política bajaron los alquileres. Se limitó a pedir “paciencia y confianza”, ni habló de la producción, la industria, el comercio ni nada que tenga que ver con la vida concreta de las y los millones que habitan este suelo.
Su plan es para una Argentina a la que le sobran 20 millones de personas como mínimo. Castiga brutalmente al pueblo con la inflación, el ajuste y la entrega. No le alcanza con los aplaudidores del Congreso.
Sobre el final del discurso Milei le abrió las puertas a aquellos gobernadores que se le subordinen para aplicar ese plan que se grafica en los 10 puntos que llamó pretenciosamente “Pacto de Mayo” (ver recuadro). Claro que para que les gire a las provincias lo que por ley les corresponde, esos gobernadores tienen que ceder a la extorsión de garantizar previamente la aprobación de la Ley Ómnibus y la vigencia del DNU. Pretende forzar así, en complicidad con el macrismo, una mayoría en el Congreso y también apoyo en la Justicia para aplicar ese plan.
Por las dudas, Milei afirmó en una entrevista al medio británico Financial Times , que, si el Congreso no lo acompaña, tratará de meter las reformas por decreto.
Lo que oculta es que después del paro nacional activo del 24 de enero, y las múltiples luchas obreras, campesinas y populares que recorrieron el verano argentino, fracasó con su proyecto de Ley Ómnibus y no ha podido hasta ahora obtener triunfos en el Congreso.
La inflación hace estragos en los sectores populares. Crece el hambre en las barriadas y en el campo. Según la CAME (Confederación Argentina de la Mediana Empresa) en febrero las ventas minoristas cayeron un 25,5% en relación a febrero del 2023. En alimentos esa caída fue del 33,3%.
La política recesiva del gobierno provoca miles de despidos, en el Estado y en muchas ramas del sector privado, como denunciaron los trabajadores de la construcción movilizando a la Secretaría de Trabajo.
La recesión alcanza a miles de pequeñas y medianas empresas, y a grandes monopolios como Acindar, que suspende sus cuatro plantas por un mes, y a Topper, que despide contratados en Tucumán.
El mismo día que Milei hablaba en el Congreso, volvían a subir los precios de los combustibles, las tarifas eléctricas y de agua en el AMBA, el gas, las prepagas sanitarias.
Frente a la terrible inundación que sufrió el pueblo en la provincia de Corrientes, con cientos y cientos de evacuados, el gobierno de Milei no dijo ni una sola palabra.
El 22 y el 23 de febrero, centenares de cortes de ruta, actos, ollas populares y marchas reclamaron por la asistencia alimentaria a los comedores ante la gravísima situación social alimentaria que provoca la política de ajuste y entrega.
El 28/2 se realizó un acto en Córdoba recordando a René Salamanca, dirigente del Smata Córdoba y miembro del Comité Central del PCR, secuestrado por la dictadura genocida.
En CABA se movilizaron por los salarios adeudados cooperativistas de AySA, y también trabajadores y cooperativas que trabajaban en arreglos y construcción en los barrios populares.
Los gremios aeronáuticos realizaron un masivo paro nacional. Denuncian que Caputo rompió el acuerdo salarial que ya se había firmado.
En Rosario se realizó una histórica muestra soberana de juramento a la bandera. Una amplísima convocatoria tuvo un impactante despliegue, al cumplirse 212 años de la creación de nuestra bandera por Manuel Belgrano.
El 4 de marzo, docentes de gremios vinculados a la CGT pararon y realizaron movilizaciones por sus salarios y los fondos para poner en marcha el sistema educacional.
La Federación Nacional Campesina, junto a organizaciones de pequeños productores, cooperativas de las economías regionales, realizaron una jornada nacional de lucha, con verdurazos y actos en todo el país. La política de Milei, con la inflación y la devaluación llevan a la ruina y desesperación a miles y miles de pequeños productores.
El movimiento de mujeres avanza con sus asambleas en todo el país, preparando una masiva jornada el 8/3, denunciando el hambre, la violencia, los femicidios y el DNU de Milei.
También se preparan para enfrentar esta política las naciones y pueblos originarios, que históricamente han sufrido genocidios de la oligarquía latifundista para adueñarse de sus tierras.
En la CTA autónoma, con la participación de compañeros de la René Salamanca CCC de estatales y la Conadu H, se resolvió ampliar la unidad con las organizaciones sociales y sindicales para concretar un nuevo paro nacional, para pelear por la derogación del DNU y contra la política de ajuste y entrega de Milei.
Milei choca también con la disputa imperialista que sacude a la Argentina. Se arrodilla ante “Occidente”: Estados Unidos, Gran Bretaña y también Israel. Se abraza con Trump apostando que gane las elecciones de Estados Unidos en noviembre 2024, y apoya al “bolsonarismo” contra Lula en Brasil. Necesita cumplir a fondo con el FMI y pretende avanzar en su política de entregar a Gran Bretaña la soberanía de Malvinas y demás islas y aguas del Atlántico Sur y la Antártida.
Por eso, por primera vez en una apertura de sesiones en el Congreso desde 1983, no dijo una palabra sobre nuestras Islas Malvinas en su discurso.
Ya se había declarado admirador de Margaret Thatcher, la primera ministra británica que lideró la guerra colonial contra la Argentina.
Diana Mondino, ministra de Relaciones Exteriores, dijo: “Los isleños de Malvinas deben decidir su propio destino”. Una falsedad británica. Son británicos en una ocupación colonial. Lo dicen las Naciones Unidas.
Milei se reunió con el canciller británico Cameron. Nuestros derechos soberanos en Malvinas y más de 4 millones de km de mar quedaron en segundo plano. Días después, Cameron realizó un provocativo viaje a Malvinas. La “respuesta” de Mondino fue invitarlo a reunirse.
Ahora Inglaterra amplió una zona de exclusión alrededor de las Islas San Pedro, de 283 mil a unos 449 mil kilómetros cuadrados de territorio argentino. Aún no ha habido respuesta oficial.
Negocian la llegada de un portaaviones yanqui y la construcción de una base y un puerto.
Las concesiones petroleras favorecen a empresas británicas, en Tierra del Fuego y Buenos Aires. No se cumplen las leyes 26.659 y la 26.386, que prohíben las explotaciones petroleras y pesqueras en el territorio nacional a quienes tienen directa o indirecta relación con Malvinas. La Ley Gaucho Rivero prohíbe el uso de puertos nacionales por barcos británicos.
La sumisión a los ingleses de Milei en la cuestión Malvinas es peor que la de Menem-Di Tella con sus “relaciones carnales”, y de la de Macri-Malcorra con su acuerdo Foradori-Duncan.
Se apoya en la gestión de la vicepresidenta Victoria Villarruel, hija del oficial VGM Eduardo Villarruel, quien usa la cuestión Malvinas para reivindicar la dictadura y respaldar la desmalvinización de Milei.
Esta política vendepatria es muy peligrosa. Argentina es un país en disputa en un mundo en el que crecen los factores de una guerra mundial. Un mundo en el que el presidente ruso Putin alertó sobre las “trágicas consecuencias” si algún país enviaba aliados a Ucrania. “Nosotros también tenemos armas capaces de alcanzar objetivos en su territorio”.
Un mundo en el que Israel sigue con su brutal genocidio del pueblo palestino. En ese mundo, se pelean por la Argentina muchas potencias imperialistas, como Estados Unidos, China, Rusia, Japón y países europeos.
Milei es un mentiroso serial. Inventa futuros de una “Argentina potencia” mientras no entrega alimentos a los comedores, despide a decenas de miles de trabajadores, se adueña de los fondos del Estado destinados a las provincias. Y se arrodilla ante el FMI, EEUU, Inglaterra y otros.
Ahora trata de ganar tiempo con el “pacto de Mayo” que rápidamente fue apoyado por Macri y sus secuaces.
En su discurso amenazó que, si aceptan bien, y si no vamos al conflicto.
Es una necesidad para el pueblo y la nación argentina torcerle el brazo a esta política nefasta.
Desde el PCR y su JCR, desde el inicio del gobierno de Milei, venimos trabajando por la más amplia unidad de los sectores obreros y populares, escuchando y discutiendo con muchos votantes de Milei que van calando su política.
Milei y sus aliados apuestan a profundizar la división política, económica, cultural y social que hay en nuestra patria. Necesita dividir y destruir a las fuerzas populares. Por eso desde el Congreso, convocó a los oportunistas que se sumen a su fuerza. Y anunció que va a trabajar para destruir a las organizaciones sociales, sindicales y populares.
Nosotros nos mantenemos al frente de las luchas por las emergencias populares y contra la entrega y la represión. Desde ahí trabajamos para ampliar la unidad. Darle tiempo es permitir que Milei avance con sus medidas, lo que sólo empeoraría la situación de las grandes masas.
Pero día a día avanza una situación en la que se puede generar una situación revolucionaria objetiva, como afirmó el CC de nuestro PCR a comienzos de enero, recordando la experiencia de la rebelión popular de 2001: el Argentinazo .
Como se vio en el paro nacional del 24 de enero, y en las luchas de camioneros, petroleros, estatales, docentes y muchos gremios más, la clase obrera se puso a la cabeza de la confrontación con Milei y sus socios.
Además, crecen las organizaciones sociales ante el hambre y la desocupación. Se movilizan jubilados y pensionados. Crece la organización y la lucha del campesinado. Y emergen movimientos en todos los terrenos, como se ha visto en las mujeres, los jóvenes, la cultura, cooperativas, de Pymes, y muchas más.
Es necesario un nuevo paro nacional activo. En todo el país crecen multisectoriales que unen a las fuerzas obreras y populares, con una amplitud extraordinaria. Peleamos para que sean centros coordinadores de la lucha obrera y popular. Ese es el camino para torcerle el brazo a la política de Milei y abrir paso a la conquista de otra política y otro gobierno, a favor del pueblo .
En la lucha, nos unimos con amplias masas peronistas, también católicas, a las que el Papa Francisco envió su clara orientación de defensa de los más pobres, frente al intento oportunista de Milei con su visita. También la unidad con otras fuerzas populares y nacionales.
En esta situación, trabajamos para avanzar en la acumulación de fuerzas revolucionarias, incorporando a miles al PCR y la JCR, ofreciéndoles un puesto de lucha. Es nuestro deber prepararnos y preparar a las masas para que esos cambios sean a favor de la clase obrera y el pueblo y abran un camino revolucionario.
En medio de las luchas cotidianas, avanzamos con los homenajes a nuestro querido Otto Vargas, primer secretario general de nuestro Partido, a cinco años de su fallecimiento. El 15 de marzo la JCR organiza un homenaje a Otto en CABA, en el que hablará el secretario general del PCR, Jacinto Roldán.
Estas actividades son parte central de reafirmar nuestros objetivos revolucionarios, los mismos por los que fundamos nuestro Partido hace 56 años.
Escriben Ricardo Fierro y Germán Vidal
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Mentiras, hambre, represión y desmalvinización
El “Pacto de Mayo ” de Milei
De la oligarquía terrateniente, los monopolios, bancos, etc.
Excepto para la especulación financiera, los bonistas y las deudas con el FMI.
A costa de reducir salarios, jubilaciones y planes, de una brutal recesión, y de eliminar la provisión de alimentos a comedores, y la inversión en educación, salud, ciencia, cultura, tecnología, etc.
Sacarle impuestos a los más ricos, permitir el blanqueo de cuentas en el extranjero.
Voy a dejar de extorsionarlos si me aprueban la “Ley Ómnibus” y demás leyes que presente.
Avanzar en la entrega a los monopolios imperialistas “occidentales” del litio, petróleo, gas, minerales, energía, el mar argentino, los ríos, etc.
Derogar las leyes de Contrato de Trabajo y los convenios colectivos, eliminar vacaciones, aguinaldo, indemnizaciones y toda traba a la libre contratación y la flexibilización laboral.
Eliminar el sistema de reparto y las jubilaciones del Estado, rematar el Fondo de Garantía de la Anses. Eliminar las jubilaciones con moratoria.
Volver a las AFJP de jubilación privada.
Copiar el modelo yanqui, favoreciendo la financiación privada de los partidos políticos con los aportes de los monopolios, los terratenientes y los narcos.
Libre importación de mercaderías sin barreras proteccionistas para la producción nacional. Volver a la Argentina de principios del siglo 20, con más atraso y dependencia.
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Publicamos esta traducción no oficial hecha por el Heraldo Rojo del artículo publicado por A Nova Democracia (AND).
La crisis de la democracia burguesa mencionada por The Economist es uno de los resultados directos de la crisis de sobreproducción relativa del imperialismo. El fascismo y la tendencia a la reaccionarización –expuesta por boca de un órgano del monopolio imperialista de las comunicaciones– no podrán impedir la principal tendencia de las revoluciones en todo el mundo.
Una encuesta reciente de Economist Intelligence , el sector de investigación de datos de la revista The Economist , mostró que menos del 8% de toda la población mundial vive en lo que clasifican como “democracia plena”. Esta forma de gobierno sólo existe, según la investigación, en 24 países. Por otro lado, el 39,9% vive bajo un “régimen autoritario”, vigente en 59 países. No hay duda sobre los criterios imperialistas para clasificar lo que es “democrático” y lo que no lo es. Sin embargo, lo que emerge de la investigación es la expresión de una época en la que no es posible ocultar el desarrollo de la crisis política en el tiempo que vivimos –cuya base es la descomposición del sistema imperialista mundial.
Los datos son los siguientes: el 37,6% de la población mundial vive bajo un régimen de “democracia fallida”, existente en 50 países (29,9% de los países existentes). Otro 15,2% de la población, habitantes de 34 países (20,4%), vive bajo el llamado “régimen híbrido”. Los resultados actuales mencionados en la encuesta son el resultado de un aumento de la “crisis democrática”: en la última edición, el 39,6% de la población mundial vivía en un “régimen autoritario”, un 0,3% menos que la cifra actual.
Los síntomas de una crisis política no pueden tomarse de forma aislada. La política es la expresión concentrada de la economía. Y la crisis de la democracia burguesa mencionada por The Economist es uno de los resultados directos de la crisis de sobreproducción relativa del imperialismo. Las expresiones más recientes de esta crisis económica son la crisis inmobiliaria en China, que afecta principalmente a gigantes como Evergrande , y las quiebras bancarias en Estados Unidos, que dañaron nombres como Silicon Valley Bank , Silvergate y Signature Bank .
Además, previo a la encuesta de Economist Intelligence , un informe de Oxfam encontró que la concentración del ingreso en el mundo ha aumentado. En Estados Unidos, en toda Europa, Asia, África y América Latina, las tasas de inflación aplastaron los logros de las masas populares en una hecatombe económica. Desde 2020 hasta ahora, 791 millones de trabajadores han tenido que vivir con un salario inferior a la inflación.
De ahí las consecuencias políticas percibidas año tras año. Sabiendo que la crisis no resuelta de su régimen tiende a despertar crecientes y cada vez más poderosos levantamientos entre las masas populares –como viene ocurriendo incesantemente en los últimos años–, las clases dominantes recurren a la represión como única alternativa. Sólo en los últimos dos años países como Francia o Reino Unido han utilizado o adelantado medidas y proyectos de ley para restringir derechos tan básicos como las huelgas y las manifestaciones populares callejeras. En toda Europa, la militarización avanza a un ritmo rápido: además del aumento del presupuesto militar, organizaciones como la OTAN dieron la bienvenida a Finlandia como nuevo miembro en 2023.
Estos son rastros de un organismo enfermo con una condición terminal. Es un hecho que el mundo vive en un Nuevo Período de Revoluciones. Las luchas populares abiertas, como en Palestina o en países de América Latina, el Sudeste Asiático o incluso Europa, son indicios de ello, seguidas al lado de la creciente explosividad de las masas expresada en las manifestaciones y levantamientos populares que no dejan de estremecerse, desde Estados Unidos, Europa y luego China, el mundo entero. Lo más destacado del momento actual es precisamente la trascendental e histórica Operación Inundación de Al-Aqsa –la ofensiva táctica de la Resistencia Nacional Palestina– que demuestra muy claramente que es posible que las fuerzas populares derroten al sistema imperialista mundial. El imperialismo ya ha dado la alarma sobre las posibilidades de victorias de las organizaciones populares. El fascismo y la tendencia a la reaccionarización – revelada por boca de un órgano del monopolio imperialista de comunicaciones – no podrán detener esta tendencia principal.
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La estamos pasando muy mal. Las políticas de este gobierno nos llevan al exterminio. Hoy estamos achicando mucho lo que es la producción por el costo de los insumos, de los alquileres, de la electricidad.
Nuestros insumos, por ejemplo, un kilo de semillas de remolacha importadas pasó de $25.000 a $80.000. La próxima temporada será sin tomate, sin morrón, todo lo que es la cosecha gruesa, que está terminando, mil semillas de tomate salieron $100.000.
Para una familia, solo producción familiar, entre una hectárea y una hectárea y media se puede vender una parte, como en gran parte del país y dentro del cordón hortícola con la agricultura familiar.
El arrendamiento por hectárea de pagar $40.000 a $60.000 pasamos a pagar $120.000-$150.000 la hectárea mensual. En muchos casos los contratos son con las Inmobiliarias y en otros directamente con el dueño. Y nos van arrinconando, por ejemplo, se está armando todo lo que era la zona ganadera por la ruta 36, Poblet, Oliden, que son campos de 50, 100 hectáreas que se están alquilando en pequeñas parcelas, los productores arman sociedad para poder alquilar, son zonas ganaderas que ya no pueden seguir y ponen en alquiler la tierra. Y como en el cordón no tenemos una delimitación que nos proteja viene avanzando fuertemente la urbanización sobre el cordón hortícola, eso nos va empujando a lugares alejados.
Yo venía trabajando con mis hijos una hectárea y media, hoy estoy trabajando un cuarto de hectárea. En mi caso soy medianera y hoy trabajo menos porque no puedo comprar los insumos, es muy cara la semilla. Incluso hablaba con mi hijo si esta nos va mal va a ser la última plantación porque no puedo pagar el plantín. El año pasado compré un plantín de repollo en $3.200, hoy está en $7.000.
Yo produzco todo lo que es producción de hojas, desde acelga, remolacha, perejil, no hago más producción de tomates porque es carísima. Últimamente estamos viendo de producir lo más económico.
Nosotros en el momento de plantar o de sembrar no podemos hacer número para decir de esta plantación voy a sacar tanto, recupero y tanto me queda de excedente, lamentablemente no. Cuando cosechamos, si cosechamos porque depende de cómo funciona el mercado, sino tenemos que terminar tirando. Pero vemos que al consumidor en la verdulería le cuesta.
Nosotros abastecemos los mercados del Gran Buenos Aires, inclusive vienen para llevar para el norte. Acá son muy pocos los que producen y van al mercado, la mayor parte vendemos por intermediación. Muchas veces es una discusión con respecto a los precios porque peleamos precios justos para nosotros y el intermediario nos discute el combustible, el peaje, el puesto en el mercado. Es toda una cadena donde la ganancia no queda en nosotros. Por ejemplo, hace un mes yo estaba sacando lechuga crespa, $800 el cajón, fui a la verdulería a comprar un poco de fruta, pregunté cuánto estaba el kilo de lechuga y me dijeron $2.000 la crespa, la criolla. O sea, que con un kilo lechuga me pagan casi tres cajones a mí.
El Estado debería instrumentar la compra directa para este sector
Con cada uno de los gobiernos siempre planteamos y peleamos ser proveedores de hospitales, municipios, y lamentablemente no se concreta. Con la cantidad de producción que tenemos en el cordón podemos abastecer esos lugares. Es una decisión que tiene que tomar el Estado de compra directa a los productores. Saben que es una verdura fresca, porque no es lo mismo que vaya al mercado y de allí se haga el traslado. Si no cosechamos y vendemos la verdura de hoja verde la tenemos que tirar, con la verdura no podemos especular como hacen otros sectores de la producción.
El pago del alquiler de la tierra
Para pagar el arrendamiento la situación es muy complicada. Si somos cuatro de la familia trabajando, dos tienen que salir a hacer changas para traer plata de afuera para pagar el alquiler. A corto plazo no se puede seguir más, eso lo venimos viendo…
El proyecto de darles tierras fiscales a los quinteros quedó en la nada, es una lucha que venimos planteando.
Los productores que alquilan tierras más cerca de la ruta están alrededor de $300.000 la hectárea. Los que están más adentro pueden estar entre 70, $80.000, hay que garantizar que los caminos estén en condiciones para que los camiones entren, y es trabajo de los productores el que haya caminos en condiciones. Por ejemplo, en el cordón de La Plata en los 8 años de gestión del intendente Julio Garro nunca tuvimos un camino hecho por el municipio, siempre los productores metiendo la mano al bolsillo para comprar escombros y mejorarlos, y cuando los caminos mejoran el precio del alquiler va ya subiendo.
Para cubrir los costos nuestra producción tiene que salir a gran volumen y rápido, yo por ejemplo produzco todo a campo, es una producción más lenta que en invernadero.
La pelea por el acceso a la tierra para mejorar las condiciones
Yo produzco ahora verduras de hoja, rúcula no puedo producir porque a campo no viene, en invernadero sí, lo mismo con la espinaca. En el cordón se trabaja de manera convencional, que si no se le echa químicos no vienen esas hojas lindas, brillantes como el tomate, que es lo que el consumidor quiere. Es sacar la producción y volver nuevamente a preparar la tierra y volver a sembrar. No son las condiciones en las que nosotros queremos producir la tierra, nos entristece porque sabemos que le estamos haciendo daño a la tierra. Por eso peleamos el acceso a la tierra para mejorar esas condiciones. Trabajando una hectárea sin parar como lo estamos haciendo tratamos de resolver pero sin que la tierra descanse, sin darle el respiro que necesita. Se termina usando abono o “curando” con bromuro, que no es lo mejor. Trabajar una producción ecológica, sana, como lo vienen haciendo algunas familias, pero también dicen que no saben si van a seguir. Con tres, cuatro hectáreas, con cultivo rotativo porque la tierra tiene que descansar, tiene que recuperarse, una familia de cuatro tranquilamente las pueden trabajar.
Por eso peleamos el acceso a la tierra. Tenemos tiempo de recuperar la producción del cordón hortícola y mejorarla, no solo en la producción sino en las condiciones de vida porque queremos producir sano, queremos producir en mejores condiciones pero con esta política es imposible.
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Compartimos este articulo encontrado en el Heraldo Rojo
Este 24 de febrero, la guerra total de agresión contra Ucrania por parte del imperialismo ruso marca su segundo aniversario. Esta injusta guerra ha generado cientos de miles de muertos y heridos y millones de desplazados, causando miseria y dolor en todo el pueblo ucraniano.
A través de la heroica defensa de su patria por parte del pueblo de Ucrania, a pesar de régimen nacional traidor encabezado por el lacayo de los yanquis, Zelensky, el agresor ruso hasta ahora no ha sido capaz de completar sus máximos objetivos de guerra.
Es justo y correcto reafirmar lo que la Liga Comunista Internacional afirmó hace un año: “La principal contradicción es aquella entre Ucrania, un país oprimido por el imperialismo, y Rusia, un país imperialista. Independientemente del carácter de clase del régimen ucraniano y su servicio a los intereses de otras potencias imperialistas, principalmente la superpotencia yankee, cualquier confusión en este punto lleva a negar a Ucrania su derecho a la independencia y soberanía nacional, es por lo tanto, al menos indirectamente, apoyar los intereses del imperialismo ruso.” así como “El plan a largo plazo de los yankees es cercar y al final derrotar a su único equivalente nuclear y las contra-medidas rusas de retomar posiciones perdidas, es el factor clave que ha llevado a la guerra.”
Es particularmente notorio que también se haya probado como correcto lo que se escribió entonces: “El régimen de Zelensky se pone en aguda contradicción con los intereses de la enorme mayoría del pueblo ucraniano, trafica con sus justos sentimientos patrióticos, aplica el centralismo absoluto y no hay ninguna suerte de derechos democráticos para el Pueblo. El derecho de opinión, asamblea y organización está suprimido por una represión draconiana y chovinista y el régimen depende de formaciones militares abiertamente fascistas para aplastar cualquier expresión de descontento popular. Este sabotea la resistencia armada del Pueblo al depender de las armas, afanosamente ofrecidas por la OTAN dirigida por los yankees, temiendo al pueblo armado que son los únicos que realmente defienden a la Nación.”
Este es un hecho importante. Porque hoy es claro y obvio que el punto principal por el que el régimen de Zelensky no es capaz de derrotar la agresión imperialista rusa – a pesar de los heroicos sacrificios del pueblo ucraniano – es porque los traidores vende-patrias se apoyan en el imperialismo, principalmente yanqui, y no en el pueblo.
Esto se expresa, entre otras muchas y diferentes cosas, en el caso de la caída de Avdiivka, un pequeño pueblo en la región de Donetsk. Una amarga tragedia tal y como las guerras las escriben. Como reporta la prensa , los soldados estacionados ahí llevaron a cabo intentos desesperados para escapar de las ruinas del pueblo. Uno de ellos escribió: “ Se trataba únicamente de sobrevivir. La carretera a Avdiivka estaba llena de cuerpos ucranianos.” Un comandante informó en la radio que los heridos no serían evacuados. Los hombres fueron dejados atrás para ser ejecutados por los invasores rusos. De esta forma, las fuerzas armadas ucranianas hicieron la decisión de abandonar el pueblo, llevando a Rusia su victoria más significativa desde que capturó la ciudad de Bakhmut el año pasado. “ Ser capaces de salvar al pueblo es nuestra tarea más importante,” dijo Zelensky de la forma más cínicamente posible en la Conferencia de Seguridad de Múnich. El New York Times analizó: “La captura de Rusia de Avdii v ka es un golpe estratégico y simbólico al ejército de Ucrania. Avdiivka era un bastión de las defensas ucranianas en la región de Donetsk, que protegía varios posiciones militares clave ucranianas en el oeste y poniendo a la ciudad cercana de Donetsk, controlada por Rusia, bajo constante amenaza. ”
Podemos ver que la tendencia actual es que el imperialismo ruso está en su camino de cumplir lentamente sus objetivos mínimos bélicos. Los mapas publicados por la BBC lo muestran claramente:
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También internamente, el imperialismo ruso está haciendo avances. El nuevo líder de los mercenarios de Wagner, Anton Yelizarov, declaró posteriormente sobre la restructuración de la organización: “Estamos construyendo un campo para que las nuevas unidades sean formadas – que estarán dentro de los cuerpos voluntarios de la Guardia Nacional Rusa (Rosgvardiya) – puedan llegar y asentarse.” Este llamado “Campamento Cosaco” estará “casi seguro” establecido en la ciudad Rusa de Rostov, en el sur, como informa The Guardian . Este desarrollo finalmente entierra todas las especulaciones y sueños de occidente de un golpe militar contra Putin. También, la muerte de Navalny sirve en este sentido, como lo hacen las ordenes judiciales para que Boris Nadezhdin no pueda participar en las próximas elecciones, establecidas para del 15 al 17 de marzo o la liquidación del piloto desertor en España.
El imperialismo ruso no sólo está ganando terreno militarmente. Económicamente, como reporta la CNN , Rusia entra en su tercer año de guerra en Ucrania con una cantidad de dinero sin precedentes en los cofres del gobierno, hinchados con un récord de 37 mil millones de dólares de las ventas de petroleo crudo a India en 2024. Por tanto, India ha incremento sus compras de petróleo crudo 13 veces más en comparación a sus compras antes de la guerra, un trato no sujeto a sanciones y es completamente legal. Las reservas federales de Rusia aumentaron hasta el récord de 320 mil millones de dólares y se espera que sigan subiendo. Apenas un tercio del dinero se destina a la guerra en Ucrania.
También en las políticas internacionales, el imperialismo ruso todavía es una fuerza que tomar en cuenta, como se muestra en la última propuesta para una reunión de todas las facciones palestinas en Moscú para poder crear unidad nacional de alguna forma, especialmente entre las dos grandes facciones, Fatah y Hamas, como reportó la CNN el 18 de febrero.
Bajo estas impresiones, es necesario reafirmar las tareas venideras, establecidas por la LCI en febrero del año pasado: “Debemos también hacer todo para promover la amistad de los pueblos ucraniano y ruso. Dos pueblos que estuvieron una vez unidos como uno en la gran Unión Soviética bajo la bandera roja con la hoz y el martillo de Lenin y Stalin están ahora siendo dirigidos el uno contra el otro en el campo de batalla debido a intrigas de los imperialistas. Los comunistas en formación, los revolucionarios y todos los anti-imperialistas consecuentes tienen la particular responsabilidad de aumentar
la propaganda contra la guerra imperialista en Rusia, elevar sus luchas a nuevas alturas contra el estado imperialista y su guerra de agresión por todos medios que de los que dispogan. También luchar contra el guerrerismo imperialista y los envíos de armas en los respectivos países imperialistas. ”
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Un gran saludo a todas y todos los compañeros que han hecho el paro del 24 de enero, la jornada del 23 de febrero donde hubo 500 pueblos y ciudades del país con ollas vacías. Llevadas a cabo y realizadas en medio del sufrimiento que está padeciendo nuestro pueblo.
Esto es lo que da optimismo.
En realidad 11.500.000 votamos para que no se produjera esta catástrofe. Y no es poco. Porque en la Argentina -como vos reseñabas- aún en la época de Perón hubo una derecha de un 30%, un 40% bien gorila y otra porción oscilante. Milei lo que sumó es que en el seno del pueblo, de lo que sería el campo popular, mordió un 20%, 30% que lo sumó a esa derecha. Este es el fenómeno nuevo, el fenómeno que generó Milei, y con ese capital disputa la hegemonía dentro de las clases dominantes. Dentro del campo popular Milei no es mayoría, la mayoría en el seno del pueblo, aun en la elección, fuimos el 45% que votamos para que esto no se produzca. Y eso en medio del mal gobierno de Alberto Fernández y la desconfianza que generaba Massa, no es poco.
Ahora ese 30% que él tuvo y que ganó en un sector de la juventud, en un sector de los obreros industriales y en una transversalidad de todo el país, es el que está decreciendo hoy. Del 56% que sumó con el apoyo del macrismo y el gorilismo coaligado, todas las estadísticas dan hoy 50. O sea, el gobierno perdió ya unos 6 puntos. Esos 6 puntos los ha perdido dentro de su propio 30%, de su base, porque ahí es donde el paro general del 24 de enero incidió y golpeó, no afectó al votante de esa derecha que lideraba Macri. Milei ahora está perdiendo su base popular y está ganándole su base tradicional de derecha a Macri.
El DNU y la ley Ómnibus son un proyecto que intenta planchar a los treinta millones de argentinos que para ese proyecto de país de Milei tienen que quedar en una situación de servidumbre, la ley Ómnibus se le complicó, el DNU hay que voltearlo.
En estos 80 días ha habido una transferencia desde nuestros bolsillos hacia los grandes grupos que es fabulosa. Esto es lo que Milei dice en su mensaje, “esto lo puedo seguir haciendo desde el Ejecutivo, más allá de lo que vote el Parlamento”.
De Renzis: Lo que contaba hoy la productora del campo Albina Vides en este programa, por un lado el costo de la semilla, por otro lado lo que le pagan a ellos los que después marcan cuatro y cinco veces… Y el arrendamiento mensual de una hectárea a latifundistas que tienen cientos de hectáreas de alquiler que no hacen nada y que se llevan un montón de plata.
Arnoldo Gómez: Así es toda nuestra producción agraria. Albina Vides pintó el cinturón verde, lo mismo pasa con la soja, esa renta parasitaria que no vuelve a la producción.
De Renzis: Claro, esto lo podría arreglar el Estado, pero no pone voluntad, porque el Estado tiene tierras fiscales, por un lado, que se les podría dar para que trabajen, creo que Alderete cuando era diputado había presentado un proyecto, y por el otro lado, el centro del consumo, que lo primero que deberían hacer, tanto las provincias como la Nación y como el Estado en sí, es comprarle ellos al productor para evitar tres, cuatro y cinco veces el precio que aumenta.
Arnoldo Gómez: Señalaba la productora qué calidad de producción podríamos tener si se le entrega tierra a todas esas familias que quieren producir en buenas condiciones ecológicas. En cambio, tienen que estar pagando las semillas importadas y al dueño de la tierra, ahí tenes dos sangrías de nuestra economía
De Renzis: …acá estamos hablando que de una hectárea tienen que vivir cuatro personas de la familia, y tienen que pagar la renta, entonces, todo eso se hace muy difícil, porque además seguimos pagando las semillas que ellos te mandan, cuando la verdad es que nosotros podríamos tener un reciclado de semillas propias.
Arnoldo Gómez: Todo esto es lo que se quiere que quede sancionado por décadas y por ley. Eso es el megaproyecto y el DNU. Que por décadas miles de productoras como Albina agachen el lomo y produzcan sin reclamar.
En este momento estamos.
El paro golpeó muy duro sobre todo a la base de influencia de Milei, Macri pensó que era el momento para, liderando su sector de derecha, coparle el gobierno a Milei. En medio de esta disputa estuvo a su vez el tironeo de gobernadores y lobis que retacearon la aprobación cuerpo a tierra de la megaley. El paro golpeó el proyecto de la derecha e impactó sobre todo en Milei, quien sin ceder el control del gabinete al intento de Macri, busca hacer un nuevo acuerdo, ofreciendo la participación parlamentaria a los gobernadores y el macrismo, para sostener la esencia antipopular y antinacional de la megaley y del DNU.
No hay que darle tiempo, hay que ir al paro contra el DNU e impedir que esto se estabilice, porque ellos buscan estabilizarlo por décadas.
Estamos en uno de esos momentos de la política que en la turbulencia por imponer la reacción es necesario que el pueblo avance. Y tengamos en cuenta que esa mayoría, ese 45% que votó para que esto no suceda, lo hizo con un alto grado de conciencia, es una mayoría en el pueblo que sabe a dónde nos lleva esta situación. Y el 30% que ilusionó Milei con el cambio se está achicando.
Es necesario discutir que hay otra salida. Por ejemplo, se dice “no hay plata” y en 82 días el Banco Central juntó ocho mil millones de dólares. ¿De dónde salieron? Salieron de la producción de Albina Vides en el cinturón verde, de la producción industrial… O sea, la Argentina tiene una gran capacidad de producción de riqueza y eso es plata.
Para comprar esos ocho mil millones de dólares el Banco Central emitió como no se emitió en todo el último año. Son los billetes nuevos que vemos circular. Ahora, para sacar esos billetes de la circulación, ya no es que los absorbe el Banco Central con las Leliq, transformaron las Leliqs en bonos del Tesoro. Por lo tanto, para pagar los intereses de esos bonos es que han chupado toda la plata del consumo popular y de las provincias, con lo cual mantienen el déficit cero y seca la base monetaria. Por eso no circulan pesos y se acumulan dólares para pagar al FMI y los bonistas, con los bancos haciendo la ganancia de la intermediación… Hay plata si esos dólares no van más al FMI y si los pesos dejan de ir a pagar intereses a los bancos y van a la producción y al consumo.
De Renzis: El DNU sí o sí lo tienen que voltear, porque está vigente.
Arnoldo Gómez: Eso es lo que está en juego ahora, cómo logramos la unidad de las distintas centrales sindicales, asambleas populares, multisectoriales, para empujar el paro y voltearlo.
Toda la maniobra del pacto del 25 de Mayo es que Milei busca sostener el DNU que estaba en peligro.
De Renzis : La CGT está pidiendo a los gobernadores que no vayan a la convocatoria del 25 de mayo, pero lo primero que deberían pedir es a los diputados que lo volteen de una vez.
Arnoldo Gómez: Va en consonancia. Saludamos todas estas luchas. El pueblo argentino tiene destino de grandeza.
We publish this translation to Russian of the statement by the ICL on Lenin.
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